Pangium edule
Pangium edule
Il pangio (Pangium edule Reinw. 1828) è una specie arborea appartenente alla famiglia delle Flacourtiaceae.
Sistematica –
Dal punto di vista sistematico appartiene al:
Dominio Eukaryota,
Regno Plantae,
Sottoregno Tracheobionta,
Superdivisione Spermatophyta,
Divisione Magnoliophyta,
Classe Magnoliopsida,
Ordine Violales,
Famiglia Flacourtiaceae,
Genere Pangium,
Specie P. edule.
Sono sinonimi i termini:
– Hydnocarpus edulis (Reinw.) Peterm.;
– Hydnocarpus polyandrus Blanco;
– Pangium ceramense Teijsm. & Binn.;
– Pangium ceramense Teijsm. & Binn. ex Slooten;
– Pangium naumannii Warb.;
– Pangium rumphii Voigt.
Etimologia –
Il termine Pangium deriva da uno dei nomi locali, “pangi”, che è usato in Malaysia.
L’epiteto specifico edule proviene dal latino “edulis, e”, cioè edule, in riferimento ai semi.
Distribuzione Geografica ed Habitat –
Il Pangium edule è una pianta diffusa in Indonesia e Nuova Guinea ed è l’unica specie nota del genere Pangium.
La pianta è originaria delle paludi di mangrovie del sud-est asiatico, di un’area che comprende: Filippine, Indonesia, Malaysia, Micronesia (Yap), Papua Nuova Guinea e Vanuatu.
Il suo habitat è quello delle foreste pluviali e lungo le rive dei corsi d’acqua, dal livello del mare, a ridosso delle mangrovie, fino a circa 1000 m di altitudine.
Descrizione –
Il Pangium edule è un albero sempreverde che cresce fino a circa 40 m di altezza, negli esemplari più vecchi in natura e con una chioma ampia, aperta e allargata che può raggiungere i 50 metri di diametro.
Il tronco è fino a 1 m di diametro; ha la corteccia grigio bruna, leggermente fessurata longitudinalmente.
Le foglie sono portate da un picciolo lungo 15 cm; sono disposte a spirale, cordato-ovate o subrotonde con apice appuntito e margine intero, lunghe 15-40 cm e larghe 10-25 cm, di colore verde intenso lucido.
Si tratta di una pianta poligamo-dioica, con infiorescenze maschili e femminili su individui diversi, ma con infiorescenze maschili che possono avere uno o due fiori ermafroditi.
I fiori maschili sono riuniti in racemi ascellari con calice costituito da 2-3 sepali concavi, coriacei e ricoperti da una peluria rossiccia, corolla con 5-7 petali oblungo-ovati, lunghi circa 2 cm, di colore verdastro, e 20-25 stami.
I fiori femminili si trovano su un peduncolo lungo 7-8 cm, solitamente solitari, ascellari, pressoché uguali ai maschili, ma con stami sterili.
I frutti sono delle capsule indeiscenti di forma da ovoidi a piriformi, lunghe 15- 28 cm, ricoperte da una densa peluria bruna contenenti numerosi semi pressoché ovoidi, di circa 5 cm di lunghezza e 2,5 cm di diametro, ricoperti da un arillo carnoso bianco crema, altamente velenosi.
Coltivazione –
Il Pangium edule è un grande albero sempreverde multiuso molto importante nell’economia locale dei popoli più tradizionali, anche se meno utilizzato in molte società moderne. Sebbene siano tossici crudi, i semi di questa pianta vengono comunemente raccolti in natura e utilizzati come cibo dalle popolazioni locali.
L’albero è spesso piantato anche nei villaggi mentre i semi vengono venduti nei mercati locali.
È una pianta coltivabile esclusivamente nelle regioni tropicali e subtropicali con elevata piovosità annua, richiede pieno sole, tranne nelle fasi iniziali di crescita quando è sensibile all’eccessiva insolazione, e suoli drenanti, da leggermente acidi a neutri, mantenuti pressoché costantemente umidi. Altrove può essere coltivata in capienti contenitori, per essere riparata in serre o giardini di inverno particolarmente luminosi, con temperature minime invernali non inferiori a 16 °C ed elevata umidità ambientale.
L’uso dell’albero a scopo alimentare è diventato meno diffuso con l’aumento della disponibilità di altri alimenti, ma è ancora utilizzato come alimento base nelle aree più è una pianta che cresce, in natura, nelle foreste pluviali primarie e secondarie; spesso in aree disboscate, selvatiche o semicoltivate; sponde; foreste di teak; sia in zone aride che i luoghi temporaneamente inondati; su terreno sassoso o argilloso; ad altitudini fino a 300 metri ma occasionalmente fino a 1.200 metri.
La pianta cresce meglio nelle aree in cui la temperatura media annuale è compresa tra 22 e 28 °C, ma può tollerare 18-32 °C.
Preferisce una piovosità media annua compresa tra 2.000 e 5.000 mm, ma può tollerare 1.000 – 8.000 mm.
Dal punto di vista pedologico preferisce un terreno ricco, umido, fertile e una posizione in pieno sole.
In Indonesia preferisce terreni leggermente acidi e poco ombreggiati e, generalmente predilige un pH compreso tra 5,5 e 6,5, ma può tollerare un pH compreso tra 5 e 7.
Le giovani piante crescono rapidamente nei loro primi anni, ma possono impiegare 10-15 anni prima che inizino a dare i loro frutti.
I fiori sono piuttosto profumati e vengono prodotti subito dopo ogni nuova fioritura di foglie. I frutti possono essere prodotti da 1 a 4 volte l’anno.
I semi si disperdono facilmente nell’acqua e presentano un’ottima capacità di galleggiamento; si trovano frequentemente sulla spiaggia alla deriva.
È una specie prevalentemente dioica, per cui deve essere presente sia la forma maschile che quella femminile se sono necessari frutti e semi.
La pianta si riproduce per seme, preventivamente tenuto in acqua tiepida per un giorno, in terriccio organico drenante mantenuto umido alla temperatura di 26-28 °C, con tempi di germinazione di 20-40 giorni e prima fruttificazione a partire dal decimo anno di età.
Usi e Tradizioni –
Il Pangium edule è una pianta conosciuta con vari nomi comuni; tra questi riportiamo: football fruit (inglese); pukung, pakem (Giava); buah keluak (Indonesia); kepayang, pangi (Malaysia); ariaml (Palauan); rumrum, suete (Papua Nuova Gui- nea); peyang, kapayang, kapekong, simuang (Sumatra); nalake, vangge (Vanuatu).
L’albero impiega molti anni per maturare e i semi quindi è più comune raccogliere i frutti da esemplari selvatici. Inoltre i semi sono velenosi per l’uomo ma per il babirusa fanno parte della sua dieta.
Le parti commestibili della pianta sono un’ottima fonte di vitamina C e ricche di ferro.
I semi del Pangio sono un ingrediente molto apprezzato nella cucina Nonya ed Eurasiatica. Sono tossici se non trattati adeguatamente. La scorza esterna deve essere pulita strofinandola energicamente, si passa quindi all’ammollo per almeno 3 giorni, cambiando spesso l’acqua e buttandola alla fine. Il metodo più semplice per aprirli è usare un cacciavite a manico corto, un martello e pestare sul guscio, anche se la tradizione vuole l’uso della mannaia. Con una pinzetta si estrae la polpa che non deve essere dura, verde o di odore sgradevole; per essere usata deve essere soffice, nera o marrone scura e fragrante. I Peranakan sono soliti aprire i semi, svuotarli e quindi riempire di nuovo il guscio. I cuochi Eurasiatici li usano al naturale lasciando al commensale il compito di aprirli e gustarli con la pietanza stessa.
Le foglie, i semi e la maggior parte delle altre parti dell’albero contengono un’alta percentuale di ginocardina, un glucoside che produce facilmente la tossina acido cianidrico. Questo è volatile e, prima del consumo, può essere eliminato dai semi in vari modi come lavaggio, ammollo, arrostimento o stoccaggio sotterraneo. Il seme è quindi perfettamente sicuro da mangiare quando è bollito o arrostito.
I semi crudi sono particolarmente tossici per il pollame.
I suoi semi, tuttavia, hanno avuto un grande ruolo nell’alimentazione delle popolazioni locali, e sono ancora un importante ingrediente di alcune pietanze caratteristiche, per tale motivo la specie è stata spesso coltivata in prossimità dei villaggi.
Il trattamento per eliminare la sostanza tossica prevede l’asportazione della membrana che circonda il seme e ripetuti lavaggi e cotture; uno dei più usati consiste nel ripetuto lavaggio in acqua corrente, prolungata bollitura, fermentazione per 40 giorni in una fossa piena di cenere e ricoperta di terra e foglie di banano e successiva altra cottura, una preparazione inadeguata può essere fatale.
Per le loro proprietà antisettiche le foglie e i semi pestati sono ancora utilizzati da alcune popolazioni isolate per la conservazione della carne e dei pesci; semi e corteccia sono localmente impiegati per stordire i pesci e catturarli facilmente. L’olio ricavato dai semi, utilizzato in passato per cucinare e per illuminazione, ha infine promettenti caratteristiche come biocombustibile.
Tra gli altri usi si riporta l’olio del seme viene utilizzato come illuminante e per fare il sapone.
Le conchiglie vengono usate come sonagli sulle maschere danzanti.
Il durame è di colore giallo chiaro; non è chiaramente delimitato dall’alburno giallastro fino all’arancione; ha un odore sgradevole.
Il legno è duro ma poco durevole ed è, comunque, una buona fonte di legname per uso locale nella costruzione di case tradizionali, attrezzi, ecc.
Modalità di Preparazione –
Il Pangium edule è una pianta usata prevalentemente, sia per fini alimentari che medicinali.
I semi vengono usati come spezie nella cucina indonesiana (stufato di manzo crudo).
Il frutto fresco e i semi contengono acido cianidrico e sono mortalmente velenosi se consumati senza previa preparazione. I semi vengono prima bolliti e poi sepolti nella cenere, foglie di banano e terra per quaranta giorni, durante i quali passano dal colore bianco crema al marrone scuro o nero. Il metodo si basa sul fatto che l’acido cianidrico rilasciato dall’ebollizione e dalla fermentazione è solubile in acqua e facilmente lavabile.
I chicchi possono essere macinati per formare una densa salsa nera chiamata rawon. I piatti popolari includono il nasi rawon, stufato di manzo in pasta keluwak, popolare a Giava orientale e centrale, e il sambal rawon, stufato di rawon a base di manzo o pollo, anch’esso prodotto a Giava orientale. A Giava occidentale e Giacarta, il gabus pucung, pesce testa di serpente in zuppa di pasta di pucung, è un piatto tradizionale popolare nella cucina Betawi. Il piatto Toraja pammarrasan (spezia nera con pesce o carne, a volte anche con verdure) utilizza la polvere nera di keluwak. A Singapore e in Malesia, i semi sono meglio conosciuti come ingrediente essenziale nell’ayam (pollo) o nel babi (maiale). Il buah keluwak è un pilastro della cucina Peranakan. La tribù Dusun del Borneo utilizza questo chicco pestato come ingrediente principale per preparare un piatto tipico locale chiamato bosou, un pesce acido fermentato.
La gente della tribù Minahasa nel Sulawesi settentrionale usa le foglie giovani come verdura, affettandole piccole e poi cucinandole con erbe e grasso di maiale o carne all’interno di bambù. Molti venditori nel mercato tradizionale di Tomohon vendono le foglie.
I semi immaturi vengono utilizzati per preparare il ‘sayor lodeh’, un contorno piccante indonesiano.
I semi maturi vengono fatti fermentare nelle fosse per produrre il keluwak”, che ha un sapore caratteristico, leggermente amaro e viene utilizzato nella preparazione di zuppe, stufati e condimenti. Un’altra fermentazione produce il “dageh peechong”, che è simile al “keluwak” ma di consistenza più dolce e scivolosa.
Un olio ottenuto dal seme viene talvolta utilizzato per scopi culinari quando l’olio di cocco scarseggia ed è un olio di buona qualità. Le tossine vengono rimosse riscaldando l’olio. L’olio ha un alto contenuto di oleina e irrancidisce rapidamente.
I frutti vengono consumati crudi; hanno una polpa dolce e aromatica e si consumano normalmente quando la pelle risulta morbida al tatto.
In campo medicinale i glucosidi contenuti nella pianta, pur essendo tossici, hanno anche diverse applicazioni nella medicina popolare.
In particolare hanno proprietà antisettiche e i semi freschi tritati possono essere utilizzati per sterilizzare le ferite.
Si applicano anche esternamente come impiastro sui foruncoli.
Le foglie sono antisettiche; vengono frantumate e utilizzate esternamente per sterilizzare ferite, curare la pelle nei parassiti, ecc.
Si scaldano sul fuoco poi si mettono intorno alla testa e si coprono con un panno come rimedio contro i pidocchi.
Il succo del frutto viene applicato localmente su piaghe e tagli.
La corteccia frantumata di un albero maturo viene cotta in una zuppa e poi data alle madri che allattano. Si ritiene quindi che il loro latte materno aiuti il bambino a diventare più forte e più resistente alle malattie.
La corteccia interna viene riscaldata su una pietra calda e il vapore prodotto viene utilizzato come un bagno di vapore per dare sollievo alle articolazioni gonfie e doloranti.
Guido Bissanti
Fonti
– Acta Plantarum – Flora delle Regioni italiane.
– Wikipedia, l’enciclopedia libera.
– GBIF, the Global Biodiversity Information Facility.
– Useful Tropical Plants Database.
– Conti F., Abbate G., Alessandrini A., Blasi C. (a cura di), 2005. An annotated checklist of the Italian vascular flora, Palombi Editore.
– Pignatti S., 1982. Flora d’Italia, Edagricole, Bologna.
– Treben M., 2000. La Salute dalla Farmacia del Signore, Consigli ed esperienze con le erbe medicinali, Ennsthaler Editore.
Fonte foto:
– https://www.inaturalist.org/observations/63889941
Attenzione: Le applicazioni farmaceutiche e gli usi alimurgici sono indicati a mero scopo informativo, non rappresentano in alcun modo prescrizione di tipo medico; si declina pertanto ogni responsabilità sul loro utilizzo a scopo curativo, estetico o alimentare.