Allelopatia – Questa sconosciuta
Allelopatia – Questa sconosciuta
Da quando la parola d’ordine della moderna agricoltura è stata l’aumento delle rese e la massimizzazione dei profitti, inculcata più che dalle leggi dell’agronomia da quelle di alcuni economisti superficiali e sprovveduti le scienze applicate al mondo dell’agricoltura hanno subito un pericoloso regresso culturale.
Diecimila anni di storia, tradizioni, osservazioni, riflessioni e Scienza con la S maiuscola sono stati cancellati improvvisamente e ad andar a leggere molti testi di economia agraria c’è da comprendere il perché del moderno fallimento non solo di questo settore primario dell’economia ma di un’intera civiltà ad esso collegata.
All’inserimento sempre più massiccio di parametri ed indici economici, collegati ai bilanci delle aziende agricole, è conseguito una diminuzione sempre più preoccupante di quelle valutazioni ecologiche, antropologiche, energetiche e sociologiche che hanno impoverito tutto: Uomo e Pianeta.
Così l’agricoltura progenitrice e procreatrice di energie (non solo alimentari) di cultura, arte, spiritualità è stata consegnata all’ignoranza che, adesso, ha la presunzione di saperne di più di quella tradizione che era l’enciclopedia non scritta di un infinito accumulo di saperi, esperienze ed osservazioni.
Valori come Indici di fertilità, Indicatori di sostenibilità ambientale ed Ecologica sono caduti in “disgrazia” e le nostre aziende agricole si sono trasformate gradualmente da cellule di perfetta convivenza tra l’ecosistema e l’Uomo a buchi neri in cui l’energia invece di essere prodotta viene assorbita sempre più.
Per questo motivo molti accorgimenti per creare un’agricoltura salubre, sia dal punto di vista economico che ecologico sono andati in disuso con conseguenze di breve periodo a dir poco catastrofiche (diminuzione della biodiversità agricola e generale, perdita di suolo, erosione ecologica ed antropica, ecc. ecc. ecc.). Così, per es. utilizzare piante di uno stesso biotopo o di stesse condizione chimico fisiche e magari far abitare l’ambiente da fauna proveniente dallo stesso biotopo diventa quasi una rarità.
Tra tutte le cose che sono cadute nel dimenticatoio merita di essere citata l’allelopatia (detta anche competizione chimica, o antagonismo radicale), cioè quel fenomeno che interviene molto frequentemente nella competizione interspecifica e competizione intraspecifica tra le piante nell’agroecosistema, per cui una pianta rilascia nel terreno, a seguito del metabolismo della stessa, sostanze (esempio metaboliti secondari) che inibiscono la crescita e lo sviluppo di piante concorrenti vicine.
Tale accorgimento della Natura è di fatto un espediente per evitare al massimo la specializzazione (impoverimento) dell’ecosistema, risultando di fatto una perfetta applicazione delle leggi della termodinamica. Tali sostanze si comportano perciò come fitotossine radicali (esempio juglone dal noce nero, amigdalina dal pesco, florizina dal melo). Talvolta può essere stimolata da alcuni parassiti, i quali agevolano la produzione di tali sostanze per impedire ad altri parassiti di interagire con lo stesso ospite.
L’allelopatia riduce pertanto la competizione interspecifica, perché diminuisce o elimina altre piante potenzialmente competitrici nella disponibilità delle risorse (nutrienti, acqua, luce), ma gli effetti dell’allelopatia vanno molto oltre. La ricerca sembra aver dimenticato questo aspetto quando invece dovrebbe interessarsi dei suoi effetti sulla salubrità alimentare per gli effetti qualitativi ed organolettici (differenza qualitativa tra prodotto coltivato in consociazione e prodotto coltivato in coltura specializzata).
L’allelopatia è conosciuta di più nei casi di reimpianto, in quanto fa parte del complesso di fenomeni alla base della stanchezza del terreno: a causa della presenza di tossine radicali, diverse specie da frutto, in particolare le drupacee, manifestano sintomi di sofferenza quando viene reimpiantato un frutteto in successione ad uno della stessa specie.
Ad ogni modo bisogna affrontare l’argomento allelopatia della quale,se ne sente timidamente accennare ma con poche certezze,è un argomento importantissimo poco trattato e con poca chiarezza visto che le testimonianze e le ricerche sull’allelopatia il più delle volte non vengono neanche notate e quindi non diffuse e discusse.
Così di considerazione in considerazione si inizia a comprendere come la salubrità alimentare non nasca solo e tanto in ma anche nell’orto dove si deve iniziare a riprendere ed a studiare questi fenomeni.
La verità è che la ricerca applicata si è poco occupata di questi aspetti perché ritenuti secondari e le analogie tra modelli termodinamici e modelli ecologici è stata affrontata da pochi (se non rari) studiosi in altre parti del mondo (timidi accenni in Spagna, Giappone, Stati Uniti e poi …. solo il deserto scientifico.
Ecco perché assume un senso più pieno il concetto di consociazione delle piante: una tecnica naturale, e quindi ecosostenibile, fatta di tentativi, di sperimentazioni e di una lunga tradizione che ci dice quali abbinamenti fare tra verdure, erbe, frutti e fiori coltivati nella stessa porzione d’orto .
Ecco perché la specializzazione agricola è innaturale e quindi contro l’Uomo, comportando pericolose derive dai principi stabiliti dalle leggi della termodinamica che sono gli unici che permettono una piena realizzazione ecologica ed umana.
Le stesse macro organizzazioni derivanti dai sistemi di produzione derivanti dalle specializzazioni agricole (molto volute dai grandi gruppi di distribuzione) stanno comportando pericolosi squilibri antropologici, urbanistici, strutturali della nostra società. Città sempre più dense aree rurali sempre più vuote: un disastro senza precedenti.
E siccome questo contributo ha l’obiettivo di dare anche delle guide specifiche per cambiare da subito tali derive voglio entrare nello specifico di che cosa significa “seguire la Natura”.
Seguendo i suoi principi essenziali, derivati dall’osservazione di queste sinergie e sull’applicazione dei meravigliosi meccanismi di “cooperazione” che già esistono in natura, si può comprendere quanto segue:
- Non piantare assieme verdure della stessa famiglia botanica, come melanzane e patate (entrambe Solanacee), perché attrarrebbero i medesimi parassiti e assorbirebbero le stesse sostanze dal terreno, impoverendolo ed entrando in competizione;
- Non crescere nello stesso terreno piante che vanno in competizione tra loro, per l’utilizzo degli stessi elementi nutritivi o perché presentano radici della stessa tipologia e forma, attive negli stessi strati di terreno;
- Mischiare (o alternare a rotazione) nelle aiuole, piante che fanno da concime (come leguminose, erba medica e trifoglio, le cui radici fissano l’azoto dell’aria nel terreno) a verdure che – come i pomodori – per crescere richiedono invece un substrato ricco;
- Introdurre piante che tengono lontani i parassiti di altre (come cipolla e carota, reciprocamente repellenti sulla mosca parassita) o che, viceversa, attraggono utili insetti predatori e impollinatori per le loro vicine;
- Abbinare piante a rapido sviluppo a specie più lente nella crescita, piante precoci con tardive, in modo che non entrino in competizione per spazio e luce;
- Mescolare nelle aiuole secondo buon senso piante con esigenze di irrigazione simili;
- Informarsi sull’azione tossica di alcune specie, che andranno isolate per evitare che inibiscano con la loro presenza la crescita di altre colture: è il caso della pianta di noce, che dissemina il terreno di sostanze dannose, in alcuni casi del finocchio e infine della salvia, le cui foglie presentano componenti tossici tali da raccomandare di tenerla isolata da altre erbe aromatiche;
- Piantare fiori come girasoli, nasturzi, calendule tra gli ortaggi per migliorare la salute dell’orto: alcuni attraggono gli impollinatori, altri ingannano con il forte profumo o respingono gli insetti nocivi, altri ne richiamano i predatori, altri ancora hanno altre funzioni. Il girasole, ad esempio, se inserito in aiuole di asparagi o tra gli alberi di mele, limita la presenza di alcune erbe infestanti.
Ebbene leggendo questi piccoli consigli, che modificano sostanzialmente l’organizzazione agricola e quindi tutti gli aspetti ad essa legati; dall’ecologia, all’economia per passare all’antropologia, vi dovrebbe già venire un dubbio: nei complessi indici finanziari dei bilanci aziendali e delle analisi economiche dove sono contemplate queste nozioni? È possibile che abbiamo costruito un modello agricolo (dal punto di vista economico ed ecologico) totalmente errato dal punto di vista scientifico e tecnico. Parrebbe proprio di si e sapete perché? Perché non abbiamo applicato la più semplice delle verità che già duemila anni fa ci rivelò (al di la delle posizioni religiose di ognuno di noi) Cristo: date a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio.
L’economia moderna ha fatto l’inverso: ha consegnato la Natura all’Economia e l’Economia ha sostituito le leggi della Natura; il disastro è stato servito.
Ad ognuno di voi le sue personali considerazioni.
Guido Bissanti