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Il futuro dell’agricoltura

Il futuro dell’agricoltura

Dal 2020 a tutt’oggi un gruppo di ricercatori costituito dal sottoscritto (ex UNIPA), da Giovanni Dara Guccione (CREA), Barbara Manachini (UNIPA), Paola Quatrini (UNIPA) e Alberto Sturla (CREA) hanno lavorato incessantemente su un testo di agroecologia (che sarà nelle librerie a partire dall’autunno del 2024), composto da circa 500 pagine, corredato da immagini, esempi concreti, prove di pieno campo, esperienze, ecc.
A questo gruppo si è aggiunto anche il climatologo e divulgatore scientifico italiano Luca Mercalli che, con la sua pregevole prefazione, ha analizzato in prospettiva la visione agroecologica con le sue connessioni tra umanità e natura.
Il libro è supportato da una nutrita bibliografia di quasi 600 ricerche e pubblicazioni consultate in tutto il mondo.
Un lavoro impegnativo, certosino, che spazia dalla visione energetico-ecologica degli ecosistemi naturali ed agrari, fino alle implicazioni di natura quantitativa e qualitativa ed alle sostanziali differenze tra agricoltura convenzionale ed agroecologia ed alle necessarie politiche mondiali per promuovere quella che la stessa FAO, auspica come “necessaria transizione”.
Per la prima volta viene fornita una visione d’insieme tra le scoperte delle scienze termodinamiche e quantistiche, che sondano la complessità della nostra realtà, ed i legami con la complessità dei sistemi ecologici, sviscerando una logica inequivocabile che indica quali debbano essere i conseguenti comportamenti da adottare.
Entrando nello specifico dei fatti agrari emerge che negli ultimi decenni della storia umana abbiamo prodotto cibo ed altri servizi con grande dispendio di energie e, quindi con bassa efficienza energetica e produttiva, andando a contraddire la credenza comune (scientificamente errata) che l’agricoltura specializzata è quella che produce di più e può sfamare il mondo. Niente di più errato da un punto di vista scientifico, tecnico ed etico.
La Scienza ci dice tutto il contrario.
Ci dice che serve una transizione verso modelli di organizzazione della società (e quindi dell’agricoltura) completamente diversi dove la “coltivazione” della biodiversità e della complementarietà va a contrapporsi con le regole antieconomiche ed antiecologiche del liberismo e del capitalismo.
Emerge che la Natura non funziona così e che le sue regole, fondate sulle leggi della fisica, sono universali, valgono per tutti gli esseri viventi, specie umana compresa. Nemmeno l’economia può alienarsi da esse.
In un progredire di informazioni che, dalle più teoriche danno via via forma a quelle più applicative si giunge così alle tecniche da implementare per dimostrare, infine, come la crescita economica infinita (sia a livello di piccola azienda che di macrosistema) non è solo economicamente insostenibile, ma anche fisicamente impossibile. Ovviamente esiste una strada alternativa, che di fatto è scritta da sempre nei Codici della Natura.
Il testo, infatti, affrontando la divergenza e la dicotomia tra la complessità degli ecosistemi naturali e della relativa semplicità dei sistemi agricoli odierni (spesso monocolturali) evidenzia, con dati inequivocabili, una serie di questioni:
1. L’agricoltura odierna (diciamo quella post Rivoluzione Verde) ha una bassa efficienza produttiva se, relazionata, alla produttività dei sistemi naturali e (in campo agricolo) agroecologici;
2. Le tecniche agricole attuali sono energeticamente poco efficienti ed ecologicamente impattanti (perdita progressiva di fertilità, di biodiversità, ecc.);
3. Queste tecniche richiedono, in maniera crescente (proprio perché fuori dai codici della natura) un uso sempre più intenso di input esterni (erbicidi, fertilizzanti di sintesi, ecc.) che, guarda caso, sono propinati dalle multinazionali come fattori fondamentali per le rese agricole.
4. Gli effetti degli attuali ordinamenti produttivi e dell’organizzazione della GDO hanno reso il reddito degli agricoltori sempre più basso (che oramai non riescono a sostenersi nemmeno con gli aiuti PAC);
5. Ovunque dove sono state implementate visioni (e quindi ricerche e tecniche agroecologiche) si sta assistendo ad una ripresa graduale ma costante degli effetti benefici sugli ecosistemi umani (reddittività, migliori condizioni di vita e di lavoro, minor necessità di input esterni, come concimi, diserbanti, ecc.) e sugli ecosistemi naturali (miglioramento della fertilità dei suoli, aumento della biodiversità coltivata e naturale, qualità del suolo, dell’acqua e dell’aria, ecc.)
6. Ecc.
Ovviamente le circa 500 pagine contengono molti elementi scientifici, tecnici, etici, esperienze concrete di aziende che hanno effettuato la transizione agroecologica da anni, e le necessarie politiche nazionali ed internazionali che dovranno essere implementate per consentirla.
Un vero e proprio manuale tecnico-culturale che, una volta finito di leggere, cambia completamente il nostro approccio e la nostra visione sulle cose agrarie (e non solo).
Emerge che c’è già un percorso che si sta evolvendo tra le macerie di un vetusto modo di intendere all’economia ed alla giustizia sociale ma che servono strumenti etici, scientifici, tecnici e sociali completamente differenti da quelli che abbiamo condotto negli ultimi decenni.
Per dirla come A. Einstein “Non possiamo risolvere i problemi con lo stesso tipo di pensiero che abbiamo usato quando li abbiamo creati.” Questo vale, ovviamente, anche per i tempi e le modalità per effettuare questo cambiamento. Dobbiamo rientrare nei ritmi della Natura.

Guido Bissanti




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