Riscrivere la Politica Agricola mondiale
Riscrivere la Politica Agricola mondiale
I dati archeologici ed i reperti storici ci narrano che l’uomo primitivo fondasse la propria alimentazione sulla raccolta di piante commestibili, quali radici, erbe, foglie e frutti.
Bisogna giungere intorno all’8.000 a.C. per avere i primi nuclei umani che iniziassero a praticare l’agricoltura nell’area della cosiddetta Mezzaluna fertile (Medio Oriente).
Dopo 3.000 anni, intorno al 5.000 a.C., l’intero pianeta era già costellato di piantagioni di vario genere, dal frumento dell’antica Mesopotamia al riso della Cina, passando poi per il sorgo africano fino al mais ed alle patate coltivate nelle Americhe.
Da allora, sono state oltre 6.000 le specie di piante coltivate a fini alimentari (dati FAO).
Di fatto, oggi nel mondo, esistono circa 30.000 specie commestibili; a confronto di questa ricchezza di piante coltivabili, o utilizzabili per fini alimentari, soltanto 200 sono coltivate su scala significativa.
Le piante commestibili selvatiche che vengono utilizzate in cucina sono tante, molte più di quante nell’immediato possiamo supporre ma, purtroppo, sempre più di rado fanno parte della nostra dieta alimentare. Questo ovviamente comporta una perdita di biomassa e di biodiversità alimentare considerevole.
Così cereali, frutta, legumi e verdura, compongono, in media, oltre l’80% della dieta umana ma le piante commestibili protagoniste della dieta alimentare sono soltanto otto.
Evidentemente tutto questo scenario ci deve fare riflettere, soprattutto per le ripercussioni sull’impoverimento della biodiversità planetaria che di quella alimentare.
In sintesi delle 30.000 specie di piante commestibili, dunque, se ne coltivano appena 200; di queste 200 soltanto 8 forniscono oltre il 50% delle nostre calorie giornaliere.
Le famose otto, o tristemente top eight sono: orzo, fagioli, arachidi, mais, patate, riso, sorgo e grano.
Se da un lato la notizia può stupire, in termini di biodiversità il dato è certamente preoccupante.
Su questo stato della biodiversità agroalimentare mondiale il rapporto FAO ha teso a sottolineare, tramite il suo Direttore Generale, José Graziano da Silva, che “La biodiversità è fondamentale per la salvaguardia della sicurezza alimentare globale, é alla base di diete sane e nutrienti e rafforza i mezzi di sussistenza rurali e la capacità di resilienza delle persone e delle comunità. Dobbiamo usare la biodiversità in modo sostenibile, in modo da poter rispondere meglio alle crescenti sfide del cambiamento climatico e produrre cibo senza danneggiare il nostro ambiente.”
Per di più i dati diramati dalla Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (FAO) confermano quanto siano divenute critiche le abitudini alimentari attuali in quanto si è passati da una dieta basata su alimenti di stagione, soprattutto verdure e prodotti ricchi di fibre, a diete troppo ricche di calorie, ad elevato contenuto di amidi raffinati, zucchero, grassi, sale, prodotti trasformati, carne e altri alimenti di origine animale.
Questa dieta scorretta, oltre ad essere effetto e causa di una perdita di biodiversità agroalimentare a livello planetario, unitamente a stili di vita sedentari sono i fattori che hanno fatto impennare i tassi di obesità. Oggi oltre 672 milioni di adulti e 124 milioni di giovani tra i 5 e i 19 anni sono obesi, e oltre 40 milioni di bambini al di sotto dei 5 anni sono in sovrappeso, mentre oltre 820 milioni di persone soffrono la fame.
Questo scenario, se mai ce ne fosse bisogno, boccia ancor di più quel modello agroalimentare voluto fortemente con la Rivoluzione Verde e subordinato alle due grandi strutture: quella della chimica e quella delle grandi piattaforme di distribuzione.
Per questo motivo le Politiche Agricole di tutti gli Stati del mondo devono comprendere che non esiste un problema agricolo, un problema alimentare (con nefaste conseguenze sulla spesa della Sanità) e un problema della perdita di biodiversità, con tutte le conseguenze note; il problema è unitario e va affrontato con Politiche di Sistema totalmente differenti.
Politiche che affrontino la questione nella sua interezza.
Bisogna partire da politiche di arricchimento dell’alimentazione, sui principi della biodiversità degli alimenti, della salubrità degli stessi e della stagionalità; politiche che abbiano alla base l’educazione familiare e scolastica e politiche di riorganizzazione dei sistemi produttivi, a partire dai modelli agroecologici, senza i quali gli ingenti impegni finanziari legati a PAC e PSR, ancora una volta divengono sacrifici per i contribuenti che, a fronte di questi, non ricevono quanto versato.
Guido Bissanti