Mandragora autumnalis
Mandragora autumnalis
La mandragola autunnale (Mandragora autumnalis Bertol., 1820) è una specie erbacea appartenente alla famiglia delle Solanaceae.
Sistematica –
Dal punto di vista sistematico appartiene al Dominio Eukaryota, Regno Plantae, Divisione Magnoliophyta, Classe Magnoliopsida, Ordine Solanales, Famiglia Solanaceae e quindi al Genere Mandragora ed alla Specie M. autumnalis.
Etimologia –
Il termine Mandragora sembra provenire per assonanza dal persiano mandrun-ghia erba-uomo: per la forma delle radici.
L’epiteto specifico autumnalis viene da autumnus autunno: autunnale, dell’autunno.
Distribuzione Geografica ed Habitat –
La mandragola autunnale è una pianta diffusa nella area mediterranea meridionale che va dal Portogallo alla Grecia, presente dalla Sardegna al Nord Africa e al Medio Oriente. In Italia cresce nei campi incolti lungo nelle zone collinari e gli aridi sentieri di montagna esposte al sole.
Il suo habitat è rappresentato dai suoli terreni calcarei e soleggiati.
Descrizione –
La Mandragora autumnalis è una specie erbacea perenne, emicriptofita, acaule che è dotata di una grossa radice a fittone, del caratteristico aspetto antropomorfo.
Le foglie sono di forma ovato-oblunga, corrugate, disposte a formare una rosetta basale al centro della quale, nel periodo autunnale, si forma un ciuffo di fiori peduncolati in gruppi di 5 a 60.
I fiori di colore blu o bianchi sono delle campanule lunghe poco più di 2 cm, con corolla gamopetala che nella parte terminale si suddivide in 5 lobi triangolari con margini lievemente ondulati.
I frutti sono delle bacche di forma tondeggiante uguali a quelle del Solanum capsicastrum, che da verdi quando sono immature virano al colore giallo-rossastro a maturazione fino a diventare nerastre quando seccano. Le bacche maturano in estate e come tutte le altre parti della mandragora emanano un odore sgradevole quasi fetido. Il frutto viene chiamato anche mela del diavolo per la sua elevata tossicità.
All’interno delle bacche troviamo i semi che sono numerosi, piccoli, reniformi e capaci di germinare in tempi molto lunghi.
Coltivazione –
La mandragola autunnale è una pianta che con opportuni accorgimenti si presta facilmente ad essere coltivata in piena terra ed in vaso. La coltivazione in vaso è sconsigliata in quanto lo sviluppo eccessivo della radice circa 150 cm, richiederebbe vasi grandi e molto profondi.
Anche se la mandragora è una pianta velenosa per ingestione, viene comunque coltivata in piena terra come pianta ornamentale perenne e come buon auspicio.
Per la sua coltivazione richiede luoghi luminosi e soleggiati anche se si sviluppa in maniera rigogliosa anche in quelli parzialmente ombreggiati. Non soffre il caldo e non teme il freddo ma mal sopporta le gelate notturne.
Questa pianta predilige terreni calcarei ben drenati. Il substrato di coltivazione adatto deve essere profondo, fertile e ben drenato per consentire il corretto sviluppo della radice che come è noto è lunga circa 150 cm. Non tollera il terreno umido o ghiaioso.
Per quanto riguarda le irrigazioni, anche se è una pianta rustica che si accontenta delle acque piovane, va comunque regolarmente annaffiata durante l’estate e soprattutto nei periodi di prolungata siccità. Un ridotto o scarso apporto di acqua ostacola la ripresa vegetativa della pianta.
Per gli apporti di sostanze fertilizzanti, anche se la mandragora non ha particolari esigenze nutritive, al momento dell’impianto un apporto di stallatico maturo favorisce accrescimento e fioritura.
Per la moltiplicazione si ricorda che questa pianta, in natura, si riproduce spontaneamente per seme.
La semina si effettua comunque nel periodo autunnale stratificando i semi in un vaso contenete un substrato specifico fine e leggero, che va mantenuto umido fino alla comparsa dei germogli. I tempi di germinazione sono piuttosto lunghi (mesi) ma in compenso le giovani piantine potranno essere messe a dimora definitiva senza alcun problema in quanto sono molto resistenti al trapianto.
È opportuno, inoltre, per evitare diffusione di malattie fungine, di recidere le foglie secche e quelle rovinate dalle lumache.
Infine le possibili malattie e parassiti. Generalmente la mandragora è una pianta rustica resistente ai comuni parassiti animali come afidi e cocciniglie ma soffre il marciume delle radici a causa dei ristagni idrici nel terreno. Tra gli animali terricoli è appetita dalle lumache che in breve tempo erodono la rosetta di foglie fino a lasciare a nudo il corto caule.
Usi e Tradizioni –
La Mandragora autumnalis è una pianta che ha un singolare comportamento vegetativo. In estate la pianta scompare dal terreno andando in letargo e diventando ipogea, ma sotto lo strato della terra è perfettamente viva. Rispunta in autunno dando spettacolo di sé nella stagione fredda.
È una pianta conosciuta da epoche remote tanto da essere citata anche nella Bibbia nel libro della Genesi: Rachele richiese a Lia la radice di mandragora per ottenere la fecondità.
Per la sua particolare forma questa pianta, è chiamata con nomi diversi: mela del Diavolo, Vecchietto barbuto, Vecchia signora e semi-homo.
Gli antichi Greci chiamavano la radice di Mandragola anthropomorphon per il suo aspetto antropomorfo che assume biforcandosi e ramificandosi ed erano capaci addirittura di poterne distinguere il sesso: mandragora maschio con radice bianca, grossa e carnosa e mandragora femmina con radice più piccola e nerastra.
Anticamente la radice della Mandragora, che era considerata magica per la sua caratteristica forma antropomorfa, veniva custodita avvolta in un panno rosso in un luogo nascosto per poi essere utilizzata per vari scopi quali: proteggere la salute del possessore, vincere e gettare il malocchio, avere o togliere fortuna e ricchezza, favorire la fertilità, stimolare l’amore, vincere le calamità e la morte.
Secondo antiche leggende, coloro che incautamente estirpavano la pianta dal proprio terreno cadevano in disgrazia ed erano maledetti a vita. In molti casi il veleno che fuoriusciva con l’eradicazione portava alla pazzia e alla morte.
Sempre nel passato la mandragora veniva usata come pianta allucinogena ed afrodisiaca. Inoltre era sfruttata da streghe come ingrediente principale di diverse pozioni magiche e per riti wodoo.
È stata probabilmente la conformazione antropomorfa delle sue radici che ha contribuito a far attribuire alla mandragola poteri sovrannaturali in molte tradizioni popolari.
In ogni caso la mandragora è una pianta tossica che contiene alcuni alcaloidi la cui azione è simile a quella dell’atropina e, pertanto, non va coltivata nei luoghi frequentati da bambini piccoli che per semplice curiosità potrebbero essere invogliati ad ingoiare le bacche colorate. L’ingestione potrebbe far aumentare le pulsazioni cardiache, produrre effetti di eccitazione psicomotoria e psichica, allucinazioni, manifestazioni di riso convulso e stati deliranti.
Pur essendo velenosa la mandragora viene ancora oggi utilizzata nella medicina tradizionale come blando anestetico. La medicina omeopatica, con le droghe estratte dalla radice ed opportunamente dosate, cura le malattie dell’apparato respiratorio, l’epilessia, la depressione, l’insonnia e l’incontinenza urinaria.
Modalità di Preparazione –
Secondo antichi documenti e prescrizioni coloro che devono cogliere quest’erba stanno attenti a non avere il vento contrario e tracciano prima, tutto intorno, 3 cerchi con la spada, poi la dissotterrano guardando verso occidente. Il succo si ricava sia dai frutti sia dal gambo, dopo che si è tagliata la cima, sia dalla radice, aperta praticandovi dei forellini o fatta cuocere. Quest’ultima è utilizzabile anche nella sua parte legnosa; inoltre la si conserva nel vino tagliata a dischetti. Il succo non si trova dappertutto; comunque, là dove possibile, lo si raccoglie nel periodo della vendemmia. Il suo odore è forte, ma è più forte l’odore che emana dalla radice e dal frutto del tipo bianco. I frutti maturi si fanno seccare all’ombra. Il succo che ne esce si fa condensare al sole, come pure quello della radice pestata o cotto nel vino nero fino a ridurla a un terzo. Le foglie vengono conservate in salamoia e ciò aumenta l’efficacia; diversamente, il succo delle piante fresche è come un veleno; e anche con questo sistema di conservazione le sostanze dannose producono pesantezza di testa persino solo attraverso l’olfatto. Benché in alcune zone si mangino i frutti di questa pianta, coloro che non ne sono informati perdono la parola a causa dell’odore troppo forte; arrivano anche a morire se ne prendono una quantità maggiore in pozione. Il potere soporifero di quest’erba è in rapporto alla robustezza fisica di coloro che la bevono: la quantità media di una pozione è di un solo ciato. Viene bevuta anche contro i serpenti e prima di taglie e di bucature, come anestetico: per questo uso è sufficiente ad alcuni odorarla per addormentarsi. La si beve anche in sostituzione dell’elleboro, nel vino melato, in dosi di 2 oboli (ma è più efficace l’elleboro), per procurare il vomito e per far espellere la bile nera”.
È evidente che al giorno d’oggi l’uso di questa pianta va seguito da attente prescrizioni e valutazioni di ordine medico.
Guido Bissanti
Fonti
– Acta Plantarum – Flora delle Regioni italiane.
– Wikipedia, l’enciclopedia libera.
– Treben M., 2000. La Salute dalla Farmacia del Signore, Consigli ed esperienze con le erbe medicinali, Ennsthaler Editore
– Pignatti S., 1982. Flora d’Italia, Edagricole, Bologna.
– Conti F., Abbate G., Alessandrini A., Blasi C. (a cura di), 2005. An annotated checklist of the Italian vascular flora, Palombi Editore.
Attenzione: Le applicazioni farmaceutiche e gli usi alimurgici sono indicati a mero scopo informativo, non rappresentano in alcun modo prescrizione di tipo medico; si declina pertanto ogni responsabilità sul loro utilizzo a scopo curativo, estetico o alimentare.