Ambiente
Ambiente e Sviluppo Sostenibile
Gli effetti di oltre un cinquantennio di esasperazione delle politiche capitalistiche e consumistiche hanno condotto ai noti fenomeni legati al degrado delle risorse ambientali, alla crisi energetica, agli squilibri sociali, e così via. Dagli anni del dopoguerra ad oggi si è aperta una notevole dialettica sulla questione ambientale e sulla sua collocazione nelle dinamiche delle politiche socioeconomiche mondiali.
Che cosa è l’ambiente? Cosa rappresenta per l’uomo? Perché soffre la presenza dell’uomo? Può la società convivere con esso? Domande come queste possono trovare serie e concrete risposte rivedendo e correlando questioni scientifiche, socioeconomiche, etiche e così via. Trattare di ambiente non è solo una questione “tecnica”, ma argomentare intorno agli stessi perché dell’uomo nel Creato. Comprendendo essi sarà possibile capire i legami che tengono uniti ed inscindibili natura e creatura uomo. La questione ambientale quasi sconosciuta, nei suoi riflessi etici, fino agli inizi degli anni cinquanta dell’ultimo secolo, diviene via, via una delle tematiche che coinvolgono sempre più l’opinione pubblica. Tra queste assume una particolare importanza il sistema tra i sistemi. Il Sistema che garantisce ad ogni forma di vita la possibilità di nascere, crescere e riprodursi. Il sistema che permette all’uomo, creatura sopra le creature, di nascere, crescere e conoscere. Stiamo parlando evidentemente dell’Ecosistema, termine relativamente nuovo è sempre più presente nei nostri giorni, nelle nostre discussioni, nella nostra cultura.
Il termine ecosistema è stato proposto per la prima volta, nel 1935, dall’ecologo inglese Tansley, anche se il concetto d’ecosistema, come idea di un tutt’uno tra organismi ed ambiente, risale ai tempi antichi.
Il fatto che questo termine sia stato coniato solo nel XX secolo dimostra la resistenza che esso ha incontrato per entrare nel gergo scientifico ufficiale.
Le emergenze ambientali, l’inquinamento, la desertificazione ecc. hanno portato all’attenzione generale una sensibilità ambientale mai conosciuta nella storia dell’uomo e con se una evoluzione sociologica del fenomeno che solo la storia futura potrà concretamente valutare.
Il nascere dei movimenti ambientalistici, il proliferare di riviste e pubblicazioni in materia o di discipline “prossime” ad essa sono il sintomo di un profondo bisogno dell’uomo, che trae origine dagli squilibri che l’era consumistica ha prodotto sulle componenti sociali, biologiche, climatiche, del nostro pianeta. Per la prima volta l’uomo si pone di fronte alla necessità di trovare nessi che razionalizzino il suo rapporto con l’ambiente, con la natura.
Dalla nascita del metodo scientifico di Galilei, fatto di misure e numeri, è la prima volta che si pone la necessità di risolvere funzioni più complesse, non più semplici quantità ma qualità complessive, insiemi.
L’introduzione dei termini sviluppo sostenibile (o non sostenibile) hanno trovato larga diffusione e, troppo spesso, scarso contenuto scientifico e tecnico, tali da poter essere compresi da tutti, in pubblicazioni, programmi televisivi, mezzi di diffusioni, discutere comune.
Il concetto di sviluppo, in una lettura più moderna, include nel processo di crescita una serie di categorie non strettamente economiche, quali gli aspetti sociali; abbandonando una visione economicistica, che misurava originariamente lo sviluppo solo attraverso i valori del PIL (Prodotto Interno Lordo) pro capite e poneva l’accento unicamente sul benessere economico dell’uomo.
Il capolinea, non solo nominalistico, del processo è lo sviluppo sostenibile. L’espressione “sviluppo sostenibile” è diventata molto popolare sul finire degli anni ‘80. Nel 1987 infatti è stato pubblicato il Rapporto Brundtland, elaborato nell’ambito delle Nazioni Unite, nel cui volume viene data la prima e fondamentale definizione di sviluppo sostenibile: “Lo sviluppo è sostenibile se soddisfa i bisogni delle generazioni presenti senza compromettere le possibilità per le generazioni future di soddisfare i propri bisogni”.
Tale affermazione di principio, a distanza di oltre dieci anni, è ancora largamente disattesa tanto che si è finito per parlare di crisi ambientale come crisi economica.
Ciò significa che è necessario allargare la nozione di benessere e di sviluppo economico sino a ricomprendere il valore ambientale.
Per inquadrare meglio l’intero problema è necessario comprendere un aspetto di base: il concetto di esternalità. *
Essa può essere positiva se l’attività economica posta in essere da un individuo arreca beneficio (non solo in termini economici ma globali) ad altri soggetti o alla collettività in generale; negativa nel caso opposto. Una ciminiera che inquina, anche se produce reddito all’interno della sua struttura, crea una esternalità negativa a causa dei fumi di scarico.
Per comprendere bene tale concetto è necessario confrontare i benefici privati ed i costi sociali. Per diminuire l’esternalità, per esempio, si potrebbe inserire una tassa che compensi i costi sociali dovuti all’inquinamento, ma sarebbe ancora riduttivo e non sostenibile nel lungo periodo. Le ripercussioni ambientali di questo tipo di economie risentono, oggi, della mancanza di una autorità (o meglio di una cultura) che ponga in essere gli strumenti di controllo o di diminuzione dell’esternalità.
È bene comprendere che il complesso delle attività umane comporta comunque e sempre esternalità (è un principio termodinamico basato sul concetto che non esiste il rendimento unitario e quindi il moto perpetuo).
Nonostante la stipula, dal 1950 ad oggi, di oltre 200 trattati relativi all’ambiente, non è stata risolta ad oggi la questione di un’autorità unica (e quindi soprattutto di una coscienza sociale e politica) che regoli e controlli tali complesse funzioni socioeconomiche. D’altronde per poter comprendere se un paese persegue uno sviluppo sostenibile o meno è necessario apportare delle modifiche alla valutazione delle risultanze di politica economica di un paese.
Tradizionalmente tra gli indicatori della bontà della politica economica di un paese vi è la crescita del PIL: con questo termine si identifica il reddito prodotto da una nazione nel suo complesso, ovvero la somma dei redditi di tutte le imprese, comprese quelle pubbliche. Tale indicatore viene spesso erroneamente scambiato come indicatore di “benessere” senza indicare nulla su come si sia prodotto o dei percorsi utilizzati per produrlo. Tale modo di valutare è palesemente di derivazione materialistica e parziale.
* Parametro di riferimento per definire l’incidenza sul mondo esterno (in termini di efficienza energetica e di sistema) di ogni singola attività o funzione umana.
L’analisi sui modelli socioeconomici del cosiddetto mondo occidentale, elaborata da parecchi Istituti di Ricerca, in tutto il mondo, indica che questi operano con rendimenti bassissimi, con elevata esternalità, operando in pratica con modelli non sostenibili e con risorse spesso non rinnovabili.
Ora la questione ambientale va inquadrata nel senso che l’ambiente, nel contesto del futuro modello, basato sulle risorse rinnovabili, è la struttura su cui si dovranno fondare le politiche dello sviluppo sostenibile, come quelle politiche che utilizzeranno modelli con “motore ad energia rinnovabile”, cioè a maggiore efficienza, o rendimento energetico.
L’avvicinamento ai modelli termodinamici dell’ecosistema è la nuova frontiera che l’umanità dovrà risolvere in questo secolo; sistemi che si basino sulla variabilità e caratteristica funzionale di ogni individuo (componente). Nel secolo trascorso, affermava già A. Einstein, “i beni strumentali che dovrebbero servire a mantenere la vita e la salute di tutti gli esseri umani andrebbero prodotti con la minor fatica possibile per tutti. Il soddisfacimento dei bisogni fisici è di fatto la precondizione indispensabile per una buona esistenza, ma ciò di per sé non è abbastanza. Per essere contenti gli uomini dovrebbero avere anche la possibilità di sviluppare liberamente le proprie facoltà intellettuali e artistiche, nella misura consentita dalle particolari caratteristiche e abilità di ciascuno”.
In questa nuova dimensione, assume quindi, notevole importanza, non solo la capacità umana ad implementare tecnologie che emulino i sistemi termodinamici-energetici, tipici degli ecosistemi, ma anche la capacità della Politica a comprendere l’importanza della pianificazione e della gestione del territorio, come luogo delle risorse culturali e materiali di questo nuovo modello filosofico, energetico e gestionale.
In linea sintetica ciò equivale a dire che: territorio – risorse – pianificazione – gestione e sistemi energetici, sono un’unica cosa nel modello delle politiche di sviluppo sociale ed ambientale del futuro.
Appare evidente che il giudizio sulla bontà delle politiche di un paese dipenderà ovviamente anche dall’utilizzo che questo fa del proprio “capitale naturale”, cioè di quel patrimonio che è il “carburante” del motore ad energia rinnovabile.
Sarà conseguente che, nel conteggio delle efficienze delle politiche economiche, si dovranno introdurre degli algoritmi che, o con il metodo degli indicatori o con quello della contabilità ambientale nazionale, correggano le equazioni del PIL dandogli la vera dimensione o per lo meno una valutazione più vicina alla realtà. Se così, l’impoverimento del capitale ambientale è valutato in termini monetari, si possono detrarre tali valori dal reddito nazionale e calcolare la crescita di questo nuovo aggregato, il Prodotto Interno Netto Ecologico.
Tale correttivo avrà, nel momento in cui verrà metodologicamente definito, l’indubbio valore di condurre la Politica verso un orizzonte concettuale notevolmente differente (più globale) rispetto ai freddi e livellanti sistemi dei modelli finanziari, propri del capitalismo.
Così dal rapporto Brundtland delle Nazioni Unite del 1987 alla Conferenza di Rio de Janeiro del 1992, a Johannesburg del 2002, lo sviluppo sostenibile è divenuto un obiettivo dichiarato delle politiche economiche e ambientali dei vari Paesi e degli accordi internazionali aventi per oggetto materie ambientali.
Ora per implementare modelli di sviluppo “sincroni” con quelli termodinamici dell’ecosistema è necessario emulare sistemi socio-eco-nomici in linea con essi.
La risposta, come al solito è principalmente nel progresso tecnologico, che può consentire di ridurre i coefficienti di sfruttamento (o meglio di utilizzo) dell’ambiente per unità di prodotto o servizio. Pertanto non essendo tale processo ne spontaneo ne automatico è opportuno rimodulare la cultura ed i principi ideologici che stanno alla base delle politiche locali, nazionali ed internazionali.
Per poter quindi affrontare seriamente la questione ambientale è bene centrare innanzitutto questi principi; in definitiva le cause che tengono distanti gli attuali modelli socioeconomici dai principi su cui sono costituiti i modelli termodinamici-energetici, propri della vita.
L’illusione provocata invece da una prospettiva parziale, durata (storicamente) un brevissimo periodo, ha generato quel modello razionale materialista, in cui l’uomo padrone dell’universo, pensava di poter conoscere e percorrere un nuovo sviluppo, una nuova era di progresso materiale a cui l’umanità sembrava destinata per sempre. Questa distorsione della comprensione del ruolo e della posizione dell’uomo nell’Universo ha condotto, e questa è storia recente, ad un sistema industriale, ad un modello di utilizzo delle risorse di questo pianeta legate alle conoscenze acquisite, fino a quel momento, dalla tecnica.
Basti pensare che la grande necessità di energia sotto qualunque forma, non ultima quella delle materie prime, si è basata sul concetto principale delle energie non rinnovabili, su quella aggressione umana alla potenza tangibile della materia.
Energie non rinnovabili che, introdotte nel grande sistema termodinamico, qual è appunto il pianeta terra, hanno provocato uno spostamento degli equilibri verso un “modo” non compatibile con le necessità biologiche e spirituali della creatura uomo. Il grande sistema termodinamico planetario, regolato dalla grande Logica Universale si è trovato, improvvisamente, influenzato dagli effetti di un “piccolo creato” incompatibile, non concentrico, non sintonizzato alle lunghezze d’onda, alle dinamiche di un Dio, ideatore ed impronta del creato.
L’uomo ha ritenuto di poter governare fuori dal Grande Progetto universale; ha potuto constatare, per la prima volta, nella sua storia scientifica, che cosa significa nutrirsi del frutto dell’albero della conoscenza del bene e del male.
Ma chi volesse meglio capire quanto sta succedendo oggi, può proficuamente leggere questa parte del libro della Genesi e dargli forse la più piena e completa lettura fino ad oggi. È opportuno allora riaffermare che: ”tra cause efficienti e finali vi deve essere un’armonia prestabilita”. (Leibniz G. W.).
In definitiva, su quello che era ed è il Grande Progetto della Materia per l’uomo, è venuto ad interferire, in maniera quasi trasversale, un sistema umano incompatibile con gli equilibri del globo terracqueo. Un sistema termodinamico con una diminuita potenza agibile e conseguentemente spirituale della Materia. Un sistema termodinamico che, mal utilizzando le potenzialità della materia, produce purtroppo un Inquinamento Tangibile che conduce ad un Inquinamento Spirituale.
L’errore di fondo di questo cadente modello di sviluppo dell’era industriale è stato quello di non considerare che esiste un legame tra la Potenza Tangibile della materia è la potenza Spirituale della Materia; e che cosa comporta.
Essa è la capacità (la stessa che ha condotto dal Big Bang all’apparizione del primo gesto logico sul pianeta) a partire dalla totopotenzialità della stessa, di operare attraverso una serie di fenomeni fisici e di “assimilazioni” progressive, alla evoluzione ultima che non è materialità, ma intelligenza, cultura, sapienza: qualità non materiali ma sostanza perfetta; sostanza per eccellenza. La Materia, nel suo percorso di ritorno alla Causa Prima, conduce, attraverso la “combustione” di se stessa, alla materia non tangibile, alla “materia” spirituale, non razionalizzabile come in questa tecnica figlia di una scienza zoppa. “Perfezioni delle creature e quelle divine hanno fra loro una certa somiglianza. Per le scienze umane – l’elemento positivo indica quella similitudine che vi è fra Dio e le creature; l’elemento negativo esprime la separazione netta che vi è tra Dio e le creature”. (Leibniz G. W.).
“La Materia sarà per noi dunque, l’insieme delle cose, delle energie, delle creature che ci attorniano, nella misura in cui esse si presentano a noi come percettibili, sensibili, “naturali” (nel senso teologico del termine). Sarà l’ambiente comune, universale, tangibile, infinitamente mobile e vario, in seno al quale siamo immersi.” (Teilhard De Chardin P.).
La materia, per le nozioni derivanti dalla fisica, si organizza poi in sistemi cosiddetti termodinamici, in cui l’unione e l’interazione delle cose, delle creature, producono effetti più elaborati; la materia tende quindi ad interagire, senza averlo fatto però inutilmente (sarebbe illogico ed insensato); questo passaggio da uno stato ad energia potenziale maggiore ad uno minore produce quindi due effetti: da un lato la produzione di una materia più organizzata (prodotto della reazione) utile “all’ambiente”, dall’altro, l’interazione delle sostanze materiali conduce alla produzione di quella grandezza, che rappresenta la quota immolata della materia a servizio della crescita dell’universo tangibile, della natura ed infine per l’uomo: l’entropia.
La Materia paga dunque parte della sua potenzialità iniziale per condurre l’Universo ad un punto finale, in cui esaurita la sua energia Potenziale avrà terminato il compito per cui era stata concepita (progettata) e creata; l’intero Universo è così un sistema termodinamico per eccellenza; tutto quello che avviene al suo interno, la nascita delle stelle, la loro evoluzione, la loro morte, i buchi neri, gli scontri tra galassie, non sono altro che l’insieme di complesse reazioni nucleari e chimiche e di fenomeni fisici che procedono da un punto iniziale ad uno finale. L’Universo rappresenta quindi il serbatoio del carburante, che alimentando l’evoluzione umana porta al suo compimento ultimo.
Tra i due punti (che potremmo estendere dal Big Bang fino alla fine dei tempi, comunque essi siano) intercorre tutta una serie di reazioni chimico-fisiche, di cose e di creature. La Materia viene sacrificata, producendo quella parte di energia il cui Equivalente Termodinamico è la crescita, il cammino dell’uomo verso la sua meta ultima, la soprannaturalizzazione.
Un sistema termodinamico ha una efficienza più elevata e quindi un rendimento maggiore quanto minori sono i sottoprodotti non riutilizzabili, in maniera sintetica: l’entropia.
Possiamo tranquillamente sostenere che nella Logica del progetto universale i modelli funzionali hanno i migliori rendimenti raggiungibili e quindi i valori di entropia prodotta più bassi possibili.
I modelli termodinamici della vita, derivano da un modello funzionale in cui, ogni singolo componente, sia biotico che abiotico, contribuisce ad aumentare l’efficienza del sistema a sfavore della produzione di quella forma di energia “degradata” che si definisce entropia.
In sintesi, possiamo affermare che la vita ha elaborato sistemi con la maggiore efficienza raggiungibile, per cui è consequenziale definire tutti questi modelli ad energia pulita, nell’assioma che (vista la componente entropica dei sistemi termodinamici) non esiste in natura il rendimento uguale ad uno (sarebbe come a dimostrare l’esistenza del moto perpetuo).
Contrapposti a questi modelli, che si fondano su una logica ben definita e sui cui tanto c’è ancora da lavorare per enuclearne i principi conduttori (noi tecnici li possiamo definire procedure), abbiamo assistito ad un modello di sviluppo del sistema socioeconomico, soprattutto dei paesi cosiddetti industrializzati, con sistemi termodinamici a scarsissima efficienza, cioè con modelli sociali conducenti ad elevate quantità di entropia, in definitiva, sistemi ad energia “sporca”; producenti molti sottoprodotti, molte scorie. Sistemi che producendo grandi quantità di scorie materiali hanno ridotto l’energia potenziale e l’energia spirituale da essi ricavabile.
La desertificazione, l’inquinamento in tutte le forme e componenti, il depauperamento delle risorse planetarie, insieme a tutte le emergenze oggi conosciute, sono solo le cause tangibili dell’azione di un uomo figlia di una logica non in linea (e comunque parziale) a quella del Grande Progetto.
La questione ambientale va ricondotta allora alla necessità di reimpostare una filosofia, ancor prima di una cultura ed ancor prima di considerazioni scientifiche e tecniche. Poi potremmo discutere di un nuovo modello di sviluppo socioeconomico che sia concentrico, o se vogliamo, complanare alla Logica del creato.
Dobbiamo comprendere che la materia è stata portata dal Progettista ad una altezza dalla quale dovrà ritornare a Lui; lungo questo percorso, che è un piano inclinato e con quella pendenza ottimale che è il tempo, essa si trasforma; la sua potenzialità viene convertita in energie sempre più basse, energie sempre più immateriali; lungo questo percorso ogni monade, ogni creatura, ogni entità svolge il suo ruolo fino a ricondurre tutto li da dove proviene. Ed allora essa avrà esaurito ogni potenzialità, per quella energia cinetica perpetua che è la realtà immateriale dell’Universo; tutto sarà stato finalizzato, tutto avrà concluso il motivo per cui è.
La grande evoluzione di pensiero degli anni a venire sarà proprio nella scoperta di questi Grandi Principi conduttori e nelle applicazioni ideologiche necessarie a riformulare la politica degli anni futuri.
Ed allora ogni emergenza planetaria avrà un nome ed un cognome; ogni squilibrio sarà decifrato attraverso la comprensione che un materialismo applicato alla natura e all’ambiente emargina ancora di più l’uomo, volendolo fare apparire come creatura cattiva del creato e non creatura per eccellenza.
Diceva a tale proposito Maxwell – “Se arriveremo mai a scoprire le leggi della natura, ciò avverrà attraverso una conoscenza estremamente precisa dei fatti naturali, non già dando una veste filosofica alle vaghe opinioni di persone senza alcuna conoscenza dei fatti che più di tutti gettano luce su queste leggi”.
Guido Bissanti