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Elba

Elba

L’Isola d’Elba è la più grande delle isole dell’Arcipelago toscano, con i suoi 223 km² la terza più grande d’Italia, dopo Sicilia e Sardegna.

Etimologia –
Il termine Elba deriva dai nomi Aithàle, Aithàleia e Aithalìa che erano i tre epiteti con cui gli antichi greci indicavano l’isola. Tutti e tre derivano dal termine greco aithàle che significa “fuliggine” forse in riferimento al ferro di cui il sottosuolo elbano era particolarmente ricco e che veniva estratto già in quell’epoca.

Caratteristiche Geografiche –
L’Elba, unitamente alle altre isole dell’arcipelago che sono: Pianosa, Capraia, Gorgona, Montecristo, Giglio e Giannutri, fa parte del Parco nazionale dell’Arcipelago Toscano ed è suddivisa 8 comuni, che sono:
– Portoferraio;
– Campo nell’Elba;
– Capoliveri;
– Porto Azzurro;
– Marciana;
– Marciana Marina;
– Rio Marina;
– Rio Nell’Elba.
Questi Comuni fanno a loro parte della Provincia di Livorno.
L’isola si trova tra il canale di Piombino a est, a circa 10 chilometri dalla costa, il mar Tirreno a sud e il canale di Corsica a ovest.
Le coste settentrionali sono bagnate dal mar Ligure, quelle orientali dal canale di Piombino, quelle meridionali dal mar Tirreno e quelle occidentali dal canale di Corsica. Il terreno è molto vario, e diviso in più parti a seconda della sua conformazione e dell’era geologica in cui si è formato:
L’isola d’Elba è ricca di promontori composti da montagne e colline, le sue aree pianeggianti maggiori sono situate tra Procchio e Marina di Campo dove è situato anche l’aeroporto dell’Elba e la piana di Mola situato sotto la collina di Capoliveri.
Il versante occidentale è dominato dalla dorsale granodioritica del Monte Capanne con i suoi 1019 metri s.l.m., creatasi circa 11 milioni di anni fa. In questo versante si può ammirare la Costa del Sole, un meraviglioso tratto costiero tra i più belli in Italia e molto frequentato dai turisti, che dalla località di Colle Palombaia si allunga lungo il tratto costiero dell’Elba sud occidentale per circa 10 km fino a raggiungere la località di Colle d’Orano nel comune di Marciana.
Sul versante est dell’Elba è situata la parte più antica risalente a circa 400 milioni di anni fa, caratterizzata da un’area collinare in cui si trovano anche i giacimenti di ferro famosi dell’Elba. Questa è la zona mineraria dell’Elba studiata dai geologi di tutto il mondo.

Note Storiche –
Anche se l’Elba è più famosa per le vicende legate a Napoleone la storia di quest’isola non si limita solo ai dieci mesi dell’Imperatore Francese ma parte da molto lontano.
Le prime tracce si hanno nel Paleolitico medio e superiore come testimoniano i reperti che si trovano nel Museo archeologico di Marciana, assieme a materiali provenienti dal sepolcreto eneolitico di S.Giuseppe e dai villaggi subappenninici della montagna marcianese, come ci racconta il Dott. Umberto Gentini, ex Direttore dell’Azienda di Promozione Turistica dell’Arcipelago toscano.
Secondo poi le narrazioni mitologiche è a Porto Argon, l’odierna Capo Bianco, che Giasone fece tappa durante l’avventurosa ricerca del Vello d’oro e, come rivela Virgilio nell’Eneide, dallo stesso porto salparono trecento giovani elbani per portare aiuto al “Pio Enea” nella dura lotta contro i Rutuli. Per gli Etruschi, l’Elba costituì una inesauribile fonte di ricchezza: già nel VIII secolo a.C. sfruttavano le miniere ed esportavano il ferro in tutto il bacino del Mediterraneo, ricavandone enormi ricchezze.
In questo periodo sorsero così i forni, che giorno e notte fondevano i minerali con alti bagliori e, come narra Aristotele, dettero origine al nome Aethalia, scintilla, attribuito all’Elba dai navigatori greci. Dei cinque secoli di dominazione etrusca rimangono diverse necropoli, alcuni resti di forni fusori e numerosi “villaggi d’altura”, inseriti in scenografie inimitabili.
Dal declino della potenza etrusca, i Romani ereditarono l’industria siderurgica, ma valorizzarono anche i giacimenti di granito e scoprirono i fanghi curativi delle Terme di San Giovanni, le bellezze del paesaggio ed i vini eccellenti.
“L’Isola del vino buono”, diceva Plinio il Vecchio. Ecco quindi che fiorì un intenso traffico di navi cariche di anfore: molte sono conservate nei Musei Archeologici di Portoferraio e Marciana, e, insieme a sorprendenti reperti restituiti dal mare, raccontano tutta la storia della navigazione antica. Nei golfi più suggestivi sorsero le grandiose ville patrizie della Linguella, delle Grotte e di Capo Castello, oggi come allora luoghi di letizia.
Nel Medioevo fu la Repubblica Marinara di Pisa a sfruttare le miniere di ferro e il granito dell’Elba: la maggior parte delle colonne che impreziosiscono Piazza dei Miracoli sono state modellate dai valenti scalpellini di San Piero. Del periodo pisano rimangono numerose testimonianze: le raffinate chiese romaniche e la torre di San Giovanni in Campo, costruita su un enorme masso di granito, ma soprattutto la possente “Fortezza” di Marciana ed il maniero del Volterraio, sentinella dei monti e dei mari.
Nel 1548 fu la volta dei Medici a dare un particolare impulso a quest’isola: Cosimo I realizzò la città fortificata di Portoferraio, vero gioiello di urbanistica militare. Era così perfetta l’armonia tra mare, terra ed opere architettoniche che la nuova città fu chiamata Cosmopoli, “culla della civiltà e della cultura, esempio di equilibrio e razionalità”.
Subito dopo gli Spagnoli si insediarono a Porto Azzurro e costruirono l’imponente Forte San Giacomo, che oggi ospita la Casa di pena, ma anche diverse cappelle ed il suggestivo Santuario di Monserrato, incastonato su una cupa montagna “dolomitica”.
Successivamente, e siamo già nel XVIII secolo, l’Elba fu contesa da Austriaci, Tedeschi, Inglesi e Francesi, con frenetiche trattative diplomatiche o accanite battaglie, finché fu assegnata in “piena proprietà e sovranità” a Napoleone Bonaparte che, in dieci mesi di governo, lasciò impronte significative: costruì strade, riorganizzò l’economia mineraria, incrementò la produzione e l’esportazione del vino.
Da un’antica chiesa sconsacrata, ricavò un grazioso teatro che, restituito all’antico splendore da un sapiente restauro, è oggi sede di importanti rassegne culturali.
Al suo rientro in Francia, per i fatidici cento giorni, Napoleone lasciò due residenze, divenute Musei Nazionali e frequentate ogni anno da migliaia di visitatori.

Ecosistema –
L’ecosistema dell’Isola d’Elba è influenzato, oltre che dalla sua insularità da un clima che presenta prevalentemente caratteristiche mediterranee, fatta eccezione per il Monte Capanne dove gli inverni tendono ad essere moderatamente freddi. Le precipitazioni sono concentrate nel periodo autunnale e risultano essere abbastanza contenute. Il vento più frequente risulta essere lo scirocco caratterizzato da un elevato tasso di umidità. Relativamente frequenti sono le trombe marine. La neve compare regolarmente sui rilievi del Monte Capanne dalla fine di dicembre alla metà di marzo.
Queste peculiarità climatiche oltre a quelle orografiche determinano la presenza di una fauna e flora di tutto rilievo e diversificazione.

Flora –
Come detto il clima mediterraneo e l’insularità sono gli elementi principali che influenzano la flora dell’Elba. La formazione vegetale è costituita dalla macchia mediterranea. Della vegetazione originaria, composta un tempo da grandi foreste di leccio, sopravvivono oggi boschi cedui; notevole è la sporadica presenza della palma nana in alcune stazioni (Monte Grosso e Portoferraio). La complessa natura del territorio nelle varie altitudini ha favorito la presenza, nel circondario occidentale dominato dal Monte Capanne, di boschi di castagno documentati dal Medioevo, insieme alla presenza di tasso (Le Calanche, Monte Corto e Monte di Cote), agrifoglio (localmente detto caracuto e presente in piccole stazioni nelle vallate di Poggio e Marciana), ginepro rosso, ontano nero, ontano napoletano (Monte Giove e Fosso dei Melocci), carpino nero, cerro, roverella, salice di Gallura (Le Calanche e Monte Giove), ornello, biancospino (Le Calanche, Monte di Cote, Fosso dell’Acquitella), pero corvino (La Galera), pervinca minore, felce reale, giglio rosso, giglio stella (La Tabella), narciso, anemone, Gagea granatellii, Ornithogalum umbellatum, Cephalanthera longifolia, Romulea ramiflora, Tulipa sylvestris australis, orchidee e alcuni endemismi (Viola corsica ssp. ilvensis, Crocus ilvensis, Centaurea ilvensis, Biscutella pichiana ssp. ilvensis). Lungo i fossi, pendenti dagli alberi di ontano nero, si trovano grosse liane di Clematis vitalba, localmente note come torchiaie. Da segnalare la recente scoperta, alle pendici del Monte Corto, dell’unica stazione di Polygonatum odoratum presente nell’Arcipelago Toscano. In ambiente montano (Monte di Cote) e marittimo (presso La Cala a Marciana Marina) è presente la rarissima felce tirrenica (Dryopteris tyrrhena).
Nella zona centrale (Monte San Martino e Monte Orello) è notevole la presenza del carpino nero, insieme all’unica stazione elbana di ferula (San Giovanni).
L’area orientale dell’isola è invece contraddistinta da alcune essenze vegetali che invece mancano quasi del tutto nell’Elba occidentale, tra cui l’endemica Centaurea aplolepa var. aethaliae, l’anemone stellato, l’ampelodesmo e l’asfodelo. Nell’area umida di Mola, presso Porto Azzurro, è degna di nota la presenza dell’iris acquatico. Sulle rupi marittime del Monte Grosso si trovano due delle tre stazioni elbane di palma nana.
Di notevole rilievo è inoltre la popolazione micologica che tra le specie più comuni annovera: Boletus edulis (selvo), Boletus aereus (moreccio), Boletus regius (porciano), Leccinum lepidum (lecciotto), Amanita caesarea (cocco), Macrolepiota procera (bubbola), Clitocybe nebularis (cemballo), Clitocybe infundibuliformis (cembalella), Hygrophorus russula (lecciaiola), Lactarius deliciosus (barghigiana), Cantharellus cibarius (gallastruzzo) e Lepista nuda (mortellazzo).

Fauna –
Anche la fauna, al pari della biodiversità floristica, mantiene ancora un buon livello di densità anche se minacciata da alcune pratiche agricole intensive, dall’uso di pesticidi e dall’eccesiva presenza turistica.
Per quanto riguarda l’avifauna molti esemplari appartengono a sottospecie insulari del Sistema Sardo-Còrso. Annoveriamo specie quali il gabbiano còrso, il corvo imperiale, l’aquila del Bonelli, l’aquila minore, il capovaccaio (oggi estinto ma attestato nel 1839), la poiana sarda, il gheppio, il grillaio, il biancone, il falco della regina, il falco pecchiaiolo, la taccola, l’assiolo, il barbagianni, la civetta, l’allocco, il gufo comune, il gufo di palude, il rondone, il rondone pallido, il venturone còrso, il passero solitario, la magnanina sarda, il sordone, il beccofrusone, il crociere comune, il fiorrancino, il picchio muraiolo, lo zigolo nero, il cardellino sardo, il torcicollo, il picchio muratore, la pernice rossa, il martin pescatore, l’upupa, l’uccello delle tempeste, la berta minore, la sula, il marangone dal ciuffo, l’airone cenerino, l’airone rosso, la garzetta; secondo alcuni studi, all’Elba esisterebbe una probabile sottospecie endemica di verzellino. Notevole importanza riveste la cattura presso Marciana (2 novembre 1901) dell’unico esemplare di tordo di Baird rinvenuto in Italia. Gli uccelli elbani furono oggetto di studio da parte di numerosi ornitologi quali Ettore Arrigoni degli Oddi, Giacomo Damiani, Giovanbattista Toscanelli, Edgardo Moltoni e nel 1897 venne fondata la Collezione Ornitologica Elbana costituita da circa 900 esemplari impagliati, con sede nella Villa di San Martino presso Portoferraio. Tra gli anfibi, la raganella sarda, il discoglosso sardo, il rospo, il rospo smeraldino. Tra i rettili la vipera, la biscia dal collare, il biacco, il colubro, il geco, la luscengola.
Per quanto riguarda i rettili marini va segnalata la presenza della Caretta caretta. I mammiferi terrestri sono quelli tipici dell’ambiente mediterraneo, come il riccio, la martora, la lepre, il mustiolo e la crocidura minore; nei castagneti del Monte Capanne si trova il ghiro. Interessante è la presenza di una sottospecie endemica di topo selvatico (Apodemus sylvaticus ssp. ilvanus). In alcune rupi costiere (Monte Grosso, Monte Calamita, Colle Palombaia) e dell’entroterra (Santuario della Madonna di Monserrato) si riscontrano esemplari inselvatichiti di capra. Dopo l’estinzione del cinghiale maremmano avvenuta intorno al 1802, dal 1963 è stato introdotto, per scopi venatori, il cinghiale centroeuropeo, specie che si è riprodotta a dismisura causando seri danni all’ecosistema elbano; la prima coppia di cinghiali, proveniente da Grosseto, fu rilasciata nella Valle di San Martino, presso Portoferraio. Altra immissione per scopi venatori, avvenuta nel 1976, è stata quella del muflone, anch’esso oggi in sovrannumero sul Massiccio del Monte Capanne. Le essenze vegetali più colpite dai cinghiali e dai mufloni risultano essere il giglio rosso, il pungitopo, il giglio stella, il ciclamino. Tra i mammiferi marini si riscontra la balenottera comune, la balenottera minore, il capodoglio, l’orca, il grampo, il tursiope, la stenella, il delfino comune. Non più presente è la foca monaca. I pesci sono ben rappresentati. Tra essi si ricordano il pesce luna, il notidano grigio, lo spinarolo, lo squalo volpe, il cetorino, lo squalo bianco (detto tacca di fondo), lo smeriglio, il gattuccio, il palombo, la verdesca, il trigone, la torpedine, la cernia, il barracuda, la ricciola, il tonno, la palamita, la corvina, la leccia. Tra i celenterati si trova il corallo rosso e la Cladocora caespitosa. Tra gli insetti, la farfalla endemica Coenonynpha elbana e la cicala (sporadica e presente soprattutto nell’estremo versante occidentale, tra Colle d’Orano e Pomonte).

Azioni di Salvaguardia Ambientale –
Per evitare una ulteriore diminuzione di alcune specie faunistiche ma anche di molte floristiche andrebbe avviato un programma specifico di rimodulazione delle pratiche agricole, verso l’agroecologia, privilegiando la coltivazione delle varietà autoctone e modelli colturali altamente consociati e con rotazioni ottimali.
Inoltre nel 1950 la Cassa per il Mezzogiorno iniziò un’imponente opera di rimboschimento a conifere su tutta l’isola, in particolare sul Monte Orello (ottobre 1950), sul Monte Perone (aprile 1951) – dove erano stati iniziati nel 1935 – e sul Monte Calamita (marzo 1953), per un totale di 500.000 piante su 1500 ettari. Le specie di conifere utilizzate furono soprattutto Pinus pinaster e Pinus pinea, seguite in minor misura da Pinus radiata e Pinus canariensis. In un isolato settore montano (Le Calanche, Monte Tiratoio e Malpasso) furono impiantati nell’autunno 1954 esemplari di Pinus nigra provenienti dalla Corsica. Altri alberi utilizzati nei rimboschimenti furono Acacia pycnantha, Acacia saligna e Acacia mollissima.
Diciamo che questa tecnica di rimboschimento, con la scelta di alcune specie, non è oggi più proponibile dovendo andare a recuperare gli originari habitat e quindi le specie autoctone.

Guido Bissanti




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