Umanità: Dopo il Tunnel l’Era della Luce
Umanità: Dopo il Tunnel l’Era della Luce
A leggere e sentire tutto quello che succede nel nostro mondo e ad ascoltare gran parte delle discussioni dei nostri giorni non è certo la positività il sentimento dominante; anzi, malumori, preoccupazioni, angosce, cattive notizie la fanno da padroni nelle nostre giornate. Tutto sembrerebbe crollarci addosso o mancarci sotto i piedi. È la fine della Storia?
Di certo è che stiamo vivendo un’epoca in cui non si riesce a intravedere un futuro positivo. Tutto è incerto, vuoto. Anche quando appare una nuova visione, una nuova idea verso cui muoversi, dopo la fiammata di entusiasmo iniziale tutto si spegne, perché quell’idea ci risulta irrealistica, irrealizzabile. Ma tutti noi abbiamo bisogno di intravedere un futuro in cui tutto andrà meglio e attraverso cui tutto possa acquisire senso, compresi i momenti che stiamo vivendo. Un futuro, quindi, che abbia veramente tutte le carte in regola per potersi realizzare.
Questo futuro arriverà o è solo una illusione per tenerci vivi?
Di questi temi se ne stanno occupando nel mondo parecchi studiosi e sociologi; fra questi il sociologo Francesco Alberoni. Secondo l’Autore “È la perdita, il meccanismo della perdita, quello che sta per diventare dominante. È la minaccia, il pericolo fisico, la paura sentita su di sé, sui propri figli, che porta la gente a interrogarsi su ciò che sta facendo e su ciò che ha veramente valore». Tutto questo sta accadendo perché oggi siamo tutti molto più consapevoli della fragilità della natura e del suo ecosistema. Nel passato infatti, per l’uomo la natura era qualcosa di estremamente più grande e potente di lui, tanto da potergli dare o togliere la vita a seconda del suo capriccio. Oggi, invece, non solo siamo arrivati a non temerla più ma, addirittura, a essere noi a sfruttarla a nostro piacimento. Ma questo sfruttamento ci ha portato a creare dei danni alla natura stessa che, di rimandano, minacciano seriamente la nostra stessa esistenza. E questo ci ha spinti ad aprire gli occhi. Non per nulla la presente era geologica è stata battezzata da alcuni: Antropocene (che poi è il dominio di questo sito) per indicare un’era dove è l’Uomo a generare i cambiamenti (nel bene e nel male).
La novità insita in questo ragionamento è che questa “apertura d’occhi” ci spinge a “riaggiustare il tiro” al fine di scongiurare non solo la nostra stessa estinzione (cosa in ogni caso molto importante ovviamente), bensì come questa consapevolezza porta l’intera umanità a compiere un nuovo, considerevole balzo evolutivo.
Tutto questo sta generando un comune denominatore, prima assente soprattutto nella cultura occidentale.
Il fatto di avere veramente coscienza di far parte di un unico, immenso ecosistema, infatti, ci fa sentire come parte di un’unica collettività con le stesse esigenze e, forse soprattutto, con le stesse paure.
Così se tutti tendiamo già, sin da adesso, ad una meta unica, cioè la conservazione del pianeta e della vita, allora la mobilitazione può farci diventare tutti degli attivisti e degli scienziati allo stesso tempo.
Il divenire tutti attivisti e scienziati ovviamente non significa che di fatto tutti svolgiamo e svolgeremo queste attività ma ciò è inteso come forma mentis: dice Alberoni che “Milioni di persone non sono più mobilitati a mettersi passivamente dietro una guida (come è sempre accaduto nella storia umana), ma a osservare, a riflettere, a pensare, a precorrere. Di fatti questo è lo stesso processo pluralistico della scienza. E alla base c’è la stessa etica della scienza. Nella scienza il primo, unico imperativo etico fondamentale è quello della verità. Io devo immediatamente abbandonare l’idea che non supera la prova dei fatti”.
Tale “forma mentis scientifica” e il sentirsi parte di un’unica grande comunità, dunque, non solo sono interconnesse e si alimentano a vicenda ma stanno producendo una intelligenza collettiva in cui ogni individuo essendo parte integrante di questa rete, sta generando una rete come quella che i neuroni creano formando il cervello.
Questa considerazione, che sembrerebbe scontata, sta conducendo l’umanità ad quarto balzo evolutivo della storia e questo si sta compiendo proprio adesso sotto i nostri occhi.
Infatti noi conosciamo già gli effetti dei vari salti evolutivi dell’umanità.
Conosciamo il grande balzo evolutivo della specie homo sapiens che è avvenuto quando si è sviluppata la parola. Sappiamo del secondo balzo che si è avuto in tempi brevissimi con l’invenzione della scrittura. A partire da quel momento è stato possibile trasmettere il patrimonio di conoscenze accumulato dalle generazioni precedenti. È come se, improvvisamente, il cervello avesse incominciato a crescere al di fuori della scatola cranica. Il terzo balzo è avvenuto con la rivoluzione industriale. Però, in questo caso, non sono aumentate le capacità intellettuali, ma solo quelle di trasformazione materiale. In sostanza è come se avesse sviluppato smisuratamente i suoi muscoli. Noi siamo ancora sotto l’influenza di questo sviluppo terrificante della potenza fisica. Una potenza a cui non ha corrisposto un adeguato sviluppo della capacità intellettuale.
Fino ad oggi è ed è stato questo il vero profondo pericolo che ha minacciato l’umanità. Questa è diventata come un bambino gigantesco ma che non sa controllare la sua potenza ed i suoi movimenti tanto da distruggere e rompere tutto quello che incontra.
La novità degli ultimi tempi (che lo percepiamo o meno) e che sta accadendo con rapidità vertiginosa è che il divario ha incominciato ad essere colmato. È iniziata la crescita (extracranica) di nuovi organi sensoriali e dell’intelligenza. Si stanno sviluppando nuove capacità intellettuali propriamente dette, grazie ai computer e al web a cui tutti possono accedere. Nel frattempo l’intero pianeta si sta avviando verso un nuovo umanesimo globale dove i principi della Natura, ed i suoi insegnamenti, ci stanno conducendo verso una identità ecologica che, come in una trasfusione, la Natura sta immettendo nei nostri neuroni.
La civiltà non è altro che il risultato di un lungo processo di oggettivazione delle idee, dei sogni, dei desideri e delle paure umane. È sempre stato così e quello che oggi è nebuloso lo è solo perché questo nuovo balzo possiede delle dimensioni fino ad oggi sconosciute. Insomma non si può comprendere e giudicare ciò che non si conosce e quando accade ciò è la paura uno dei sentimenti predominanti: la paura del salto.
Tutto questo ci consegna una visione che ci tranquillizza perché riaccende nei nostri cuori la fiamma della speranza facendoci vedere un radioso futuro e chiarendo, allo stesso tempo, cosa sta accadendo in questo nostro presente così caotico. Ed è normale che stia accadendo questo perché, come diceva Lao Tze, ciò che il bruco chiama fine del mondo, il resto del mondo chiama farfalla.
Qual è la morale della favola: smettiamola di lamentarci e criticare tutto; iniziamo a progettare il futuro perché questo, che ci piaccia o no, è iniziato sviluppandosi sulle macerie del passato.
Guido Bissanti