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La tutela della Biodiversità siciliana

La tutela della Biodiversità siciliana

La Sicilia è un territorio di grande interesse naturalistico, un vero hotspot di biodiversità.
Basti pensare che per tutelarla con la Rete Natura 2000 sono stati costituiti ben 245 siti che tutelano oltre 470mila ettari, pari al 18% della sua superficie terrestre dell’isola ed una superficie marina ancora più vasta (oltre 650mila ettari) intorno alle piccole isole che circondano l’isola e nei tratti costieri più integri intorno alla Sicilia stessa.
Un patrimonio che tuttavia è sempre più minacciato dall’azione antropica non attentamente pianificata e regolata, nel generale disinteresse della cittadinanza e delle Istituzioni, la cui lentezza ad agire determina spesso alcune criticità.
Inoltre la carenza di competenze dei professionisti del settore (Agronomi e Forestali, Naturalisti, Biologi, Ingegneri ambientali, Geologi, ecc.) nelle Pubbliche Amministrazioni dell’isola creano molte disfunzioni anche di indirizzo politico a quelle che dovrebbero essere le corrette pianificazioni e soluzioni.
Così, fenomeni come la desertificazione, perdita di biodiversità, gestione delle risorse naturali (come la tutela e salvaguardia dei corsi d’acqua, delle aree naturalistiche, ecc.) vengono spesso affrontati spesso con scelte tecniche erronee.
Non mancano tuttavia casi di buona gestione e tutela delle aree naturalistiche, molte delle quali sono ricadenti all’interno di riserve naturali e parchi regionali.
È proprio l’enorme biodiversità della Sicilia a pretendere un diverso modo di gestione e tutela e, con esso, quindi, un cambio sostanziale delle politiche siciliane e delle sue strutture amministrative e scientifiche.
Nonostante gli sforzi effettuati da Università siciliane, dall’ISPRA, dall’ARPA e dal programma LIFE dell’Unione Europea, per citarne alcuni, che promuovono e conducono progetti di monitoraggio delle specie, ripristino degli habitat e conservazione della fauna e della flora, la tutela di questo ingente patrimonio, anche in termini di PIL collegato, sono altamente carenti e, soprattutto non coordinati da un progetto politico chiaro e da amministrazioni ben connesse e supportate.
Tornando alla biodiversità della Sicilia, basti pensare che l’isola possiede una percentuale elevata di quella Europea, soprattutto se correlata all’estensione dell’isola rispetto all’intero continente.
Studi di merito ci dicono che in Sicilia la fauna è stimata in oltre 58.000 specie, di cui circa 55.000 di Invertebrati (95%), 1.812 di Protozoi (3%) e 1.265 di Vertebrati (2%), con un’incidenza complessiva di specie endemiche pari a circa il 30%.
La flora è stimata invece in 3.252 taxa specifici e infraspecifici, nativi, avventizi e naturalizzati, suddivisi in 880 generi e 134 famiglie. Dunque, nonostante la forte antropizzazione e il degrado degli ecosistemi naturali, la flora sicula si presenta ancora sorprendentemente ricca grazie alla notevole varietà di ambienti, bioclimi, tipologie di suoli e rocce, configurazioni orografiche, ecc.
Passando dalla biodiversità naturale a quella agricola il discorso si fa anche più serio e complesso. Da decenni si assiste ad una erosione pericolosa della biodiversità che arriva poi sulle nostre tavole, coinvolgendo negativamente non solo la biodiversità agricola ma anche quella alimentare, con effetti negativi sulle nostre diete e sulla nostra salute.
Eppure lo slogan che più si sente recitare da più parti è quello di eccellenze dei prodotti agricoli siciliani, senza mai collegarlo alla qualità globale dei prodotti agricoli con gli ecosistemi naturali e sociali; questione che sa di greenwashing allo stesso modo di come si fa con la parola sostenibile in ambito ecologico.
In tal senso pur se la Sicilia ha emanato nel 2021 una legge per la tutela della biodiversità naturale ed agricola siciliana (L.R. 21 del 29 luglio del 2021, inerente “Disposizioni in materia di agroecologia, di tutela della biodiversità e dei prodotti agricoli siciliani e di innovazione tecnologica in agricoltura.”) ad oggi, sempre in tema di inefficienza della politica, non sono stati emanati i decreti attuativi.
Eppure i siciliani e la Sicilia ne trarrebbero grandi vantaggi, non solo in termini esclusivamente numerici di recupero di una ingente biodiversità, sapientemente selezionata dai contadini in centinaia di anni di osservazione, cura e selezione, ma anche in termini di vantaggio dell’offerta di prodotti non presenti spesso in nessun altro territorio all’infuori dell’Isola e quindi, proprio per la legge della domanda e dell’offerta, molto più vantaggiosi economicamente.
Così la programmazione del PSP 2023-2027, cioè del Piano strategico della PAC (Politica Agricola Comune), non potrà sfruttare i vantaggi legati a questa legge (che prevede una premialità per le aziende agroecologiche, e quindi anche più biodiverse), vanificando lo sforzo UE verso una transizione ecologica e chiamando in causa anche la Corte dei Conti europea.
Nel dettaglio, In Europa (e quindi anche in Sicilia) si osserva un sensibile declino del numero e della varietà di specie animali presenti nei terreni agricoli, la “cosiddetta biodiversità nei terreni agricoli”.
La Corte nella programmazione passata ha esaminato se la politica agricola dell’UE abbia contribuito a mantenere e a rafforzare la biodiversità nei terreni agricoli.
Visti i risultati insufficienti ed inefficaci la Corte UE ha raccomandato alla Commissione di migliorare la concezione della futura strategia sulla biodiversità, potenziare il contributo fornito alla biodiversità dai pagamenti diretti e dall’azione per lo sviluppo rurale, consentire una più precisa tracciabilità delle spese connesse alla biodiversità ed elaborare indicatori affidabili, idonei a monitorare i progressi conseguiti in materia di biodiversità nei terreni agricoli.
Purtroppo la struttura dell’attuale PSP e dei relativi bandi già emanati in Sicilia, omettono questo importante criterio, disattendono (pur affermando il contrario, visto che nella parte finale citano la conformità degli stessi alla normativa regionale) il fondamentale principio di efficienza ecologica della spesa dell’UE (per cui ben presto ci aspettano rilievi e norme di infrazione).
Insomma un papocchio politico frutto di una improvvisazione così elevata che non esiste in nessun altro ambito umano. Pensate se nel calcio, nella musica o nelle professioni (per citare alcuni settori più noti) vigesse il criterio di comunque e chiunque; quindi non sulla base di competenze ma su quella di “prescelti”. Ed i risultati sono sotto gli occhi di tutti.
Così riprendendo, per concludere, il delicato problema della tutela della biodiversità siciliana, come detto hotspot all’interno dell’Europa, serve una politica che faccia dell’Ecologia Integrale la sua ideologia conducente, senza andare a rispolverare vecchi, ed oramai improponibili, sigle partitiche, ideologie del passato ed anacronistiche visioni dei tempi che furono. La storia va in una sola direzione.
Una direzione che ci indica che, solo salvaguardando il nostro ingente patrimonio naturalistico, possiamo dare un reale benessere ai suoi cittadini ed alle generazioni future.
L’intera politica (se trovate le eccezioni segnalatele) ne esce pesantemente bocciata.

Guido Bissanti




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