Chrysolepis sempervirens
Chrysolepis sempervirens
Il Chinquapin a cespuglio o Chinquapin nano dorato (Chrysolepis sempervirens (Kellogg) Hjelmq. 1960) è una specie arbustiva appartenente alla famiglia delle Fagaceae.
Sistematica –
Dal punto di vista sistematico appartiene al:
Dominio Eukaryota,
Regno Plantae,
Divisione Magnoliophyta,
Classe Magnoliopsida,
Ordine Fagales,
Famiglia Fagaceae,
Sottofamiglia Quercoideae,
Genere Chrysolepis,
Specie C. sempervirens.
Sono sinonimi i termini:
– Castanea sempervirens Kellogg;
– Castanopsis chrysophylla var. sempervirens (Kellogg) A.Henry;
– Castanopsis sempervirens (Kellogg) Dudley;
– Castanopsis sempervirens (Kellogg) Dudley ex Merriam.
Etimologia –
Il termine Chrysolepis proviene dal greco “χρυσός” (chrysós), cioè oro e “λεπίς” (lepίs), cioè squama, per via delle numerose ghiandole giallo dorate presenti sulla superficie di vari organi della pianta.
L’epiteto specifico sempervirens proviene da semper sempre e da virens verdeggiante: sempreverde.
Distribuzione Geografica ed Habitat –
Il Chrysolepis sempervirens è una pianta endemica negli Stati Uniti occidentali, in particolar modo della parte occidentale di Washington a sud fino alle Transverse Ranges nel sud della California e ad est nel Nevada.
Il suo habitat è quello delle regioni costiere della California e dell’Oregon centro-meridionale su suoli coperti da boschi di conifere o in zone più aride e caratterizzate da una vegetazione a chaparral, ad altitudini mediamente comprese fra 500 e 1800 m s.l.m. scendendo nelle zone più settentrionali e umide a livello del mare oppure arrivando fino a 3600 m e superando il limite superiore del bosco.
Descrizione –
Il Chrysolepis sempervirens è una pianta monoica, sempreverde, che cresce in natura in forma di arbusto alto 20-150 (250 cm). Presenta un apparato radicale con aspetto rizomatoso che può facilmente differenziare polloni che poi si affermano incrementando l’ampiezza dell’apparato radicale e quindi anche della pianta.
Presenta una chioma aperta più larga che alta e con i rami, da orizzontali ad eretti, lisci, grigi o bruno chiari; i giovani rami sono coperti da una fitta peluria giallognola di peli peltati mentre le gemme sono piccole, sessili e largamente ovoidali.
Le foglie sono alterne e spiralate, con la lamina di forma da oblunga a oblanceolata con l’apice più o meno ottuso, lunga 1,5-8 (10) cm e larga 1,2-2,5 cm con il margine intero; la lamina è spessa e cuoiosa, superiormente di colore verde scuro lucido, di sotto inizialmente pubescente e di colore da oro a ruggine poi più o meno glabra e glaucescente: il picciolo, lungo 10-15 mm, è orientato in avanti.
I fiori sono raggruppati in infiorescenze spiciformi unisessuate, in genere maschili o androgine, erette, riunite in gruppetti e inserite sul rametto in posizione subapicale; i fiori presentano dei calici con sepali non connati; quelli maschili hanno una corona di 6-15 stami che circonda un pistillodio sterile mentre quelli femminili, racchiusi da 1 a 3 (o più) alla volta all’interno della cupola, sono inseriti nella porzione basale oppure, ma raramente, si trovano su brevi spighette solo femminili.
L’antesi è nel periodo tra luglio-agosto.
L’impollinazione è anemogama anche se insetti possono accidentalmente coprirsi di polline attirati dal forte odore di muschio e diventare così dei pronubi involontari.
Il frutto, che matura in due anni, ha una forma trigonale; è lungo 8-13 mm con i tegumenti esterni duri, lignificati, glabri, di colore bruno lucido; questo è completamente racchiuso nella cupola, giallo dorata, globosa (2-6 cm di diametro) che contiene 1-3 frutti ed è costituita da 7 valve, 5 esterne e 2 interne; queste ultime separano l’uno dall’altro i frutti; le valve sono libere e non saldate e sono rivestite da un fitto strato di spine anche ramificate e molto pungenti.
Fra le infiorescenze si possono notare delle strutture globose, che sono dapprima minuscole e color camoscio, per poi raggiungere i 12-14 mm di diametro, e con un colore che diviene rossiccio o rosso intenso. Sono delle galle causate da una piccola vespa che depone le uova all’interno degli assi infiorescenziali.
Coltivazione –
Il Chrysolepis sempervirens è un arbusto sempreverde che viene raccolto in natura per l’uso locale come alimento.
Cresce in regioni con clima caratterizzato da estati calde e secche mentre le precipitazioni sono concentrate nel periodo compreso fra l’autunno e la primavera, dell’America settentrionale sudoccidentale, come California e Oregon, nelle regioni alpine delle catene costiere e della Sierra Nevada.
Per la sua coltivazione richiede un terreno privo di calcare e preferisce una posizione riparata semi-ombreggiata e un terreno leggero e profondo umido.
Le piante possono essere coltivate solo nei climi oceanici e mediterranei.
Nel Nord America questa pianta cresce meglio a basse altitudini rispetto all’altro dei due generi, cioè C. chrysophylla.
È un arbusto molto ornamentale.
I frutti, anche se non particolarmente ricercati dall’uomo, sono eduli; di loro ne sono invece particolarmente ghiotti gli scoiattoli.
Al secondo anno, fra la fine dell’estate e l’inizio dell’autunno, i frutti maturano e poco dopo cadono dalla cupola rimanendo al di sotto della pianta. Non sono dormienti e la germinazione, di tipo ipogeo, avviene rapidamente. Malgrado il fatto che la maggior parte dei frutti viene predata dagli animali, soprattutto scoiattoli e altri roditori, che il suo tasso di germinazione non sia elevato e che viva in aree frequentemente percorse da incendi, Chrysolepis sempervirens non è considerata specie a rischio in quanto riesce agevolmente a riprodursi tramite l’emissione di polloni radicali.
La propagazione avviene per seme che va seminato in un semenzaio freddo non appena è maturo, il seme deve essere protetto dai topi, ecc.
Il seme ha una vitalità breve e non deve essere lasciato seccare. Se conservato durante l’inverno, deve essere mantenuto fresco e umido. Non appena le giovani piantine sono abbastanza grandi da poter essere maneggiate, vanno poste in vasi singoli e coltivate in una serra almeno per il loro primo inverno.
Il trapianto in pieno campo va effettuato a fine primavera o all’inizio dell’estate, dopo le ultime gelate previste; inoltre, in ambienti più freddi, vanno protette dal freddo per il loro primo inverno.
Usi e Tradizioni –
Sia C. sempervirens che C. chrysophylla erano precedentemente inserite nel genere Castanopsis (D.Don) Spach ma nel 1948 Karl J.H. Hjelmquist, soprattutto per le differenze fra le cupule, ha staccato le due specie americane (tutte le altre Castanopsis sono asiatiche) e le ha inserite nel genere Chrysolepis; per questo motivo le denominazioni Castanopsis sempervirens (Kellogg) Dudley e Castanopsis chrysophylla A. DC. sono rimaste solo come sinonimi.
Il Chrysolepis sempervirens è conosciuto con vari nomi comuni, tra cui: Bush golden chinquapin, Sierra chinkapin.
Secondo il Merriam-Webster Dictionary il termine chinquapin o chinkapin è una parola che, verosimilmente, deriva dai nativi americani di lingua algonchina della Virginia che con il vocabolo chechinquamin indicavano alcune piante di diversi generi delle Fagaceae che producono ricci contenenti una singola castagna (C. pumila (L.) Mill. e C. dentata (Marshall) Borkh. presenti anche in Virginia); il termine è stato poi esteso alle Castanopsis nordamericane e di lì anche a quelle asiatiche. Il vocabolo è rimasto di uso comune alle due specie nordamericane anche quando per esse è stato creato il genere Chrysolepis.
I frutti di questa pianta sono eduli, anche se poco ricercati dall’uomo; sono invece particolarmente ghiotti gli scoiattoli.
Queste piante spesso producono delle galle causate da Dryocosmus castanopsidis, una piccola vespa della famiglia Cynipidae che depone le uova all’interno degli assi infiorescenziali di Chrysolepis sempervirens e, meno frequentemente, di Chrysolepis chrysophylla (che vive negli stessi ambienti ma senza raggiungere gli estremi altitudinali della prima).
Dal punto di vista ecologico questa specie è moderatamente tollerante dell’ombra e ciò le permette di coabitare con i popolamenti giovani di conifere almeno fino a quando le chiome di queste ultime non chiudono completamente il bosco mettendo in crisi la sopravvivenza del chinquapin ma Chrysolepis sempervirens vegeta anche lungo ripidi pendii con cumuli caotici di rocce e detriti dove forma nuclei clonali di vegetazione grazie alla possibilità di produrre polloni dalle radici. Questa capacità permette alle piante di Chrysolepis sempervirens non solo di superare il passaggio del fuoco ma anche di trarre vantaggio (pirofitismo) da questo fattore di per sé catastrofico quando, dominata da popolamenti di conifere, pur bruciando come le altre piante può facilmente riprendersi emettendo polloni dall’apparato radicale rimasto indenne. Inoltre, lungo i declivi sassosi con la presenza di una vegetazione discontinua se non sporadica è ben difficile che il fuoco possa percorrerli.
Modalità di Preparazione –
Il Chrysolepis sempervirens è un arbusto che veniva, soprattutto un tempo, utilizzato per fini alimentari.
I frutti possono essere consumati crudi o cotti; sono molto dolci ed hanno il sapore di una nocciola.
La pianta, inoltre, può avere un impiego ornamentale per la sua folta chioma.
Guido Bissanti
Fonti
– Acta Plantarum – Flora delle Regioni italiane.
– Wikipedia, l’enciclopedia libera.
– GBIF, the Global Biodiversity Information Facility.
– Useful Tropical Plants Database.
– Conti F., Abbate G., Alessandrini A., Blasi C. (a cura di), 2005. An annotated checklist of the Italian vascular flora, Palombi Editore.
– Pignatti S., 1982. Flora d’Italia, Edagricole, Bologna.
– Treben M., 2000. La Salute dalla Farmacia del Signore, Consigli ed esperienze con le erbe medicinali, Ennsthaler Editore.
Fonte foto:
– https://inaturalist-open-data.s3.amazonaws.com/photos/212325014/original.jpg
– https://cch2.org/imglib/cch2/DAV/DAV324/DAV324013_lg.jpg
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