Riproduzione dell’Ailanto
Riproduzione dell’Ailanto
L’Ailanto o albero dei paradiso (Ailanthus altissima (Mill.) Swingle) è un albero deciduo appartenente alla famiglia delle Simaroubaceae originario dell’Asia sud-orientale ma naturalizzato in Italia e in altri paesi europei, oltre che in diversi paesi asiatici, negli Stati Uniti d’America, in Sudafrica, Australia e Nuova Zelanda.
Habitat idoneo di riproduzione –
L’Ailanthus altissima, come detto, è una pianta originaria della Cina settentrionale e centrale, Taiwan e Corea del Nord.
Storicamente era ampiamente distribuito e la documentazione fossile indica chiaramente che era presente in Nord America fino al Miocene medio.
A Taiwan è presente con la varietà Takanai.
In Cina è originario di tutte le province tranne Gansu, Heilongjiang, Hainan, Jilin, Ningxia, Qinghai, Xinjiang e Tibet.
Intorno al 1700 fu introdotto in molte regioni del mondo e ora si trova in tutti i continenti tranne l’Antartide.
L’albero predilige terreni umidi e argillosi, ma è adattabile a una vasta tipologia di suoli e di pH. È resistente alla siccità, ma non tollera le inondazioni. Inoltre non tollera l’ombra intensa.
In Cina si trova spesso in aree ricche di calcare.
È un albero che cresce in varie condizioni climatiche ma nel suo areale di origine si trova ad alta quota a Taiwan e a quelle più basse nella Cina continentale.
Propagazione –
Per la propagazione dell’Ailanto si tenga conto che è una pianta a crescita rapida: in media per ogni anno si ha un metro in altezza e 1,5 cm in diametro, raggiungendo a maturità circa 25 metri; da questa tendenza a diventare alto in breve tempo è derivato il nome “albero del paradiso”. È poco longevo, superando raramente i 50 anni di vita ed eccezionalmente il secolo di vita. Nonostante ciò, la sua straordinaria capacità di generare polloni consente alla pianta di replicare sé stessa per tempi assai più lunghi.
Per queste sue caratteristiche è una pianta che ha tutte le caratteristiche delle specie pioniere, ossia le prime a colonizzare ambienti senza vita, a causa di fattori umani o naturali: spiccata resistenza alla luce intensa, accrescimento rapido, longevità limitata, precoce raggiungimento della maturità e quindi della produzione di semi, disseminazione anemofora, riproduzione vegetativa tramite polloni, capacità di prosperare in condizioni avverse, anche in suoli poco profondi e poveri di sostanze nutritive.
Di questa specie esistono alcune varietà coltivate:
– Ailanthus altissima var. Hongyea – con foglie decorative di colore rosso vivo;
– Ailanthus altissima var. Tsubaki – dalle mille chiome;
– Ailanthus altissima var. Xiaoye – cultivar con una chioma più densa rispetto alla specie nominale;
– Ailanthus altissima var. Erythrocarpa – con frutti di colore rosso acceso;
– Ailanthus altissima var. Pendulifolia- con foglie ancor più lunghe della specie nominale ed elegantemente pendenti.
La pianta si propaga per seme, mediante divisione dei polloni basali o della radice e anche per talea apicale di ramo.
La semina si effettua interrando semi in un substrato specifico per lo più sabbioso e fertile.
Le talee apicali o i polloni (asportati dalla base della pianta madre), si mettono a radicare in un miscuglio di torba e sabbia in parti uguali.
Le nuove piante vanno trasferite a dimora nella primavera successiva.
L’ Ailanthus altissima va messo a dimora lontano da altri tipi di alberi per evitare l’antagonismo o competizione radicale dovuto al fenomeno dell’allelopatia in quanto secerne una tossina che impedisce l’attecchimento di altre specie di alberi nelle sue vicinanze.
Ecologia –
L’Ailanto, come detto, fu importato nel ‘700 dalla Cina nord-occidentale e si è ormai naturalizzato in tutta l’Europa sud-orientale, Stati Uniti, Australia e Nuova Zelanda.
Se ne diffuse la coltivazione soprattutto nella seconda metà dell”800, come pianta ospite di un bombice (Samia cynthia), il cui bozzolo forniva una specie di seta. Fallito questo tentativo, la pianta rimase e per la sua adattabilità si naturalizzò e si diffuse ovunque in Italia anche perché veniva coltivata per scopi ornamentali e per rimboschimento.
L’Ailanto, anche per via del fenomeno dell’allelopatia è un temibilissimo competitore, capace di fare letteralmente terra bruciata intorno a sé, tanto da essere considerato un pericoloso infestante.
Per questo motivo la sua introduzione intenzionale va attentamente valutata onde evitare interferenze notevoli nelle popolazioni ecologiche di interi habitat.
La specie è, infatti, molto rustica, non ha habitat preferenziali e può adattarsi a qualsiasi tipo di suolo e di regime idrico: cresce anche sui suoli aridi e rocciosi, tollera carenza di sostanze nutritive e siccità prolungata. Si riproduce, come detto, sia per seme che per via vegetativa. La samara, il frutto secco dotato di un’ala membranosa, viene trasportata su lunghe distanze dal vento e dall’acqua. Una pianta può produrre fino a 300.000 samare all’anno. L’ailanto si propaga in notevole misura anche per via vegetativa per mezzo dell’esteso e vigoroso apparato radicale, in grado di generare numerosi polloni da cui si originano piante figlie. La grande capacità invasiva di questa specie è dovuta proprio alla presenza di più meccanismi di propagazione: le samare consentono una celere colonizzazione di nuove stazioni, raggiunte le quali la pianta inizia ad espandersi per via vegetativa, determinando così il rapido consolidamento della specie in una determinata area. Le giovani plantule hanno elevata velocità di accrescimento ed un notevole vigore vegetativo.
In Italia la specie è stabilmente insediata in tutte le Regioni e la sua diffusione è preoccupante in molti parchi ed aree naturali protette (habitat boschivi di collina e bassa montagna, aree fluviali, prati aridi, pianure) in cui forma popolamenti puri e monotoni che minacciano le comunità vegetali mediterranee.