Quercus ilex
Quercus ilex
Il leccio (Quercus ilex L., 1753) che viene chiamato anche elce, è un albero spontaneo della famiglia delle Fagaceae e del genere Quercus. Questa pianta è diffusa nei paesi del bacino del Mediterraneo e molto usato per il suo legname pregiato.
Sistematica –
Dal punto di vista sistematic appartiene al Dominio Eukaryota, Regno Plantae, Divisione Magnoliophyta, Classe Magnoliopsida, Ordine Fagales, Famiglia Fagaceae e quindi al Genere Quercus ed alla Specie Q. ilex.
Etimologia –
Il nome del genere secondo alcuni prende origine da due termini derivati da due parole celtiche,”Kaer” “quer” che significano: bell’albero, cioè albero per eccellenza; secondo altri deriverebbe dal greco ruvido, indicando le caratteristiche del legno delle piante di questo genere; il nome specifico deriva dalla lingua celtica e significa “punta”. Per i latini era l’elce, la cui foglia è spinosa; Ilex= leccio
Distribuzione Geografica ed Habitat –
Il leccio è presente in tutto il bacino del Mediterraneo (con eccezione in Egitto); in Libia è stato probabilmente introdotto dall’uomo. Questa specie è comunque maggiormente diffusa nella parte occidentale, soprattutto in Algeria e Marocco, in tutta la penisola Iberica (dove costituisce uno dei componenti principali della dehesa), nella Francia mediterranea e in Italia, dove forma dei boschi puri anche di notevoli dimensioni. Nel settore orientale, a partire dai Balcani, invece, si trova in boschi misti ad altre essenze forestali, spesso ben distanti tra loro, e solo in stazioni con un’adeguata umidità. Si trova, sempre consociato, anche lungo le coste turche del Mar Nero.
In Italia, il leccio, è diffuso soprattutto nelle isole e lungo le coste liguri, tirreniche e ioniche. Sul versante adriatico le popolazioni sono più sporadiche e disgiunte (tranne che in Puglia, Abruzzo e Marche). Piccole formazioni sono presenti anche sulle Prealpi lungo le coste dei laghi, sui Colli Euganei, in Friuli Venezia Giulia, in Romagna fino al Bolognese-Imolese e nel Bosco della Mesola nel ferrarese.
Il leccio è uno dei rappresentanti più tipici e importanti dei querceti sempreverdi mediterranei, ed è il rappresentante caratteristico del Quercetum ilicis, la vegetazione cioè della fascia mediterranea temperata.
Del leccio esistono due sottospecie:
Quercus ilex subsp. ilex. nativa nell’area che va dal nord della penisola iberica all’Est della Francia fino alla Grecia. Foglie assai vicine; ghiande lunghe 2 cm, dal sapore amaro.
Quercus ilex subsp. rotundifolia (syn. Q. rotundifolia, Q. ballota) nativa nell’area che va dal sud della penisola iberica al nordest dell’Africa. Foglie rade; ghiande lunghe 2.5 cm, dal sapore dolce.
Descrizione –
Il leccio è un albero, sempreverde e latifoglie, con fusto raramente dritto, singolo o diviso alla base e con uno sviluppo che può raggiungere fino a 20-24 m di altezza. Può assumere aspetto di cespuglio qualora cresca in ambienti rupestri. È molto longevo, potendo diventare plurisecolare, ma ha una crescita molto lenta.
La corteccia di quest’albero che è liscia e grigia da giovane, col tempo diventa dura e scura quasi nerastra, finemente screpolata in piccole placche persistenti di forma quasi quadrata. I giovani rami dell’anno sono pubescenti e grigi, ma dopo poco tempo diventano glabri e grigio- verdastri. Le gemme sono piccole, tomentose, arrotondate con poche perule.
Le foglie di questa specie sono semplici, a lamina coriacea a margine intero o dentato, molto variabile nella forma che va da lanceolata ad ellittica (rotondegiante nella sottospecie rotundifolia), la base è cuneata o arrotondata. Ha una caratteristica pagina superiore della foglia di colore verde scuro e lucida, la inferiore è invece grigiastra e marcatamente tomentosa. Le foglie sono lunghe 3–8 cm, e larghe 1-3,5 cm. La nervatura centrale è dritta e sono presenti 7- 11 paia di nervature laterali.
Le foglie che restano sulla pianta 2-3 anni sono munite di picciolo breve, peloso, provvisto di stipole marroncine, lineari e presto caduche.
Nel quercus ilex sono presenti due tipi di foglie (eterofillia): quelle apicali e quelle degli esemplari giovani che sono ovaleggianti, con denti mucronati o spinescenti, con pubescenza della pagina inferiore ridotta, e qualche tricoma anche sulla pagina superiore.
Le foglie delle plantule sono pelosissime, quasi bianche alla germogliazione, poi diventano glabrescenti, ma il giovane fusticino continua ad essere fittamente pubescente.
Nel Quercus ilex sono presenti fiori maschili e femminili. Quindi la pianta è monoica.
I fiori maschili sono riuniti in amenti penduli, cilindrici e pubescenti, hanno perianzio con 6 lobi e 6-8 stami. I fiori femminili sono in spighe peduncolate composte da 6-7 fiori, ogni fiore ha perianzio esalobato e 3-4 stigmi. Gli amenti maschili sono lunghi dai 5 ai 7 cm e sono portati alla base dei rami dell’anno. La fioritura avviene da aprile a giugno.
I frutti del quercus prendono il nome di ghiande (o lecce) e sono portate singole o in gruppi di 2-5, su un peduncolo lungo circa 10–15 mm (eccezionalmente anche 40 mm). Le dimensioni variano da 1,5 a 3 cm di lunghezza, per 1-1,5 cm di diametro. Sono di colore castano scuro a maturazione, con striature più evidenti.
All’apice di ogni ghianda troviamo un robusto mucrone. Le ghiande sono coperte per un terzo o metà della loro lunghezza da una cupola provvista di squame ben distinte, con punte libere ma non divergenti. Maturano nello stesso anno della fioritura e nel periodo autunnale.
L’apparato radicale è robusto, fittonante, si sviluppa già dai primi anni di vita e può penetrare per diversi metri nel terreno per cui conferisce particolare resistena alle frande dei terreni ove si trova questa specie. Questo comporta una notevole resistenza alla siccità (la pianta va a trovare l’acqua in profondità), ma anche problemi di trapianto, che questa specie sopporta male. Anche le radici laterali possono essere molto robuste e spesso emettono polloni.
Il legno di questa quercia è a porosità diffusa con durame di colore rossiccio mentre l’alburno è di colore chiaro. Si tratta di un legno duro, compatto e pesante, soggetto ad imbarcarsi, difficile da lavorare e da stagionare. È utilizzato soprattutto come combustibile e per la produzione di carbone vegetale. Il legno del leccio è tra i più tannici che si conosca. Quando nel legno fresco appena tagliato di leccio vi si conficca un chiodo in ferro, dopo qualche ora è possibile notare una piccola chiazza blu che circonda il chiodo. Questo anello è un viraggio del legno dovuto alla reazione dei tannini con il ferro ed è un fenomeno tipico di questa ed altre piante con elevato contenuto in tannini.
Coltivazione –
Come tutte le piante forestali il Quercus ilex deve essere trattato seguendo particolari esigenze pedoclimatiche ed agronomiche. Per quanto riguarda il terreno questa specie non ha particolari esigenze. Preferisce però terreni non troppo umidi, con un buon drenaggio. Ha una crescita maggiore in terreni vulcanici e nelle zone costiere, mentre in terreni rocciosi calcarei ha una crescita minore. In zone più umide dell’entroterra ha una crescita stentata ed è sopraffatto spesso da specie più adatte.
La propagazione si fa per seme. Quando le ghiande maturano in autunno queste vanno raccolte e seminate entro due mesi in un vaso all’aperto. In seguito le giovani piantine saranno da trapiantare nel terreno e da porre a dimora nell’arco di tre anni. Gli alberi giovani crescono con maggior vigore se si effettuano pacciamature ricche di materiale organico.
Il leccio predilige l’esposizione in pieno sole, ma sopporta bene anche la mezza ombra.
Il quercus ilex non necessita di potature regolari.
Per quanto riguarda i parassiti si riscontrano problemi in seguito agli attacchi di bruchi e larve, ma anche della famigliola buona. Gli esemplari sono più attaccabili in giovane età, quegli adulti subiscono la presenza di parassiti più raramente.
Anche se la coltivazione del leccio ricopre interesse forestale è da riconsiderare la possibilità di introdurlo nelle aziende agricole al margine delle colture (li dove l’ombrosità non disturba le normali coltivazioni), nelle scarpate a salvaguardia della stabilità dei terreni e come integratore di energia rinnovabile (biomasse) e dell’alimentazione animale attaraverso la produzione delle ghiande.
Purtroppo la moderna agronomia ha marginalizzato queste piante andando a complicare ancor di più i delicati equilibri ecologici della moderna agricoltura.
La sua reintroduzione si rende quindi nuovamente necessaria attraverso programmi di incentivazione ed integrazione agricola.
Usi e Tradizioni –
Chiaramente la conoscenza di questa pianta si perde nella notte dei tempi. Il greco Pausania descrive un bosco sacro a Era dove lecci e olivi crescevano dalle stesse radici. Ovidio narra invece che nell’Età dell’oro le anime immortali sotto forma di api si posavano sugli aumenti del leccio da cui scendeva il miele. Secondo un mito dell’antica Roma nel lecceto alla base dell’Aventino viveva Egeria la ninfa ispiratrice di re Numa Pompilio. Plinio riporta che con i rami di leccio si facessero le prime corone civiche, sostituito poi dalla quercia o dal rovere. Sempre secondo Plinio sul Vaticano si levava il leccio più antico della città, già oggetto di venerazione religiosa da tempi più antichi tanto che su quest’albero era un’iscrizione su bronzo in caratteri etruschi. Scrive inoltre Plinio che: “Anche i Tiburtini hanno un’origine molto anteriore a quella di Roma: nel loro territorio esistono tre lecci ancora più antichi di Tiburno, fondatore della città, che secondo la tradizione fu consacrato vicino di essi.” Sembra infatti che il leccio fosse albero oracolare per i fulgorales a causa della sua predisposizione ad essere colpito dai fulmini, con il tempo però assume una accezione non positiva come albero accomunato a oracoli negativi. Seneca lo considerava un albero triste tutto scuro come è. Anche nel cristianesimo esistono dei simbolismi per questa pianta. Nelle isole ioniche una leggenda (raccolta dal poeta Aristotelis Valaoritis nel XIX Secolo) vuole che il leccio fu l’unico albero che acconsentì a prestare il proprio legno per la costruzione della croce; per questo i boscaioli delle isole di Acarnania e di Santa Maura temevano di contaminare l’ascia toccando “l’albero maledetto”. Tuttavia nei “Detti” del beato Egidio – il terzo compagno di San Francesco – il buon nome del leccio viene difeso quando si riferisce che il Cristo lo predilige perché fu l’unico albero a capire che il sacrificio necessario, così come il Salvatore stesso, per contribuire alla Redenzione. E proprio sotto il leccio il Signore appariva spesso a Egidio.
Sulla sommità della Torre Guinigi a Lucca sono presenti sette piante di leccio. Sebbene non si sappia con precisione quando siano stati piantati questi alberi, esistono testimonianze molto antiche che descrivono questo giardino pensile.
Il Bosco di Lecci, foresta fittizia presente in Pokémon Oro e Argento e negli omonimi Pokémon Oro HeartGold e Argento SoulSilver, prende il nome dal suddetto albero. Nelle versioni inglesi, questo riferimento viene reso più evidente (Ilex Forest).
Il legno della pianta è forte, duro e resistente, è usato in lavori al tornio, in ebanisteria, in falegnameria; brucia a lungo, anche quando è ancora fresco, e dalla sua combustione si ottiene un carbone molto pregiato.
Per questo motivo, dopo l’invenzione dei treni, e in generale delle macchine a vapore e, per indotto, con l’allestimento delle linee ferroviarie, all’incirca tra la seconda metà del sec. XIX e la prima del sec. XX, il legno del leccio venne massicciamente impiegato sia per la produzione del carbone, che per quella delle traversine dei binari; di conseguenza, per il taglio selvaggio e incontrollato, furono smantellate irreversibilmente immense leccete.
I Celti utilizzavano corteccia e ghiande a fini terapeutici; una loro credenza popolare, pervenuta fino ai nostri giorni, era che, dentro ai tronchi cavi del leccio, crescesse un’erba magica che, dopo essere stata attivata con particolari rituali, poteva rendere invisibili le persone.
Ricerche recenti comunque hanno messo in evidenza un’azione antiossidante dei monoterpeni, composti organici volatili, emessi dalle foglie di Quercus ilex. Ciononostante non risulta, al momento, uno specifico uso farmacologico per questa pianta.
Le galle, che si producono nell’albero dopo la puntura di particolari insetti, hanno proprietà fortemente astringenti e possono essere utilizzate nel trattamento di emorragie, diarrea cronica, dissenterie ecc. In fitoterapia, nei tempi passati, si usava soprattutto la corteccia della pianta, come rimedio per i disturbi gastrointestinali.
Una ricerca sulle piante tradizionalmente usate nella farmacopea delle popolazioni dell’Ogliastra, nella Sardegna Centro-orientale, riporta che l’applicazione di un leggero strato di corteccia marcescente ha funzione emostatica e che il decotto della corteccia è impiegato come disinfettante.
Come altre piante del genere il quercus ilex ha un importante valore ornamentale e viene spesso usato per abbellire parchi o per la creazione di viali alberati. È consigliabile anche come esemplare arboreo da prato e, nelle regioni costiere, ha un importante funzione di barriera frangivento. Il suo legno è particolarmente duro e pesante. Il leccio non è quindi un esemplare dei più adatti tra le querce per la produzione di legno finalizzato alla costruzione di oggetti. Per le sue qualità, tuttavia, è usato spesso a guisa di combustibile.
I lecci vengono utilizzati come esemplari arborei per abbellire parchi e giardini. Un progetto interessante, a tal proposito, vede questo albero inserito in maniera molto armonica in un grande giardino adatto al clima dell’olivo, proprio di tutte quelle zone in cui questa pianta viene coltivata, quindi assai vicino al clima mediterraneo. In questo caso il quercus ilex si trova benissimo associato a piante come il pittosporum, l’acacia, la gardenia, camelia e lavanda, ma anche al ciliegio, al nespolo e alle rose rampicanti.
Oltre però agli utilizzi ornamentali il leccio è coltivato per la produzione di legno. Il legno del leccio è considerato un ottimo combustibile, infatti il valore della legna da ardere varia dai 12 ai 15 euro al quintale, a seconda del grado di stagionatura. Il leccio, per la coltivazione da reddito, si adatta bene al trattamento a ceduo, una metodologia che prevede il taglio periodico dei fusti alla base per consentire la crescita di nuovi polloni. La cedulazione deve avere turni non inferiori ai 10-12 anni. Con un ettaro di terreno è possibile produrre 2.000 – 3.000 ceppaie.
Un’altra produzione che si ricava da questa pianta è quella delle ghiande. Il leccio produce fiori approssimativamente nel mese di maggio mentre la maturazione dei frutti, le ghiande, si verifica nel periodo autunnale, nel mese di ottobre. Le ghiande del leccio sono le più dolci di tutte le querce, per questo motivo, nella tradizione contadina, le ghiande del leccio sono state a lungo impiegate per la produzione di farina impiegata per la preparazione di pane e dolci.
Oltre a questi utilizzi è importante la reintroduzione del leccio per il riequilibrio degli agro ecosistemi, in un contesto di agricoltura futura sempre più sostenibile ed a basso impatto ambientale, considerando la possibilità di inserire questa pianta non solo per l’integrazione del reddito (ghiande, biomasse, ecc.) ma per l’importante funzione di salvaguardia dei suoli e della biodiversità agricola.
Per questo motivo, in alcune Regioni vi è l’obbligo di impiantare una pianta (da scegliere in un elenco, fra le quali compare anche il leccio) per ogni neonato che venga registrato all’Anagrafe, le leggi che regolano quest’obbligo, e in cui compare questa specie, sono:
- R. 05/07/1994, n. 33 Liguria “Obbligo per il comune di porre a dimora un albero per ogni neonato residente”, Tab. B allegata all’Art. 2, Comma 2, Lettera B.
- R. 29/03/1994, n. 15 Abruzzo “Disciplina delle tipologie delle essenze arboree da porre a dimora per ogni neonato a seguito di registrazione anagrafica”, Art. 3.
- R. 18/12/1992, n. 14 Campania “Obbligo per i comuni di residenza di porre a dimora un albero per ogni neonato e/ o minore adottato. Regolamentazione Regionale”, Allegato 1 all’Art.2..
Modalità di Preparazione –
Negli anni passati era noto anche l’utilizzo alimentare dei frutti delle querce.
Come detto le ghiande sono commestibili sia crude che cotte e, previa tostatura, possono essere usate come succedaneo del caffè; seccate e polverizzate, possono essere usate come addensante, tipo fecola di patate, oppure, mescolate a farine di cereali, per fare il pane. Poiché però contengono tannino è consigliabile lavarle accuratamente sotto acqua corrente prima di utilizzarle a fini alimentari; questa procedura, tuttavia, comporta la perdita di buona parte dei sali minerali in esse contenuti. Il metodo tradizionale di prepararle consisteva nel seppellirle in terreno umido e lasciarle così durante tutto l’inverno, dissepellendole poi a primavera, prossime alla germinazione: a quel punto avevano perso gran parte del loro potere astringente.
Per quanto riguarda altri usi si sottolinea un’antica ricetta di un “caffè” fatto con la polvere delle ghiande essiccate, che si dice sia indicato per i problemi di acne giovanile.
Guido Bissanti
Fonti
– Wikipedia, l’enciclopedia libera.
– Treben M., 2000. La Salute dalla Farmacia del Signore, Consigli ed esperienze con le erbe medicinali, Ennsthaler Editore
– Pignatti S., 1982. Flora d’Italia, Edagricole, Bologna.
– Conti F., Abbate G., Alessandrini A., Blasi C. (a cura di), 2005. An annotated checklist of the Italian vascular flora, Palombi Editore.
Attenzione: Le applicazioni farmaceutiche e gli usi alimurgici sono indicati a mero scopo informativo, non rappresentano in alcun modo prescrizione di tipo medico; si declina pertanto ogni responsabilità sul loro utilizzo a scopo curativo, estetico o alimentare.