Beta vulgaris L. Ssp vulgaris
Beta vulgaris L. Ssp vulgaris
La Bieta o Barbabietola (Beta vulgaris L. Ssp vulgaris) è una specie erbacea appartenente alla famiglia delle Chenopodiaceae.
Sistematica –
Dal punto di vista sistematico appartiene al Dominio Eukaryota, Regno Plantae, Sottoregno Tracheobionta, Superdivisione Spermatophyta, Divisione Magnoliophyta, Classe Magnoliopsida, Sottoclasse Caryophyllidae, Ordine Caryophyllales, Famiglia Chenopodiaceae e quindi al Genere Beta, alla Specie B. vulgaris ed alla Sottospecie B. v. vulgaris.
Sono sinonimi i termini:
– Beta cicla L.;
– Beta esculenta Salisb.;
– Beta hortensis Mill.;
– Beta rapa Dumort.;
– Beta vulgaris subsp. cicla (L.) Arcang.;
– Beta vulgaris subsp. rapacea (Koch) Döll.
Etimologia –
Il termine Beta proviene da beta bietola, pianta citata da Plinio, Cicerone et al. (forse derivato dal greco βλίτον blíton bietola, in Teofrasto.
L’epiteto specifico vulgaris viene da vúlgus volgo: molto comune, ordinario per la grande diffusione, banale.
Distribuzione Geografica ed Habitat –
La Bieta è una pianta originaria del Mediterraneo e successivamente dell’Asia Minore come centro secondario di origine della barbabietola coltivata, dove le forme coltivate furono selezionate a partire da forme selvatiche presenti lungo le coste del Mediterraneo e si diffusero poi da Babilonia (dall’ VIII secolo a.C.) sino all’Estremo Oriente.
Da qui si è diffusa, nei secoli, un po’ ovunque nel mondo.
Descrizione –
La Beta vulgaris L. Ssp vulgaris è una pianta biennale.
La rosetta radicale si sviluppa in grandi foglie con gambo fogliare ben avanzato e radice polposa ed ispessita.
Le foglie sono di colore verde intenso, con diverse tonalità, o rossastre, succose, piuttosto grandi, a forma di cuore con parte superiore attorcigliata, liscia o ondulata.
La parte della radice ingrossata può differire di forma, dimensione e colore (bianco, giallo, rosa, arancione) in funzione anche delle diverse cultivar.
Il peso della radice oscilla tra 460-2300 g.
Gli steli peduncolari si formano nel secondo anno e sono spessi, ramosi, alti fino a 150 cm.
I fiori sono androgini, piccoli, impollinati trasversalmente, raccolti da 2-6 nell’ascella delle foglie floreali.
Periodo di fioritura è giugno-agosto.
I germogli peduncolari con infiorescenze possono essere considerati racemi vertiginosi.
Il frutto composto è un catoclesio formato dai perianzi fruttiferi concresciuti, diventati succulenti, fermamente uniti tra loro, con un seme lenticolare, di colore rosso bruno, di 2-3 mm.
Coltivazione –
La Bieta è una pianta con moderato bisogno di calore e fertilità del suolo. I semi germinano con una temperatura di 2-5 ° C, i germogli compaiono a una temperatura di 12-15 ° C. I germogli tollerano, inoltre, le gelate brevi fino a meno 3-4 ° C.
La temperatura ottimale di crescita si aggira intorno a 15-20 ° C.
Questa pianta preferisce terreni sciolti, ricchi di sostanze organiche, con pH non inferiore a 6-7.
Richiede illuminazione e umidità, specialmente durante la germinazione ed il successivo sviluppo.
Manifesta, inoltre, una significativa resistenza al sale e favorisce la desalinizzazione del suolo.
Il periodo vegetativo oscilla tra 120 e 145 giorni.
La produttività delle coltivazioni per le radici si aggira tra 40-60 in coltura asciutta fino a 250 q.li in coltura irrigua ma si può arrivare a rese anche molto più elevate.
Usi e Tradizioni –
La bieta ha una lunga storia di coltivazione che risale al secondo millennio a.C., con le forme coltivate che furono selezionate a partire da quelle selvatiche presenti lungo le coste del Mediterraneo.
Da qui si diffusero poi da Babilonia sino all’Estremo Oriente. Aristotele e Teofrasto menzionano biete coltivate per la produzione di foglie commestibili.
La barbabietola, nel tempo, ha assunto notevole importanza commerciale in Europa a partire dalla metà del XIX secolo, soprattutto in seguito alla coltivazione estensiva in Germania della barbabietola da zucchero, che forniva un’alternativa alla canna da zucchero tropicale.
Oggi esistono diverse cultivar, alcune coltivate per le foglie, altre per le radici commestibili da cotte, altre ancora per la produzione di zucchero.
Le radici di questa pianta contengono il 75-85% di acqua, il 6-12% di zuccheri, il 3,1% di proteine, lo 0,3-0,7% di grassi, l’1,6% di cellulosa, l’8-12% di sostanze secche solubili in acqua, oltre a varie vitamine.
Questa pianta rappresenta un eccellente foraggio per i bovini da latte e per i suini.
Modalità di Preparazione –
Di questa pianta si possono consumare sia le radici che le foglie in varie forme, sia cotte che crude.
Guido Bissanti
Fonti
– Acta Plantarum – Flora delle Regioni italiane.
– Wikipedia, l’enciclopedia libera.
– Treben M., 2000. La Salute dalla Farmacia del Signore, Consigli ed esperienze con le erbe medicinali, Ennsthaler Editore
– Pignatti S., 1982. Flora d’Italia, Edagricole, Bologna.
– Conti F., Abbate G., Alessandrini A., Blasi C. (a cura di), 2005. An annotated checklist of the Italian vascular flora, Palombi Editore.
Attenzione: Le applicazioni farmaceutiche e gli usi alimurgici sono indicati a mero scopo informativo, non rappresentano in alcun modo prescrizione di tipo medico; si declina pertanto ogni responsabilità sul loro utilizzo a scopo curativo, estetico o alimentare.