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Il Ritmo della natura

Il Ritmo della natura

L’attuale crisi sociale, ecologica ed energetica è, certamente, uno degli eventi storici più determinanti della storia umana e, per la prima volta, dell’intero pianeta.
Quella che alcuni geologici hanno battezzato come antropocene è forse una delle ere più complesse dell’intera storia planetaria. Sicuramente non la più complessa dal punto di vista degli stravolgimenti geologici veri e propri ma sicuramente la più articolata per le connessioni ecologiche e sociali.
Ricordiamo che il termine antropocene è stato coniato dal biologo e premio Nobel olandese Paul Crutzen. Crutzen ha introdotto il termine all’inizio degli anni 2000 per descrivere una nuova era geologica caratterizzata dall’impatto significativo delle attività umane sul pianeta. Secondo Crutzen, le attività umane sono diventate una forza geologica dominante, capace di alterare profondamente i processi naturali della Terra, come il clima, la biodiversità e la composizione chimica dell’atmosfera e degli oceani.
Eppure pochi riflettono che tale crisi è il frutto, tra le varie componenti, di un alterato ritmo umano rispetto all’orologio della Natura.
Per oltre due secoli, a partire dalla prima rivoluzione industriale, è stata convinzione (e lo è purtroppo ancora per molti) che per avviare un’era di benessere e soddisfazione delle necessità personali bisognava aumentare la produttività, la creazione di beni materiali, cibo, servizi, ecc.
Tuttavia le conseguenze di questa recente (storicamente) accelerazione dei “ritmi” ha provocato gli effetti che l’intero pianeta (con tutto ciò che contiene) sta vivendo.
Le analisi sul merito delle cause coinvolge l’intero ambito sociale, politico e scientifico.
Ovviamente le soluzioni sono spesso e purtroppo legate a particolari interessi di parte; così dal settore agroalimentare a quello energetico (per citare i più determinanti) si rivendicano soluzioni più disparate: dalle tecnologie innovative, alla genetica, all’informatica, all’intelligenza artificiale e così via.
In un’epoca, ancora inopportunamente materialistica, si stenta a far comprendere, soprattutto ad economisti e politici, ma anche a cittadini comuni, che bisogna guardare da un’altra parte. Una parte che è legata all’erroneo ritmo con cui la nostra civiltà affronta gli eventi della propria vita.
Un Krónos con cui cadenziamo dei ritmi molto diversi da quelli in cui la Natura si muove e progredisce.
Questa discordanza genera una diversità delle forme e sostanze, che compongono gli ecosistemi sociali, molto distante da quelli ecologici. Una divergenza, sufficiente a compromettere la necessaria unità tra i due sistemi che, di fatto, non possono essere disgiunti.
Spesso non riflettiamo, tra l’altro, che il trascorrere del tempo (il Krónos) è una dimensione derivata e non assoluta e, senza scomodare A. Eintsein, con la sua teoria della relatività, è noto, anche sperimentalmente, come un cronometro meccanico sia uno strumento che è valido solo nelle condizioni di entropia e velocità a cui ci muoviamo nelle condizioni ordinarie della nostra vita.
Fuori da questi contesti il pulsare del tempo cambia, la dimensione spaziotemporale si dilata o si contrae.
In questa nuova visione, spazio e tempo non sono parametri assoluti ma relativi, essendo condizionati da vari fattori come la velocità con cui un soggetto si muove e dalla capacità della coscienza di interagire con la materia.
Allo stesso modo la percezione spaziotemporale non è uguale per tutti gli esseri viventi.
Basti pensare alla vita di un colibrì che, mediamente può vivere 4 anni, e a quella di un essere umano che, in media, si aggira intorno ai 73 anni.
In questo caso, per la percezione che hanno i due esseri viventi, vive più l’uomo o il colibrì? bella domanda e risposta ancora più complicata. Tuttavia è possibile che la percezione sia identica; insomma non è il Krónos che ci da la lunghezza assoluta ma, scomodando anche questa volta gli antichi greci, l’αἰών (aiṓn), in questo caso riferito alla durata della vita di un essere o, meglio ancora al καιρός (kairos), cioè alla qualità della stessa.
Allo stesso modo la vita di alcuni insetti (come la Dolania americana) può essere di pochi minuti ma, per questi, il ticchettio del loro orologio cosmico non funziona come per noi.
Solo in una condizione al di fuori dello spaziotempo il tempo stesso perde significato; vale per tutti il famoso passo della Bibbia: “Davanti al Signore un solo giorno è come mille anni e mille anni come un solo giorno” (2 Pietro 3,8). In una realtà al di fuori i tempi sono perfetti: mai in anticipo, mai in ritardo.
Nella nostra realtà possiamo affermare che, in generale, qualunque infrazione ai ritmi della Natura genera degrado, perdita di informazione ed energia, proprio perché i ritmi della Natura sono inscindibilmente legati alle leggi della Fisica che non possono essere né aggirate né ignorate.
Non si può andare contro i principi della termodinamica senza infrangere anche quelli dell’economia, della società e della Politica.
Non si può far oscillare il proprio orologio cosmico ad una velocità superiore a quella che ci “è stata assegnata”, questo perché compromettiamo il delicato equilibrio dell’entropia e, con essa, lo spazio tempo che ci è “stato assegnato”.
La morale della favola è che l’imperativo su cui si fonda la moderna società dei consumi, del capitalismo, della concorrenza e della velocizzazione dei ritmi, non risponde a nessun criterio di efficienza. Si tratta di un teorema deragliato dal binario dell’efficienza cosmica, l’unica in grado di dare vero benessere alla Vita dei suoi abitanti.
Stiamo generando entropia a dismisura, logorando materia e carburante (come succede ad un normale motore a scoppio se lo portiamo fuori giri), perdendo efficienza, creando povertà e sofferenza.
Una ideologia politica, a dir poco, scellerata, a cui dobbiamo porre i correttivi prima che sia troppo tardi.
Come diceva lo scrittore Capra F., nel suo libro del 1996, dal titolo: La rete della vita, “la nostra sopravvivenza dipenderà dal nostro grado di competenza ecologica, dalla nostra capacità di comprendere i principi dell’ecologia e di vivere in conformità con essi”.
È solo in questa direzione che possiamo costruire cultura sociale ed ideologie politiche; tutto il resto è un antico retaggio di un mondo che non potrà mai esistere e che ha già creato tanta povertà e dolore.

Guido Bissanti




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