La grande crisi del XXI secolo è ben lungi dal poter essere risolta. Tale crisi è subordinata ad un modello socioeconomico non più idoneo a sostenere le dinamiche di un mondo sempre più interconnesso (globalizzazione) e con una fluidità del sistema crescente.
Tale fluidità non poteva non avere ricadute evidenti e complesse sulla circolazione del denaro e sulla finanza a tal punto che occorre considerare opportuna la necessità di porre nuove regole.
“La maggior parte delle persone tende a considerare il denaro come “una cosa” perché quello è il modo in cui di solito ci appare (sotto forma di carta, monete, carte di credito, ecc.). E in più, se ci ritrovassimo a naufragare su un’isola deserta, scopriremmo in fretta che mentre il nostro coltello rimane utile come coltello, qualsiasi somma di contanti o assegni ci fossimo portati si rivelerebbe completamente inutile. Rimarrebbe carta, ma non sarebbe più “denaro”. Per avere una “cosa” che funga da denaro, essa necessita di una comunità che sia d’accordo che quel particolare oggetto abbia un certo valore in uno scambio economico*”.
La comunità che gestisce il denaro deve pertanto comprendere come l’emissione della moneta deve non solo essere convenzionata ma soprattutto avere una base di riferimento.
Nei tempi antichi la base di riferimento fu per un certo periodo l’equivalente in oro; tale modello monetario era soprannominato sistema aureo (in inglese, gold standard) e tale sistema era vincolato al riconoscere alla emissione della moneta una base di riferimento, che era appunto la riserva aurea di un Paese.
Senza entrare nel merito dei vantaggi e svantaggi di questo sistema, comunque, l’emissione della moneta era regolamentata da un modello, che potremmo definire primitivo, ma che rispondeva in ogni caso ad un regolamentazione certa.
Al termine della seconda guerra mondiale, con gli Accordi di Bretton Woods fu istituito un sistema di cambi fissi. La valuta chiave del sistema divenne il dollaro, che costituì la principale attività di riserva detenuta dalle banche centrali. Tale sistema terminò di fatto nel 1971 con la dichiarazione di inconvertibilità del dollaro decisa unilateralmente dal presidente americano R. Nixon. A esso ha fatto seguito il passaggio a un regime di cambi fluttuanti caratterizzato dalla fine del ruolo monetario dell’oro e dalla coesistenza di una pluralità di valute convertibili. Il dollaro mantiene ancora un ruolo di valuta di regolamento dei pagamenti internazionali, ma accanto a esso hanno assunto un peso più consistente lo yen giapponese, il franco svizzero e, a partire dal 1999, l’euro. Nel sistema successivo a quello di Bretton Woods la moneta internazionale risulta quindi composta da più monete nazionali detenute nei portafogli degli operatori privati e nelle riserve valutarie delle banche centrali in proporzioni variabili a seconda dell’andamento dei tassi di cambio. Il regime dei cambi fluttuanti ha così concesso alle banche centrali di recuperare gradi di libertà per la gestione monetaria finalizzata a obiettivi di stabilità interna.
Tale libertà delle banche centrali è di fatto uno dei motivi predominanti di un doping finanziario senza precedenti perché l’emissione della moneta non è collimata e commisurata alla reale capacità rigenerativa di quel sistema.
Come visto nell’articolo: L’Economia Moderna ed il Doping Finanziario, abbiamo trovato un equivalente energetico del denaro (che altro non dovrebbe essere) ed abbiamo dimostrato come il tentativo maldestro di svincolarsi dal modello rigenerativo naturale sta conducendo il pianeta verso una catastrofe (non solo economica) senza precedenti.
Tale anomalia di correlazione tra la capacità rigenerativa di un sistema ed il modello economico-finanziario è ancora presente in tutti gli Stati Evoluti che commisurano il loro stato di benessere sul PIL (Prodotto Interno Lordo). In macroeconomia il prodotto interno lordo è il valore monetario totale dei beni e servizi prodotti in un Paese da parte di operatori economici residenti e non residenti nel corso di un periodo di tempo, generalmente un anno, e destinati al consumo dell’acquirente finale, agli investimenti privati e pubblici, alle esportazioni nette (esportazioni totali meno importazioni totali).
Ma tale PIL non dice praticamente nulla se tale valore è stato generato aumentando, diminuendo o tenendo costante la capacità rigenerativa del Paese.
Per fare un semplice esempio: se in Brasile dovessimo utilizzare, attraverso il taglio, tutto il legno della foresta amazzonica (con le transazioni economiche successive), il PIL riceverebbe una impennata incredibile ma il Paese andrebbe incontro, nel giro di pochissimo tempo, ad un declino inesorabile per il deteriorarsi dei complessi equilibri ambientali, ecologici e sociali legati a questo grande polmone della terra.
Da tempo i Governi di vari Paesi tentano di introdurre la cosiddetta “Contabilità Ambientale”.
La contabilità ambientale è infatti uno strumento sviluppato per rileggere e interpretare le attività ambientali di un Paese e migliorare le politiche in direzione della sostenibilità. La redazione del bilancio ambientale consente di monitorare lo stato dell’ambiente e di valutare concretamente le conseguenze ambientali (positive o negative) delle principali attività del Paese.
Per tale motivo diventa necessario costruire un parametro di equivalenza tra Capacità Ambientale di un Paese e la sua possibilità di convertire in moneta tale capacità; in tale ipotesi è ipotizzabile la costruzione di un nuovo sistema monetario che mi permetto di battezzare: Eco Standard.
L’ Eco Standard sarebbe pertanto l’equivalente monetario della capacità ecologica di un Paese, il quale, se volesse aumentare la sua emissione di moneta, potrebbe pensare di inserire una serie di correttivi nella sua capacità ecologica quali, per fare dei semplici esempi:
• Incremento delle superfici dei boschi;
• Politiche di salvaguardia ed incremento della fertilità dei suoli;
• Norme di salvaguardia della salubrità ambientale (acqua, suolo, aria);
• Incentivi fiscali per le imprese che producono in condizioni di maggiore sostenibilità;
• Sistemi di incremento dei modelli produttivi sostenibili;
• Ecc.
Potendo parametrare tali caratteristiche sarebbe ipotizzabile l’uso di indici di correlazione con l’emissione di equivalenti quantitativi di moneta.
L’introduzione dell’Eco Standard salvaguarderebbe il sistema ecologico da quelle speculazione finanziarie che, di fatto, camminando su un piano differente dal modello energetico ed economico naturale, stanno velocizzando una serie di squilibri ambientali e sociali a cui nessuna politica internazionale o nazionale riesce più a porre rimedio.
Basti pensare oramai, al tentativo goffo dell’Unione Europea (e di simili modelli internazionali) di regolamentare i sistemi agroalimentari con l’introduzione di norme, regole, linee finanziarie e politiche surrettizie e fittizie che invece di agevolarli ne stanno decretando un inviluppo ed un declino sempre più pericoloso, sia nei termini gestionali che burocratici.
L’introduzione dell’Eco Standard risolverà gradualmente quel modello fittizio in cui (più o meno) si sono immersi tutti gli Stati moderni che, per poter risolvere l’evidente squilibrio ambientale e sociale generato da un sistema economico finanziario deregolamentato, emanano ogni giorno di più una serie di norme, regole, decreti e dettami senza che la questione possa essere realmente risolta.
L’Eco Standard sarà pertanto il nuovo orizzonte di un modello finanziario umanistico e se la Politica non si occuperà concretamente di tale questione dubito che si possa parlare più di futuro.
Guido Bissanti
Spunti Bibliografici
Bissanti G. (2014) – L’Economia Moderna ed il Doping Finanziario, da “Un Mondo Ecosostenibile):http://www.ecosostenibile.org/doping.html
Borghesi, Simone. Vercelli, Alessandro. La sostenibilità dello sviluppo globale. Roma: Carocci, 2005.
Dasgupta, Parta. Benessere umano e ambiente naturale. Milano: Vita e pensiero, 2004.
Pietro Greco, Lo sviluppo insostenibile: dal vertice di Rio a quello di Johannesburg. Milano: Bruno Mondadori, 2003.
Daly, Herman E. Oltre la crescita: l’economia dello sviluppo sostenibile. Milano: Edizioni di Comunità, 2001.
Serge Latouche, Decolonizzare l’immaginario. Il pensiero creativo contro l’economia dell’assurdo, ed. EMI, 2004.
Khor Martin. Proprietà intellettuale, biodiversità e sviluppo sostenibile. Milano: Baldini Castoldi Dalai, 2004.