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Asphodelus ramosus

Asphodelus ramosus

L’Asphodelus ramosus L. è una pianta della famiglia Liliaceae che comprende diverse specie erbacee, note genericamente con il nome volgare di asfodelo. Il nome deriva dal greco ἀσφόδελος (asphódelos).

Sistematica –
L’ Asphodelus ramosus è una pianta appartenente al Dominio Eukaryota, al Regno Plantae, Divisione Magnoliophyta, Classe Liliopsida, Ordine Liliales, alla Famiglia delle Liliaceae, al Genere Asphodelus.
Vista la somiglianza con altre specie del Geenere è possibile confonderlo con l’Asphodelus cerasiferus J. Gay Asfodelo maggiore, pianta di 50-150 cm, con ramificazione semplice, poco sviluppata; tepali maggiori con filamenti a base cuneata e capsula fruttifera ± sferica di 15-20 mm, schiacciata superiormente, con valve robuste a margini revoluti verso l’esterno, con 7-8 rughe ciascuna. I caratteri della capsula permettono di distinguere le due specie, ma tuttavia non sempre facilitano la determinazione.

Etimologia –
Il nome del genere deriva dall’antico nome greco di questa pianta “ἀσϕοδελος asphodelos” composto da “α” non, senza e “σφάλλω sphállo” cadere, vacillare: che non vacilla che perdura. Secondo Pignatti il nome deriverebbe invece da “α” alfa privativo, “σποδός spodós” cenere e “ἔλος elos” valle, bassura ovvero valle di ciò che non è stato ridotto in cenere e si riferirebbe alla particolare ecologia di queste piante. Non sembra però convincente il passaggio della consonante “p” (π pi greco) alla “ph” (φ fi). Il nome specifico, indica la presenza di numerosi rami nello scapo fiorale.
I nomi comuni dell’asfodelo vanno da porraccio, cadrilloni, vruzza, cipuddazzo, avuzz, avrusc, ecc..

Distribuzione Geografica ed Habitat –
Cresce dal mare alla montagna fino a 1200 m s.l.m.: negli incolti, nelle garighe, nei pascoli aridi e nei terreni sassosi. La sua presenza è indice di degradazione dell’ambiente. Spesso associato con Asphodeline lutea (L.) Rchb.
La distribuzione naturale del genere Asphodelus ha un centro principale intorno al bacino del Mediterraneo (Europa meridionale e Africa settentrionale comprese le isole Canarie); segnalazioni lo farebbero estendere in Asia fino alla Cina.
L’asfodelo è stato introdotto e si è naturalizzato anche in alcune parti del Nordamerica.

Descrizione –
L’Asphodelus ramosus è una pianta perenne, eretta, di 50-100 cm, munita di un apparato radicale rizomatoso, costituito da numerosi piccoli tuberi irregolari fusiformi e di un robusto fusto centrale cilindrico, privo di foglie, dal quale si diramano molte ramificazioni laterali nella metà superiore.
Le foglie, tutte basali, partono dal rizoma ipogeo, larghe 2-4 cm e lunghe fino a 70 cm, sono nastriformi, intere, coriacee, totalmente glabre a sezione triangolare appiattita, leggermente carenate.
Le foglie dell’asfodelo si presentano sotto forma di una rosetta di grosse foglie radicali, strette e lineari, con l’estremità appuntita.
Dal centro della rosetta emerge uno stelo nudo che porta una spiga di fiori più o meno ramificata secondo le specie. La spiga è generalmente alta un metro o più.
I fiori numerosi sono distribuiti su di una infiorescenza piramidale racemosa, con un peduncolo di 5-7 mm, situati all’ascella di brattee ± arrossate, lunghe quanto il peduncolo.
I fiori iniziano a sbocciare dal basso già all’inizio di marzo essendo la pianta molto rustica e resistente alle condizioni meteorologiche avverse, la fioritura dura tutto marzo e metà aprile e abbelliscono di molto il paesaggio intorno, molto spesso vengono visitati dalle api specie se c’è scarsezza di altri fiori a causa di condizioni meteorologiche che non seguono l’andamento stagionale.
Le corolle bianche con una stria rossastra centrale sono formate da 6 tepali liberi e carnosi. Gli stami, provvisti di filamenti bianchi di 10-15 mm con antere aranciate, superano i tepali e si inseriscono su di un cuscinetto che circonda l’ovario unico subsferico, con stilo poco più lungo degli stami ed uno stigma rigonfio all’estremità. I fiori sono bissessuali, l’impollinazione è entomofila.
Frutti capsule obvoidi o subsferiche di 5-8 mm deiscenti, formate da 3 valve esili, elittiche, a margini piatti, ciascuna portante da 2-7 rughe contenenti diversi semi neri.
La radice è commestibile.

Coltivazione –
Molti asfodeli sono perenni, ma ci sono varietà annue e biennali. La pianta si moltiplica solo tramite le radici, i semi non sono fertili.
Nella coltivazione dell’ Asphodelus ramosus (come delle altre specie) bisogna considerare che affinché la pianta raggiunga il suo massimo vigore sono necessari all’incirca 2-5 anni. La specie è caratterizzata da foglie di tipo decidue. La coltivazione può essere fatta in: giardino informale, giardino di ghiaia, giardino mediterraneo, vaso o contenitore, giardino architettonico, terrazzo o cortile, giardino roccioso, prato o in pieno campo, giardino fiorito, giardino di campagna, giardino costiero, giardino sub-tropicale.
I terreni più favorevoli per lo sviluppo dell’Asphodelus sono di tipo gessoso, grasso, sabbioso e argilloso. Il terreno può avere un pH: acido, alcalino e neutro.
La posizione rispetto alla luce può essere in pieno sole, mezza ombra, ombra.
La Asphodelus ramosus è una pianta che si adatta bene alle più disparate condizioni di sviluppo non necessita quindi di cure costanti.

Usi e Tradizioni –
L’Asfodelo vanta una lunga tradizione popolare. I tubercoli, utilizzati sin da tempi remoti, sono commestibili e sono stati usati come alimento durante le carestie e la prima guerra mondiale. I principi attivi in essi contenuti sono carboidrati, adatti anche per la panificazione, glucosidi e piccole quantità di alcaloidi, che ne sconsigliano l’impiego terapeutico per uso interno.
Applicato in cosmesi, come topico emolliente, rinfrescante e decongestionante per le pelli irritate, per schiarire le efelidi, per gli eritemi e scottature solari. Sembra che i fitoestratti siano lenitivi per i danni causati dalla psoriasi.
In passato era impiegato anche come diuretico ed anticatarrale. Il carbone ottenuto dai fusti della pianta ha proprietà assorbenti utile nelle terapie tossicologiche.
In zootecnia i tuberi miscelati con miele venivano impiegati per la cura delle dermo-abrasioni e per lenire le ferite.
In Sardegna viene attuata da tempi remoti la lavorazione, tramite intreccio, dei cesti fatti con le foglie dell’asfodelo. Questo caratteristico artigianato ha contribuito per lungo tempo a far bilanciare le modeste entrate delle famiglie dei pastori e degli agricoltori. L’arte dell’intreccio è stata custodita e tramandata in segreto in ogni famiglia di madre in figlia. Era un lavoro faticoso che richiedeva una notevole manodopera per la raccolta ed il processo di lavorazione del materiale, messo a bagno nei corsi d’acqua per ammorbidirlo, steso ed asciugare nelle aie ed in fine il paziente e sapiente lavoro di intreccio per produrre pregiati cesti per vari usi.
Le foglie fresche sono impiegate nella produzione di formaggi tipici pugliesi; sembra siano utili anche per tenere lontane le zanzare.
Miscelando la polvere dei tuberi con acqua bollente si ottiene un collante resistente e naturale.
Gli Asfodeli sono detti bastone di San Giuseppe, in quanto la tradizione vuole che nello scegliere un marito per Maria il consiglio del Tempio cercò un segno divino: l’uomo il cui bastone sarebbe fiorito sarebbe stato lo sposo della ragazza. San Giuseppe portava con sé un bastone di asfodelo e questo fiorì, segno che il Signore scelse lui da porre al fianco di Maria.
Questa pianta viene citata nel 1º libro della saga di Harry Potter. L’asfodelo in polvere versato in un infuso d’artemisia nel romanzo origina una pozione soporifera talmente potente da andare sotto il nome di “distillato della morte vivente”.
Numerosissime sono le opere dove viene citato l’Asfodelo.
Per gli antichi Greci il Regno dei Morti era suddiviso in tre parti: il Tartaro per gli empi, i Campi Elisi per i buoni, ed infine i prati di asfodeli per quelli che in vita non erano stati né buoni né cattivi. Per tutte queste credenze, ed altre ancora, i Greci usavano piantare asfodeli sulle tombe, considerando i prati di asfodeli il soggiorno dei morti. Un esempio forse non casuale lo abbiamo in Capo Miseno.
Epimenide, considerato da alcuni uno dei sette sapienti, usava l’asfodelo (e la malva) per le sue capacità di scacciare la fame e la sete. Ce ne parla Plutarco nel “Convito dei sette sapienti”. La leggenda vuole che Epimenide grazie all’uso di radici e erbe non avesse bisogno di mangiare e che visse 157 anni, ce ne parla Diogene Laerzio.
Teofrasto, nella sua “Ricerca sulle piante”, afferma che le radici d’asfodelo sono commestibili.
Gli asfodeli sono citati, fra l’altro, anche nell’Elogio della follia di Erasmo da Rotterdam quale pianta non presente là dove ella (la pazzia) sarebbe nata (par. 8. Luogo di nascita della follia).
Per gli antichi greci e romani quindi era un fiore sacro, associato alla resurrezione ed anche Omero ne parla nell’Odissea; era considerato il cibo preferito dei morti, per questo era il simbolo dei defunti ed era utilizzato per adornare le tombe; ancora oggi in alcuni paesi del Mediterraneo è il simbolo dei defunti.
In Corsica, è consuetudine, nel giorno di Ognissanti, immergere i rami dell’Asphodelus ramosus nell’olio d’oliva e deporli come piccole lucerne davanti alle tombe dei propri cari,in segno di devozione.
In generale il bestiame e le pecore rifiutano questa pianta, infatti il consumo continuato di foglie da parte di pecore determina una particolare patologia, che provoca paresi e convulsioni.
Di frequente, in primavera, si riscontrono alla base delle foglie dell’Asphodelo della masse biancastre simili alla saliva. E’ una sostanza prodotta da una larva (la sputacchina) Philaemus leucophthalmus della famiglia dei Cercopidi. Le ninfe appena nate si ricoprono di questa sostanza, prodotta dalla secrezione di ghiandole poste nell’addome e dalla linfa succhiata dalla pianta, per evitare la disidratazione e l’eventuale cattura da parte dei predatori.
In Europa fa parte delle piante protette.
Il gambo dell’asfodelo giallo è un cibo antico che gli anziani pugliesi colgono ancora prima che sbocci il fiore e una volta scottato con acqua e aceto conservato sott’olio. Uno di quei sapori che va pian piano scomparendo.
Le Foglie vengono tuttora usate per confezionare un prodotto caseario tipico pugliese, la “burrata”.
In Sardegna viene utilizzato per la produzione di un miele dal gusto delicato, da assaporare da solo per coglierne le caratteristiche uniche. In alcune zone della Sicilia i gambi dell’asfodelo giallo vengono raccolti, privati delle foglie esterne, tagliati a metà e cucinati con un sugo o in frittate. Durante la seconda guerra mondiale la pianta nel meridione d’Italia costituì un buon supporto alimentare per chi aveva scarsezza di cibo.
In alcune località della Sardegna, lo stelo dell’asfodelo viene utilizzato per la creazione di pregiati cesti artigianali da tempo utilizzati anche per la panificazione. Questi cesti anticamente erano parte indispensabile del corredo della sposa prima del matrimonio. La lavorazione tradizionale dell’asfodelo è particolarmente importante nei comuni di Ollolai (dove è presente anche un museo dedicato alla lavorazione di questa pianta), Tinnura e Flussio.

Modalità di Preparazione –
La pianta contiene alcaloidi nocivi, quindi si consuma dietro cottura. Le parti impiegate sono le radici ingrossate e gli steli. Anticamente, come detto, le piante erano usate per lavori di intreccio, in Puglia vengono usate nella preparazione della famosa “burrata”, il latticino tipico della zona di Andria.
In cucina, i tubercoli vengono mangiati lessi, conditi con olio e sale, arrostiti sotto la cenere come le patate.
Gli steli dell’asfodelo vanno raccolti molto piccoli, affinché rimangano tenerissimi; vengono lessati in acqua ed aceto, messi in piedi nei barattoli di vetro e coperti di olio di oliva, come gli asparagi. Oppure decorticando gli steli e usando la corteccia impanata e fritta mentre gli steli vanno cotti dopo averli sezionati, tagliandoli con tagli a croce longitudinali.
In uso esterno i tubercoli si possono utilizzare in decotti per dermatosi e scottature solari. Si Applicano con garze imbevute nel decotto sulle parti interessate (solo su pelle integra).
Per schiarire le efelidi si pestano e si riducono in polpa i tubercoli freschi, si applicano sulle zone di cute interessate con un leggero sfregamento.

Guido Bissanti

Fonti
– Wikipedia, l’enciclopedia libera.
– Treben M., 2000. La Salute dalla Farmacia del Signore, Consigli ed esperienze con le erbe medicinali, Ennsthaler Editore
– Pignatti S., 1982. Flora d’Italia, Edagricole, Bologna.
– Conti F., Abbate G., Alessandrini A., Blasi C. (a cura di), 2005. An annotated checklist of the Italian vascular flora, Palombi Editore.

Attenzione: Le applicazioni farmaceutiche e gli usi alimurgici sono indicati a mero scopo informativo, non rappresentano in alcun modo prescrizione di tipo medico; si declina pertanto ogni responsabilità sul loro utilizzo a scopo curativo, estetico o alimentare.




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