Risorsa Acqua
Risorsa Acqua
L’acqua è il simbolo della vita, della purezza.
Ad essa sono state associate immagini, letteratura, simbolismi. È forse il simbolo della vita però quello che oggi riveste un maggior significato. Senza di essa ogni ipotesi di nascita, crescita e sviluppo può essere vanificata.
Sappiamo che la risorsa acqua è sicuramente un fattore limitante dello sviluppo. Anche quando sono disponibili mano d’opera, capitale, terra, minerali, risorse naturali, la scarsità di acqua impedisce una vita decente e moderna, attività agricole, manifatturiere, turismo, tutto.
Sappiamo che il 71% della superficie terrestre è ricoperta di acqua e circa il 98% del volume totale si trova negli oceani e nei mari ed è troppo salato per poter essere utilizzato per l’agricoltura o per usi domestici e industriali. Solo il 2,5% è costituito da acqua dolce, ma la maggior parte di questa (l’87% circa) è concentrata nei ghiacciai, nell’atmosfera o a grandi profondità ed è quindi difficilmente utilizzabile. Le fonti principali di approvvigionamento sono i fiumi, i laghi e le falde acquifere dove si raccoglie la quantità d’acqua che si rende disponibile per l’uso attraverso il ciclo idrologico.
Oggi uno dei fattori di maggiore interesse sociopolitico è legato alla questione che l’acqua non è solo poca, è anche distribuita in modo ineguale sulla superficie terrestre. La maggior parte di essa è concentrata in alcuni bacini della Siberia, nella regione dei Grandi Laghi in Nord America, nei laghi Tanganika, Vittoria, Malawi in Africa, mentre il 27% è costituita dai cinque più grandi sistemi fluviali: il Rio delle Amazzoni, il Gange con il Bramaputra, il Congo, lo Yangtze e l’Orinco.
Oggi la crisi della risorsa idrica è stata aggravata dall’interazione dinamica di molti processi sia a livello locale che a livello globale: fattori ambientali (cambiamenti climatici, desertificazione, scomparsa delle zone umide-tampone); fattori economici (le sorti dell’industria agro alimentare, la globalizzazione degli scambi, il bisogno crescente di energia); processi sociali (migrazioni, urbanizzazione, crescita demografica, epidemie); processi culturali (riconversione dei sistemi rurali ed urbani).
Seconda una indagine della World Bank, 80 paesi (con il 40% della popolazione mondiale) hanno difficoltà di approvvigionamento e le loro risorse idriche non hanno quei requisiti di qualità che dovrebbero tutelare la salute.
L’eccessivo sfruttamento economico del suolo – distruzione di boschi, agricoltura intensiva, uso dei pesticidi, eccessiva edificazione – provoca alterazioni e squilibri nel ciclo dell’acqua: diminuiscono le precipitazioni e aumenta la richiesta di acqua per l’irrigazione e per le città. Sta aumentando il bisogno di estrarre più acqua dal sottosuolo, di “importare” acqua da zone lontane, sottraendola ad altre comunità e ad altri usi. Contestualmente le attività umane stanno generando crescenti quantità di scorie e rifiuti che vengono immessi nei fiumi e nei laghi e che peggiorano la qualità delle acque contenute nelle riserve da cui vengono estratte quantità sempre crescenti. Questo processo è una delle forme di differente democrazia tra alcune comunità umane nei confronti dell’uso dell’acqua: più domanda, peggioramento della qualità, meno acqua disponibile, più richiesta di ulteriore acqua sottratta ad altri.
L’acqua delle falde alimenta circa 1/3 della popolazione mondiale. Essa è la principale fonte di approvvigionamento rurale in gran parte del mondo e subirà un incremento dello sfruttamento nei prossimi trent’anni.
La maggior parte del consumo di acqua si concentra nel settore agricolo (73,5% delle disponibilità). Il 23% viene utilizzato dell’industria e dal settore energetico e solo il 3,5% è destinato a usi domestici.
In agricoltura, nonostante l’alto consumo, l’acqua produce meno del 5% del prodotto interno lordo per Israele e Turchia e meno del 10% per Giordania e Libano; in Cisgiordania e in Siria rappresenta circa il 20% e nella fascia di Gaza il 40%.
L’agricoltura inoltre è anche quella che ha la minor efficienza di utilizzazione. Su scala mondiale l’efficienza dei sistemi irrigui è stimata pari ad appena il 40%.
L’inefficienza irrigua così è legata soprattutto a questioni tecniche, di trasporto e distribuzione a livello aziendale e cattiva manutenzione delle strutture irrigue.
Negli ultimi 40 anni la superficie irrigua del mondo è aumentata al ritmo di 2,7% l’anno. Da sottolineare il dato che della superficie irrigua totale il 73% ricade nei paesi in via di sviluppo. Al contrario, i due terzi delle aree attrezzate con sistemi di drenaggio e opere di difesa dalle inondazioni ricadono nei paesi sviluppati.
Soprattutto nelle regioni aride e semi-aride, l’uso improprio dell’acqua e le cattive gestioni dei sistemi irrigui stanno conducendo alla diminuzione di terreni produttivi a causa di ristagni idrici o dei problemi di salinità o sodicità. La salinizzazione secondaria dei suoli con cattivo drenaggio è un’evenienza abbastanza frequente nelle aree con forte evaporazione. Si considera che il 20% dei 250 milioni di ettari irrigati nel mondo siano oggetto di salinizzazione, con la conseguente riduzione della produzione.
Questo fenomeno, ancora poco attenzionato, creerà anche in Italia, soprattutto in alcune regioni del sud, notevoli problemi alle economie e conseguentemente ai sistemi sociali collegati a queste. Gli effetti conseguenti saranno quelli di variazioni generali dei sistemi socioeconomici ma anche di nuovi flussi migratori.
Negli studi sull’acqua spesso si tralascia il termine “acqua virtuale” che invece incide molto sul computo finale dell’utilizzo delle risorse idriche, come nelle regioni del Medio Oriente. Per “acqua virtuale” si intendono le derrate alimentari importate per il fabbisogno dell’economia nazionale. Oggi servono 1000 mc d’acqua per produrre una tonnellata di grano, inoltre è molto più semplice trasportare una tonnellata di grano che 1000 mc di acqua. In sostanza “l’acqua virtuale” serve a bilanciare il deficit idrico di uno stato.
È nota la strettissima relazione tra il gap idrico di una nazione e il gap alimentare.
Purtroppo, anche nel nostro paese, c’è la tendenza, dal punto di vista politico, di trattare i problemi legati all’acqua e i problemi alimentari come indipendenti. È invece evidente che questi problemi sono legati tra loro: dato il ruolo fondamentale dell’acqua nella produzione alimentare, sarà solo una questione di tempo se il problema della scarsità idrica si ridurrà in scarsità di cibo.
La disponibilità media pro capite d’acqua è diminuita notevolmente nel periodo 1950-90 per l’aumento della popolazione. Nel 1950 20 milioni di persone erano prive di acqua potabile; nel 1995 ammontavano già a 300 milioni. Un uomo su cinque non dispone di acqua da bere e uno su due vive in ambienti privi di sistemi igienico sanitari sufficienti. Le risorse d’acqua potabile del pianeta si stanno esaurendo.
Le stime più attendibili ci dicono che la domanda d’acqua raddoppierà negli anni che vanno fino al 2025 e crescerà a tassi doppi rispetto alla popolazione per cui 2/3 della popolazione mondiale saranno colpiti da scarsità d’acqua.
Le previsioni per il 2025, evidenziate dai forum mondiali sull’acqua (Marrakech, 21-23 marzo 1997 e Aya 17- 22 marzo 2000) denotano numerosi fattori limitanti all’uso di tale risorsa. Infatti la popolazione mondiale crescerà di 2,6 miliardi, passando da 5,7 a 8,3 miliardi. La popolazione dei paesi in via di sviluppo si concentrerà nelle città passando dal 37% al 56%, richiedendo nuove strutture e nuove risorse dedicate. Con l’aumentare dei bisogni aumentano i prelievi dalle risorse disponibili: all’inizio di questo secolo il prelievo complessivo era di 500 kmc l’anno, nel 2000 è di 5000 kmc l’anno.
Per nutrire tutti, si stima necessario aumentare dal 50 al 100% la disponibilità d’acqua per irrigare.
I fattori che maggiormente contribuiscono a spiegare la forte crescita dei consumi idrici mondiali sono la crescita demografica e soprattutto l’espansione dell’agricoltura irrigua.
Se non si inverte il modello di Sviluppo (verso un principio di sostenibilità di lungo periodo) la scarsità d’acqua può diventare un fattore limitante dello sviluppo. È evidente la necessità di coinvolgere il mondo della ricerca e della politica ad individuare nuovi modelli gestionali e quindi nuovi sforzi un questa direzione.
A livello mondiale le risorse idriche sono abbondanti, è a livello locale che le offerte naturali sono molto variabili, incerte e sempre più limitate.
È comunque il livello locale che oggi deve subire le maggiori trasformazioni, soprattutto di natura tecnica e concettuale al reperimento e all’utilizzo di questa preziosissima risorsa.
Negli anni trascorsi i progetti orientati a creare un’offerta d’acqua sono stati la risposta più ovvia ai bisogni idrici cercando di anticipare l’incremento della domanda. Negli ultimi anni però, si sono riscontrati forti ostacoli. L’idea di aumentare l’offerta per far fronte all’incremento della domanda non è più considerata una soluzione, soprattutto per l’aumento vertiginoso dei costi di costruzione e per la diminuita efficienza di trasformazione nel settore agricolo, (diminuzione del prezzo dei cereali) ma anche per via degli aspetti ambientali e sociali e per l’uso inefficiente che se ne fa.
Oggi vi è la tendenza a considerare la risorsa acqua come un bene economico. Il passaggio però ad un sistema di mercato mondiale dell’acqua comporterebbe una ulteriore perdita di sovranità dello Stato nazionale e dei popoli ponendo la sopravvivenza di molti nelle mani di pochi.
È evidente come queste valutazioni siano già una realtà, quasi da subire, per i paesi in via di sviluppo mentre appare esagerata per i paesi occidentali.
È abbastanza evidente come il controllo delle risorse idriche significa il controllo dei popoli (un po’ come oggi avviene per le risorse petrolifere). C’è già chi prospetta una borsa internazionale dell’acqua che regoli, da un lato le risorse e dall’altro gli scambi, che siano diretti o virtuali. In questo modo si eviterebbero conflitti tra gli Stati, già ampiamente annunciati, per l’appropriazione delle risorse. Tutto questo però muterebbe il concetto di sovranità da parte degli Stati.
L’attuale sistema socioeconomico porterà ad un ulteriore incremento degli utilizzi d’acqua.
L’Unido (United Nations Industrial Development Organization) ha previsto, per i prossimi anni, il raddoppio degli impieghi industriali e la quadruplicazione dell’inquinamento.
È proprio il fattore inquinamento l’altro grosso problema che si sta presentando nel reperimento e nella gestione delle risorse idriche.
L’inquinamento è generato in particolare dalle attività agricole e forestali, dalle discariche urbane, dal trasporto e dall’edilizia e risente comunque notevolmente di un sistema tecnico scientifico non più adeguato alle nuove esigenze dello Sviluppo Sostenibile.
La diffusione sul territorio di sostanze contaminanti si ripercuote soprattutto sulle acque sotterranee, che si arricchiscono progressivamente di sali, pesticidi ed elementi tossici assorbiti dal terreno; la contaminazione delle falde dovuta a nitrati di origine agricola è una delle preoccupazioni ambientali, soprattutto dove è più diffusa l’agricoltura irrigua. Bisogna sottolineare che il danneggiamento delle falde non viene soltanto dagli inquinamenti di origine agricola, ma anche dallo sfruttamento eccessivo dei pozzi che provoca l’abbassamento del livello della falda e la conseguente intrusione di acqua marina, con effetti rovinosi sulla qualità dell’acqua e successivamente dei terreni (fenomeno che genera la desertificazione).
Si stima che nei Paesi in via di sviluppo (Pvs) il 90% delle acque reflue sia scaricato nei corsi d’acqua senza trattamento. Molti corpi idrici in prossimità dei centri urbani sono stati contaminati ed il loro uso è compromesso. Inoltre, la metà dell’acqua distribuita nei Pvs va persa per inefficienza e danni alla rete. Le stime sono dell’ordine del 50%.
L’Organizzazione mondiale della sanità ha calcolato che ogni anno muoiono circa 5 milioni di persone per malattie dovute all’assunzione di acqua contaminata (ogni giorno muoiono 6.000 bambini).
È evidente quanta attenzione va oggi posta nel reperimento e nella gestione delle risorse idriche.
Questo documento lo vogliamo portare all’attenzione del mondo scientifico ma anche a quello politico.
Siamo convinti che la soluzione di questo problema, come di tutti quelli legati alle questioni ambientali risieda i una visione diversa di gestire le cose del mondo.
Il mondo occidentale dopo aver esportato sistemi e modelli consumistici deve iniziare a “produrre” e quindi esportare modelli scientifici, tecnici e politici globalmente nuovi.
Modelli che “rispettino” ed emulino gli stessi principi su cui si basano i Sistemi naturali ed ambientali.
Scienza, Ricerca e Politica devono fare molta strada, ma non c’è molto tempo.
Sappiamo che il 71% della superficie terrestre è ricoperta di acqua e circa il 98% del volume totale si trova negli oceani e nei mari ed è troppo salato per poter essere utilizzato per l’agricoltura o per usi domestici e industriali. Solo il 2,5% è costituito da acqua dolce, ma la maggior parte di questa (l’87% circa) è concentrata nei ghiacciai, nell’atmosfera o a grandi profondità ed è quindi difficilmente utilizzabile. Le fonti principali di approvvigionamento sono i fiumi, i laghi e le falde acquifere dove si raccoglie la quantità d’acqua che si rende disponibile per l’uso attraverso il ciclo idrologico.
Oggi uno dei fattori di maggiore interesse sociopolitico è legato alla questione che l’acqua non è solo poca, è anche distribuita in modo ineguale sulla superficie terrestre. La maggior parte di essa è concentrata in alcuni bacini della Siberia, nella regione dei Grandi Laghi in Nord America, nei laghi Tanganika, Vittoria, Malawi in Africa, mentre il 27% è costituita dai cinque più grandi sistemi fluviali: il Rio delle Amazzoni, il Gange con il Bramaputra, il Congo, lo Yangtze e l’Orinco.
Oggi la crisi della risorsa idrica è stata aggravata dall’interazione dinamica di molti processi sia a livello locale che a livello globale: fattori ambientali (cambiamenti climatici, desertificazione, scomparsa delle zone umide-tampone); fattori economici (le sorti dell’industria agro alimentare, la globalizzazione degli scambi, il bisogno crescente di energia); processi sociali (migrazioni, urbanizzazione, crescita demografica, epidemie); processi culturali (riconversione dei sistemi rurali ed urbani).
Seconda una indagine della World Bank, 80 paesi (con il 40% della popolazione mondiale) hanno difficoltà di approvvigionamento e le loro risorse idriche non hanno quei requisiti di qualità che dovrebbero tutelare la salute.
L’eccessivo sfruttamento economico del suolo – distruzione di boschi, agricoltura intensiva, uso dei pesticidi, eccessiva edificazione – provoca alterazioni e squilibri nel ciclo dell’acqua: diminuiscono le precipitazioni e aumenta la richiesta di acqua per l’irrigazione e per le città. Sta aumentando il bisogno di estrarre più acqua dal sottosuolo, di “importare” acqua da zone lontane, sottraendola ad altre comunità e ad altri usi. Contestualmente le attività umane stanno generando crescenti quantità di scorie e rifiuti che vengono immessi nei fiumi e nei laghi e che peggiorano la qualità delle acque contenute nelle riserve da cui vengono estratte quantità sempre crescenti. Questo processo è una delle forme di differente democrazia tra alcune comunità umane nei confronti dell’uso dell’acqua: più domanda, peggioramento della qualità, meno acqua disponibile, più richiesta di ulteriore acqua sottratta ad altri.
L’acqua delle falde alimenta circa 1/3 della popolazione mondiale. Essa è la principale fonte di approvvigionamento rurale in gran parte del mondo e subirà un incremento dello sfruttamento nei prossimi trent’anni.
La maggior parte del consumo di acqua si concentra nel settore agricolo (73,5% delle disponibilità). Il 23% viene utilizzato dell’industria e dal settore energetico e solo il 3,5% è destinato a usi domestici.
In agricoltura, nonostante l’alto consumo, l’acqua produce meno del 5% del prodotto interno lordo per Israele e Turchia e meno del 10% per Giordania e Libano; in Cisgiordania e in Siria rappresenta circa il 20% e nella fascia di Gaza il 40%.
L’agricoltura inoltre è anche quella che ha la minor efficienza di utilizzazione. Su scala mondiale l’efficienza dei sistemi irrigui è stimata pari ad appena il 40%.
L’inefficienza irrigua così è legata soprattutto a questioni tecniche, di trasporto e distribuzione a livello aziendale e cattiva manutenzione delle strutture irrigue.
Negli ultimi 40 anni la superficie irrigua del mondo è aumentata al ritmo di 2,7% l’anno. Da sottolineare il dato che della superficie irrigua totale il 73% ricade nei paesi in via di sviluppo. Al contrario, i due terzi delle aree attrezzate con sistemi di drenaggio e opere di difesa dalle inondazioni ricadono nei paesi sviluppati.
Soprattutto nelle regioni aride e semi-aride, l’uso improprio dell’acqua e le cattive gestioni dei sistemi irrigui stanno conducendo alla diminuzione di terreni produttivi a causa di ristagni idrici o dei problemi di salinità o sodicità. La salinizzazione secondaria dei suoli con cattivo drenaggio è un’evenienza abbastanza frequente nelle aree con forte evaporazione. Si considera che il 20% dei 250 milioni di ettari irrigati nel mondo siano oggetto di salinizzazione, con la conseguente riduzione della produzione.
Questo fenomeno, ancora poco attenzionato, creerà anche in Italia, soprattutto in alcune regioni del sud, notevoli problemi alle economie e conseguentemente ai sistemi sociali collegati a queste. Gli effetti conseguenti saranno quelli di variazioni generali dei sistemi socioeconomici ma anche di nuovi flussi migratori.
Negli studi sull’acqua spesso si tralascia il termine “acqua virtuale” che invece incide molto sul computo finale dell’utilizzo delle risorse idriche, come nelle regioni del Medio Oriente. Per “acqua virtuale” si intendono le derrate alimentari importate per il fabbisogno dell’economia nazionale. Oggi servono 1000 mc d’acqua per produrre una tonnellata di grano, inoltre è molto più semplice trasportare una tonnellata di grano che 1000 mc di acqua. In sostanza “l’acqua virtuale” serve a bilanciare il deficit idrico di uno stato.
È nota la strettissima relazione tra il gap idrico di una nazione e il gap alimentare.
Purtroppo, anche nel nostro paese, c’è la tendenza, dal punto di vista politico, di trattare i problemi legati all’acqua e i problemi alimentari come indipendenti. È invece evidente che questi problemi sono legati tra loro: dato il ruolo fondamentale dell’acqua nella produzione alimentare, sarà solo una questione di tempo se il problema della scarsità idrica si ridurrà in scarsità di cibo.
La disponibilità media pro capite d’acqua è diminuita notevolmente nel periodo 1950-90 per l’aumento della popolazione. Nel 1950 20 milioni di persone erano prive di acqua potabile; nel 1995 ammontavano già a 300 milioni. Un uomo su cinque non dispone di acqua da bere e uno su due vive in ambienti privi di sistemi igienico sanitari sufficienti. Le risorse d’acqua potabile del pianeta si stanno esaurendo.
Le stime più attendibili ci dicono che la domanda d’acqua raddoppierà negli anni che vanno fino al 2025 e crescerà a tassi doppi rispetto alla popolazione per cui 2/3 della popolazione mondiale saranno colpiti da scarsità d’acqua.
Le previsioni per il 2025, evidenziate dai forum mondiali sull’acqua (Marrakech, 21-23 marzo 1997 e Aya 17- 22 marzo 2000) denotano numerosi fattori limitanti all’uso di tale risorsa. Infatti la popolazione mondiale crescerà di 2,6 miliardi, passando da 5,7 a 8,3 miliardi. La popolazione dei paesi in via di sviluppo si concentrerà nelle città passando dal 37% al 56%, richiedendo nuove strutture e nuove risorse dedicate. Con l’aumentare dei bisogni aumentano i prelievi dalle risorse disponibili: all’inizio di questo secolo il prelievo complessivo era di 500 kmc l’anno, nel 2000 è di 5000 kmc l’anno.
Per nutrire tutti, si stima necessario aumentare dal 50 al 100% la disponibilità d’acqua per irrigare.
I fattori che maggiormente contribuiscono a spiegare la forte crescita dei consumi idrici mondiali sono la crescita demografica e soprattutto l’espansione dell’agricoltura irrigua.
Se non si inverte il modello di Sviluppo (verso un principio di sostenibilità di lungo periodo) la scarsità d’acqua può diventare un fattore limitante dello sviluppo. È evidente la necessità di coinvolgere il mondo della ricerca e della politica ad individuare nuovi modelli gestionali e quindi nuovi sforzi un questa direzione.
A livello mondiale le risorse idriche sono abbondanti, è a livello locale che le offerte naturali sono molto variabili, incerte e sempre più limitate.
È comunque il livello locale che oggi deve subire le maggiori trasformazioni, soprattutto di natura tecnica e concettuale al reperimento e all’utilizzo di questa preziosissima risorsa.
Negli anni trascorsi i progetti orientati a creare un’offerta d’acqua sono stati la risposta più ovvia ai bisogni idrici cercando di anticipare l’incremento della domanda. Negli ultimi anni però, si sono riscontrati forti ostacoli. L’idea di aumentare l’offerta per far fronte all’incremento della domanda non è più considerata una soluzione, soprattutto per l’aumento vertiginoso dei costi di costruzione e per la diminuita efficienza di trasformazione nel settore agricolo, (diminuzione del prezzo dei cereali) ma anche per via degli aspetti ambientali e sociali e per l’uso inefficiente che se ne fa.
Oggi vi è la tendenza a considerare la risorsa acqua come un bene economico. Il passaggio però ad un sistema di mercato mondiale dell’acqua comporterebbe una ulteriore perdita di sovranità dello Stato nazionale e dei popoli ponendo la sopravvivenza di molti nelle mani di pochi.
È evidente come queste valutazioni siano già una realtà, quasi da subire, per i paesi in via di sviluppo mentre appare esagerata per i paesi occidentali.
È abbastanza evidente come il controllo delle risorse idriche significa il controllo dei popoli (un po’ come oggi avviene per le risorse petrolifere). C’è già chi prospetta una borsa internazionale dell’acqua che regoli, da un lato le risorse e dall’altro gli scambi, che siano diretti o virtuali. In questo modo si eviterebbero conflitti tra gli Stati, già ampiamente annunciati, per l’appropriazione delle risorse. Tutto questo però muterebbe il concetto di sovranità da parte degli Stati.
L’attuale sistema socioeconomico porterà ad un ulteriore incremento degli utilizzi d’acqua.
L’Unido (United Nations Industrial Development Organization) ha previsto, per i prossimi anni, il raddoppio degli impieghi industriali e la quadruplicazione dell’inquinamento.
È proprio il fattore inquinamento l’altro grosso problema che si sta presentando nel reperimento e nella gestione delle risorse idriche.
L’inquinamento è generato in particolare dalle attività agricole e forestali, dalle discariche urbane, dal trasporto e dall’edilizia e risente comunque notevolmente di un sistema tecnico scientifico non più adeguato alle nuove esigenze dello Sviluppo Sostenibile.
La diffusione sul territorio di sostanze contaminanti si ripercuote soprattutto sulle acque sotterranee, che si arricchiscono progressivamente di sali, pesticidi ed elementi tossici assorbiti dal terreno; la contaminazione delle falde dovuta a nitrati di origine agricola è una delle preoccupazioni ambientali, soprattutto dove è più diffusa l’agricoltura irrigua. Bisogna sottolineare che il danneggiamento delle falde non viene soltanto dagli inquinamenti di origine agricola, ma anche dallo sfruttamento eccessivo dei pozzi che provoca l’abbassamento del livello della falda e la conseguente intrusione di acqua marina, con effetti rovinosi sulla qualità dell’acqua e successivamente dei terreni (fenomeno che genera la desertificazione).
Si stima che nei Paesi in via di sviluppo (Pvs) il 90% delle acque reflue sia scaricato nei corsi d’acqua senza trattamento. Molti corpi idrici in prossimità dei centri urbani sono stati contaminati ed il loro uso è compromesso. Inoltre, la metà dell’acqua distribuita nei Pvs va persa per inefficienza e danni alla rete. Le stime sono dell’ordine del 50%.
L’Organizzazione mondiale della sanità ha calcolato che ogni anno muoiono circa 5 milioni di persone per malattie dovute all’assunzione di acqua contaminata (ogni giorno muoiono 6.000 bambini).
È evidente quanta attenzione va oggi posta nel reperimento e nella gestione delle risorse idriche.
Questo documento lo vogliamo portare all’attenzione del mondo scientifico ma anche a quello politico.
Siamo convinti che la soluzione di questo problema, come di tutti quelli legati alle questioni ambientali risieda i una visione diversa di gestire le cose del mondo.
Il mondo occidentale dopo aver esportato sistemi e modelli consumistici deve iniziare a “produrre” e quindi esportare modelli scientifici, tecnici e politici globalmente nuovi.
Modelli che “rispettino” ed emulino gli stessi principi su cui si basano i Sistemi naturali ed ambientali.
Scienza, Ricerca e Politica devono fare molta strada, ma non c’è molto tempo.
Guido Bissanti