La Deriva dell’Agricoltura
La Deriva dell’Agricoltura
I dati e le informazione derivanti da ricerche storiche ed archeologiche farebbero risalire l’agricoltura a 11.000 anni fa (secondo altri studiosi addirittura a 23.000 anni). Comunque sia un periodo molto breve se paragonato alla presenza dell’Uomo sulla terra ed all’età del nostro Pianeta. Con la nascita dell’agricoltura, possiamo affermare che sia nata la civiltà umana. I primi villaggi e le aggregazioni umane e sociali prendono forma parallelamente allo sviluppo dell’agricoltura.
L’evoluzione e la Scienza Agricola hanno seguito in questo periodo un percorso graduale, fatto di osservazioni, valutazioni, insegnamenti, esperienza. Questa esperienza aveva formato quel grande libro della Tradizione Agricola (spesso non scritto) che era quella Scienza (con la S maiuscola) che si tramandava spesso da padre in figlio. Una Scienza a Misura dell’Uomo e del Territorio.
Questa Scienza si è evoluta anche grazie alla grande sapienza di alcuni studiosi del settore: pensiamo a Catone, Columella, Varrone, Palladio e all’opera naturalistica di Plinio il Vecchio. Nell’alto Medioevo i compendi classici vennero rielaborati: ne è un esempio il De agris di Isidoro di Siviglia. Nel tardo Medioevo ebbero grande diffusione il Libro di agricoltura di Ibn-el-Awwam (XII sec.) e il Ruralium commodorum libri di Pier de Crescenzi (fine XIII sec.) e così via fino al grande sviluppo dei trattati dell’ottocento e soprattutto del novecento.
Ma questa Scienza è stata in tutto questo periodo il compendio dell’osservazione del grande Libro della Natura. Un libro complesso e semplice nello stesso momento; fatto di regole e principi. Fatto soprattutto di Sapienza.
Quando però nell’epoca moderna l’Uomo ha pensato di poter governare questi principi e queste regole con un altro teorema del sapere (un sapere piccolo e riduzionista) il mondo agricolo ha conosciuto una involuzione che negli ultimi decenni ha manifestato tutta la sua incongruenza.
Questo fenomeno nasce in concomitanza con la rivoluzione industriale (1760-1780 al 1830), di cui ne è nel contempo causa ed effetto, e trova nella meccanica e nella chimica una nuova frontiera di conquista; va citata a tal proposito: “The teaching of agricultural chemistry” redatto, nel 1924, da una Commissione di esperti della Divisione Didattica dell’American Chemical Society e pubblicato in uno dei primi fascicoli del Journal of Chemical Education.
Fino agli anni ’50 del secolo scorso il contadino usava come fertilizzante il letame, ed altri prodotti naturali, perfettamente biodegradabili e ricchissimi di principi attivi nutrienti per le varie coltivazioni e l’inquinamento del suolo era pressoché sconosciuto. Poi vennero i fertilizzanti chimici, insetticidi, pesticidi, erbicidi a base di composti organici fosforati, efficaci per “eliminare” parassiti ed erbacce, ma inquinanti per l’ambiente, il suolo, gli animali e l’uomo. Da quel momento il proliferare della chimica e dei principi attivi si è fatto sempre più energico, compromettendo il delicato equilibrio energetico tra suolo, falde, flora, fauna ed atmosfera.
Per semplificare notevolmente il concetto si può affermare che la chimica interferisce sulla termodinamica dei sistemi naturali (ecologia) alterandone cicli e funzioni, valori quantitativi e qualitativi.
L’effetto principale della chimica in agricoltura è (contrariamente a quello che si pensa) quello di diminuire il rendimento energetico del Sistema Agricolo (che è sempre e comunque un Sistema Ecologico) spostandolo verso modelli più semplificati ed instabili.
L’uso poi dei prodotti e dei fertilizzanti di sintesi (congiunto alla diminuzione degli apporti di sostanza organica di provenienza animale) sta portando ad una degenerazione globale del sistema suolo originando una destrutturazione degli stessi con la proliferazione di quelle microfrane che stanno alla base del grande dissesto idrogeologico.
Nel 1997, nel Convegno Internazionale: “I Fitofarmaci”, chi tutela il consumatore e l’ambiente?, presso il centro di cultura Scientifica Ettore Maiorana di Erice (TP), da me presieduto, di fronte ai raccapriccianti dati delle malformazioni, delle malattie (soprattutto dei bambini) e della mortalità legata all’uso dei fitofarmaci, scese un velo pietoso e le Multinazionali, produttrici dei fitofarmaci, si affrettarono ad affermare che si trattava di dati esagerati (dati del Ministero dell’Ambiente) ed inconsistenti.
Da quel giorno i fondi per la Ricerca nella Lotta Biologica furono drasticamente tagliati fino praticamente a scomparire (personalmente sono dovuto “fuggire” dall’Istituto di Ricerca dove lavoravo) e l’unica ricerca esistente è quella delle Multinazionali (fitofarmaci ieri ed oggi, OGM oggi e domani). Per di più molti agricoltori e tecnici (mi spiace dirlo) sono convinti che la chimica (e gli OGM tra poco) siano i veri fattori dell’aumento delle produzioni agricole (è una bufala dimostrabile). Solo che questa Ricerca non viene finanziata ed i pochi lavori realizzati vengono tenuti (ad arte) nell’ombra. Oggi però né la Politica Nazionale né quella Europea vede in questo un limite e un pericolo immane.
Il fallimento degli OGM negli USA, con la proliferazione di nuove specie resistenti viene tenuto sottobanco e questo non fa che aggravare la Conoscenza e la Profondità della questione; persino l’autorevole New York Times, riporta come alcune “erbacce” resistenti al glifosato si sono sviluppate in 22 stati USA; poi tutto è stato riportato “sapientemente” a tacere.
Guarda caso l’USDA (United States Department of Agriculture), dal 2008 non pubblica più le statistiche sull’uso dei pesticidi; meglio non sapere…
Potrei continuare all’infinito questo bollettino della “Censura del Sapere”.
L’aumento delle malattie e delle malformazioni per effetti diretti ed indiretti (dovuti anche alla biomagnificazione) stanno causando un inquinamento chimico ed organico e la necessità di una Spesa Pubblica per la Sanità (sempre gestita dai Grandi Interessi) senza precedenti.
La diminuzione della biodiversità, delle varietà coltivate, dell’agricoltura naturale, degli insetti utili (tra tutti i pronubi), l’avanzare della desertificazione, ecc. ci stanno portando ad una deriva senza precedenti, eppure i Governi centrali (figli degenerati dei Grandi Poteri Economici) si occupano solo di PIL ed Indici Finanziari, conducendo il Pianeta in rotta di collisione.
L’agricoltura, i rari piani di sviluppo e quasi tutti i progetti e bandi europei parlano di mercato, produttività, concorrenzialità, ecc. senza comprendere che si stanno incrinando i due fattori principali del Pianeta, senza i quali nulla ha più senso: l’Uomo e l’Ecosistema.
Ci corre l’obbligo di porre rimedio a tutto questo prima che tutto questo ponga rimedio alla specie umana e al nostro pianeta.
Guido Bissanti
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