Cultigene
Cultigene
Col termine cultigene (dal latino cultus ‘coltivato’ e gens ‘gentile’) o pianta coltivata si intende una pianta che è stata deliberatamente alterata o selezionata dall’uomo.
I cultigeni derivano quindi dalla selezione artificiale. Queste piante hanno valore commerciale in orticoltura, agricoltura o silvicoltura. Poiché i cultigeni sono definiti dalla loro modalità di origine e non dal luogo in cui crescono, le piante che soddisfano questa definizione rimangono cultigeni sia che siano naturalizzate, piantate deliberatamente allo stato selvatico o coltivate.
I cultigeni si ottengono nei seguenti modi:
– attraverso la selezione di varianti selvatiche o coltivate, comprese le sportive vegetative (crescita aberrante che può essere riprodotta in modo affidabile nella coltivazione);
– da piante che sono il risultato di programmi di miglioramento genetico e di selezione delle piante;
– da piante geneticamente modificate (piante modificate mediante impianto deliberato di materiale genetico);
– oppure da chimere-innesto (piante innestate per produrre tessuti misti con materiale da innesto proveniente da piante selvatiche, selezioni particolari o ibridi).
La parola cultigene fu coniata nel 1918 da Liberty Hyde Bailey (1858–1954), un orticoltore, botanico e cofondatore americano dell’American Society for Horticultural Science.
Questo botanico fu consapevole di definire delle categorie speciali per quelle piante coltivate che erano nate da un’attività umana intenzionale e che non si sarebbero adattate perfettamente alla classificazione gerarchica linneana utilizzata dalle Regole internazionali di nomenclatura botanica (che in seguito divennero il Codice internazionale di nomenclatura).