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Ecologia chimica ed Agroecologia

Ecologia chimica ed Agroecologia

Importante Studio dell’Università degli Studi di Palermo

L’evoluzione delle ricerche scientifiche è una delle basi fondamentali nella conoscenza della complessità dei sistemi ecologici e quindi, in ottica di utilizzo delle loro risorse, di corretta gestione.
Su questi principi uno studio, condotto da alcuni ricercatori dell’Università di Palermo, è stato pubblicato su Annual Review of Entomology.
Lo studio in oggetto è intitolato: “Chemical Ecology of Floral Resources in Conservation Biological Control”.
Lo studio è stato condotto da un team di ricercatori del Dipartimento SAAF – Scienze Agrarie, Alimentari e Forestali dell’Università degli Studi di Palermo ed è stato pubblicato sulla rivista Annual Review of Entomology, rivista a cadenza annuale edita da “Annual Reviews” che è una casa editrice accademica indipendente e senza scopo di lucro con sede a San Mateo, in California, e fondata nel 1931.
Come è noto Annual Reviews pubblica i contributi di autori selezionati dal comitato editoriale per tenere aggiornata la comunità scientifica di riferimento su tematiche di rilievo.
Il Team di ricercatori di UniPa è stato composto da Stefano Colazza, Ezio Peri e Antonino Cusumano.
Lo studio, in sintesi, ha messo in evidenza il ruolo strategico dell’ecologia chimica come disciplina utile a massimizzare l’efficacia dei programmi di controllo biologico conservativo (CBC) basati sull’introduzione di risorse floreali negli agro-ecosistemi.
Si tratta di attuare un controllo biologico conservativo che, in poche parole, è una tecnica che consiste in un insieme di pratiche utili ad aumentare le performance degli insetti antagonisti naturali degli insetti fitofagi delle piante coltivate.
IL CBC utilizza negli agro-ecosistemi i fattori conseguenti all’introduzione di risorse floreali ricche in nettare.
In tali condizioni numerosi antagonisti naturali, quali predatori e parassitoidi, per poter svolgere il loro ciclo biologico, necessitano di risorse zuccherine. Tali risorse, soprattutto con l’avvento della specializzazione e della monocoltura, sono divenute spesso insufficienti, tanto che nelle moderne aziende agricole, caratterizzate da bassa biodiversità, non possono garantire le corrette biocenosi ecologiche.
Con la CBC, pertanto, si opera una attenta selezione delle risorse floreali da introdurre che si basa spesso su caratteristiche peculiari delle varie essenze botaniche quali soprattutto:
– scalarità della fioritura;
– produzione quanti-qualitativa del nettare;
– l’accessibilità dei fiori.

Tuttavia, come specificano gli Autori, l’identificazione delle risorse floreali dovrebbe anche tener conto dell’attrattività nei confronti degli antagonisti naturali, i quali devono necessariamente localizzare tali risorse prima di poterle utilizzare.
È in questo senso che lo studio dell’ecologia chimica può fornire un valido supporto nella prospettiva di tecniche agroecologiche che possano permettere alle aziende agricole di aumentare la loro biodiversità e di diminuire drasticamente l’uso di prodotti di sintesi per il contenimento dei fitofagi.
L’obiettivo del lavoro di revisione effettuato dai ricercatori di UniPa è stato, inoltre, quello di valutare, e quindi mettere a punto la tecnica relativa alle sostanze volatili emesse dalle varie essenze botaniche utilizzate dagli insetti parassitoidi durante la localizzazione del nettare floreale.
Si è visto, infatti, come spesso il nettare floreale sia colonizzato da microorganismi, in particolare batteri e lieviti, i quali possono modificarne le caratteristiche organolettiche e, di conseguenza, le performance dei parassitoidi.
Un altro aspetto evidenziato da questa tecnica è che, siccome, le essenze botaniche utilizzate nel CBC devono attrarre selettivamente gli insetti utili, vanno valutati correttamente i fattori da tenere in considerazione nella loro scelta per evitare che altri insetti non-bersaglio, quali fitofagi ed iperparassitoidi, possano utilizzarle.
Tale approccio prospetta, in campo agroecologico, importantissimi scenari, collegandosi a quel filone aperto anche da scienziati e studiosi del secolo scorso sui sistemi complessi, quali Ylia Prigogine e altri (tra cui Francisco Varela, Harold Morowitz ed Enzo Tiezzi), i quali nel loro approccio nei sistemi complessi (quali sono appunto quelli ecologici e quindi agroecologici) hanno cominciato a gettare un ponte tra la fisica, la chimica, l’ecologia e le scienze sociali, per studiare tali settori non separatamente, ma come sistemi tra loro interagenti.
Questa ricerca, unitamente ai recenti studi sulla maggiore resa e produttività primaria dei sistemi maggiormente biodiversi, contribuirà notevolmente ad attuare modelli produttivi agricoli in direzione di sistemi più efficienti e, da un punto di vista termodinamico, più chiusi.
Il futuro, gradualmente, sta prendendo forma.

Guido Bissanti




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