Crescita del Consumo di suolo non sostenibile
Crescita del Consumo di suolo non sostenibile
Secondo gli ultimi dati ISPRA SNPA (Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente), pubblicati di recente nel 2020, l’aumento del consumo di suolo non va di pari passo con la crescita demografica; in poche parole, in Italia, cresce più il sistema leagto alle costruzioni ed al cemento che la popolazione.
Da questo punto di vista il nuovo rapporto ISPRA SNPA sul consumo di suolo in Italia delinea un quadro tutt’altro che rassicurante.
Nel corso del 2019, il terreno “inghiottito” dal cemento è cresciuto ancora, togliendo altri 57 km quadrati, non solo al suolo ma anche ai sistemi degli habitat, i quali, a loro volta, coinvolgono e trascinano con se una pericolosissima perdita di biodiversità.
In Italia, ma non è l’unica in Europa, si costruisce con una velocità che va avanti al ritmo di ben 2 metri quadrati al secondo.
Tanto che questo dato ha superato persino quello di aumento demografico. In poche parole nella penisola cresce più il cemento che la popolazione.
Questo dato denota un trend ben lontano dagli obiettivi europei, che prevedono invece un percorso di azzeramento del consumo di suolo netto entro il 2050 ed accendono una spia rossa di allarme che non vuole accennare a spegnersi.
Tutto questo, come detto, comporta un consumo di suolo, un degrado del territorio e la perdita delle funzioni dei nostri ecosistemi che, secondo il rapporto, continuano a un ritmo non più sostenibile.
Per di più, e questo dato allarmante si aggiunge agli altri, alla perdita di terreno naturale e, quindi, di habitat si associa l’aumento delle aree a rischio idrogeologico e sismico. Nel 2019 risultava ormai “sigillato” il 10% delle aree a pericolosità idraulica media P2 (con tempo di ritorno tra 100 e 200 anni) e quasi il 7% di quelle classificate a pericolosità elevata P3 (con tempo di ritorno tra 20 e 50 anni).
In tutto questo la regione più a rischio è la Liguria, dove la percentuale di suolo impermeabilizzato in aree a pericolosità idraulica tocca quasi il 30%. Ovviamente, pur nella loro unitaria criticità esistono significative differenze da territorio a territorio. Vediamole.
– Con +785 ettari, il Veneto, per esempio, è la regione che nel 2019 ha consumato più suolo (anche se meno del 2017 e del 2018), seguita da Lombardia (+642 ettari), Puglia (+625), Sicilia (+611) ed Emilia-Romagna (+404). La Valle d’Aosta invece, con solo 3 ettari è quella più vicina all’obiettivo “Consumo di suolo 0”. A livello poi di singoli comuni la maglia nera spetta al Comune di Roma che, con un incremento di suolo artificiale di 108 ettari, si conferma il comune italiano con la maggiore quantità di territorio trasformato in un anno (arrivando a 500 ettari dal 2012 ad oggi); seguono in questo triste podio Cagliari (+58 ettari in un anno) e Catania (+48 ettari).
Purtroppo il consumo di suolo, sempre secondo i dati del Rapporto, non cresce solo in territori già ampiamente urbanizzati, ma anche in aree protette (+ 61,5 ettari nell’ultimo anno) e in aree vincolate per la tutela paesaggistica (+1.086 ettari).
Sullo sfondo, ovviamente, norme urbanistiche e regolamenti edilizi che viaggiano ancora su criteri “aggiornati” agli anni ’50 del secolo scorso e che ci fanno capire come la Politica in Italia deve iniziare a parlare una nuova Lingua se non vuol perdere totalmente la dinamicità del suo territorio e consegnare alle future generazioni un Paese distrutto e sempre più povero.
In tutto questo perché, forse, ed a troppi sfugge la questione il suolo è una risorsa non rinnovabile.
I dati presentati dall’ ISPRA ci dicono che oggi ogni neonato nasce in Italia con una “dote di cemento” di 135 metri quadrati e con un patrimonio naturale sempre più povero nei suoi habitat e nella sua biodiversità.
Urge, con assoluta priorità, una visione urbanistica e della pianificazione in chiave ecologica, perché fuori dall’ecologia non c’è storia, ricchezza, benessere e libertà di nessun Paese.
Guido Bissanti