Gli oceani perdono ossigeno
Gli oceani perdono ossigeno
Gli oceani (ed ovviamente tutti i mari) presentano oramai evidenti sintomi di incompatibilità al modello industriale umano. Siamo di fronte a mari sempre più caldi e sempre più deossigenati. Una riduzioni di ossigeno maggiore soprattutto all’equatore ed ai poli. Questo inquietante verdetto arriva da una nuova ricerca condotta dagli oceanografi del centro tedesco GEOMAR. Con modelli di rilevazione e di simulazione a confronto il responso è lo stesso: l’ossigeno (O2) negli oceani sta diminuendo e le simulazione per il futuro sono ancora più inquietanti.
Lo studio è stato pubblicato a distanza di pochi giorni da questo articolo sulla rivista scientifica Nature Geoscience, una rivista scientifica con revisione tra pari pubblicata dal Nature Publishing Group.
Nel dettaglio si evince che, negli ultimi 50 anni, gli oceani di tutto il pianeta hanno diminuito del 2 % la loro quantità di O2 disciolto.
Il motivo è legato prevalentemente all’aumento di temperatura e lo studio mostra altresì come il cambiamento climatico (climate change) è causato dall’uomo con il suo modello di sviluppo irresponsabile.
I meccanismi di distribuzione dell’ossigeno negli oceani è legato allo scambio di gas aria-mare e dalle piante marine foto sintetiche; per questo motivo la sua concentrazione e distribuzione nei mari è regolata da delicati equilibri, legati alla circolazione, miscelazione e consumo da parte della vita marina attraverso la respirazione. Questo processo però diventa sempre più difficoltoso man mano che le temperature dell’acqua aumentano con una diminuzione dell’assorbimento dell’ossigeno dall’aria. A questo si aggiunga poi l’alterazione delle correnti che portano in profondità gli strati marini superficiali più ossigenati. Il processo diventa infine devastante quando l’ossigenazione scende sotto certi livelli; in questo caso l’ambiente diventa incompatibile con la vita marina e, ancora peggio, può rilasciare nell’atmosfera ossido di azoto che è un potente gas a effetto serra.
Il fenomeno di aree con quantità minime di ossigeno è normale ma oggi queste aree si stanno espandendo, soprattutto all’equatore e ai poli.
Se, nel giro di pochi anni non si invertono i modelli di sviluppo industriale, di agricoltura intensiva, e di modelli di vita non sostenibili, le conseguenze saranno “drammatiche”, sia a livello biologico, ecologico, economico, climatico che, infine sociale, con aumento delle povertà, delle migrazioni e degli squilibri politici.
A questo punto la Scienza deve divenire coscienza e trascinare la Politica e la Società verso comportamenti responsabili ma soprattutto ad azioni di Governo decise e senza precedenti. Il conto alla rovescia per dare senso al termine “Civiltà” sta giungendo al termine.
Guido Bissanti