Triticum monococcum
Triticum monococcum
Il Piccolo Farro, chiamato anche Frumento invernale (Triticum monococcum L.) è una specie erbacea appartenente alla famiglia delle Poaceae.
Sistematica –
Dal punto di vista sistematico appartiene al Dominio Eukaryota, Regno Plantae, Divisione Magnoliophyta, Sottodivisione Commelinidae, Classe Liliopsida, Ordine Poales, Famiglia Poaceae, Tribù Triticeae e quindi al Genere Triticum ed alla Specie T. monococcum.
Etimologia –
Il termine Triticum, secondo Varrone, deriva da tritum battuto, per l’uso di battere il frumento per separare i chicchi dalle spighe. L’epiteto specifico monococcum proviene dal greco μόνος mónos uno solo, unico e da κόκκος cóccos nocciolo, bacca, coccola: per via delle spighette monosperme.
Distribuzione Geografica ed Habitat –
Il Triticum monococcum è una specie che cresce spontaneamente nelle zone collinose della parte settentrionale della cosiddetta mezzaluna fertile e dell’Anatolia, sebbene abbia un’ampia distribuzione che va fino ai Balcani e, a sud, fino alla Giordania, vicino al Mar Morto. Rappresenta il farro di più antica origine e coltivazione. I reperti fossili rinvenuti del suo progenitore selvatico, Triticum boeticum, che sono datati intorno al X-IX millennio a.C., ne indicano il centro principale di origine nelle aree montagnose dell’odierna Turchia; semi di farro piccolo coltivato sono fatti risalire dalla paleobotanica al VII-VI millennio a.C.
Descrizione –
Il Farro piccolo o monococco è una specie della famiglia delle poaceae diploide (2n = 2x = 14); è caratterizzato da un culmo sottile e debole, con spiga distica, aristata, compressa lateralmente. Le spighette hanno glume consistenti (quella esterna, o lemma, è aristata; quella interna, o palea, è membranosa), che racchiudono una, molto raramente due, cariossidi schiacciate lateralmente, a frattura semivitrea.
Coltivazione –
Il Farro piccolo o monococco, insieme alle altre specie di farro, ha una tecnica di coltivazione che, tradizionalmente, viene seguita negli areali tipici di produzione in maniera semplificata e in certi casi rudimentale quanto ai mezzi tecnici impiegati e alla modalità della loro applicazione, con limitate o assenti impieghi di prodotti chimici di sintesi, di erbicidi; anche l’impiego di concimi è inesistente o limitato ad apporti molto ridotti di fertilizzanti azotati.
La preparazione del letto di semina non è così accurata come quella degli altri cereali vernini. L’attuale tendenza agronomica alla semplificazione delle lavorazioni, con un minor numero e intensità degli interventi, presenta aspetti di grande interesse anche nel caso della coltura del farro, per i vantaggi derivanti dalla riduzione del costo delle lavorazioni e dal contenimento dell’impatto ambientale, applicando tecniche agroecologiche di notevole interesse.
La semina è di norma autunnale, salvo in ambienti ad altitudini elevate dove viene eseguita a fine inverno per evitare i rischi connessi con le temperature molto basse di tale stagione.
Riguardo alla concimazione, di solito è sufficiente la letamazione o la fertilità lasciata dall’erba medica. Per i dettagli della tecnica di coltivazione si rimanda alla seguente scheda.
Usi e Tradizioni –
Il piccolo farro è ritenuto il primo cereale “addomesticato” dall’uomo intorno al 7500 a.C., in Medio Oriente; è la forma domestica del selvatico Triticum baeoticum. Le due forme, selvatica e domestica, sono considerate specie separate o sottospecie: Triticum monococcum, sottospecie T. baeoticum (selvatico) e T. monococcum sottospecie. monococcum (domesticato). La forma coltivata (domesticata) è simile a quella selvatica, tranne che la spiga rimane la stessa alla maturazione, mentre i semi sono più grandi.
Fu proprio il Triticum baeoticum ad essere una delle prime piante domesticate e coltivate. La prima, chiara evidenza della domesticazione del Triticum baeoticum viene datata in un periodo tra 10600 a 9900 anni fa, e ritrovata in due siti archeologici nella Turchia meridionale.
La principale differenza fra il Triticum monococcum selvatico e quello coltivato è la dispersione dei semi. Nella varietà selvatica il contenitore dei semi si rompe e questi ultimi si sparpagliano sul terreno. Ciò facilita un successivo raccolto di grano. Nella varietà coltivata, i contenitori dei semi rimangono intatti. L’intervento umano fa la differenza. La raccolta di piccolo farro con contenitori intatti era più semplice per i coltivatori primitivi. Con il tempo e attraverso selezioni, consapevoli o meno, le preferenze dell’uomo per contenitori intatti dei semi hanno creato la varietà domestica, che ha anche chicchi leggermente più grandi che quelli del Triticum monococcum selvatico. Il piccolo farro richiede la semina e il raccolto da parte dell’uomo per perpetuare la propria esistenza.
Un’importante caratteristica che facilita la domesticazione del Triticum baeoticum e di altri cereali annuali è che le piante sono ampiamente auto-impollinanti, quindi la caratteristica desiderabile (per il coltivatore umano) del piccolo farro può essere perpetuata con minori rischi della fertilizzazione incrociata con piante selvatiche che possono avere caratteristiche meno convenienti, quali chicchi più piccoli, dispersione dei semi, ecc.
Una volta addomesticato, il piccolo farro, dall’area settentrionale della Mezzaluna fertile, si diffuse nel Caucaso, nei Balcani e nell’Europa centrale. La coltivazione del Triticum monococcum nel Medio Oriente cominciò a declinare in favore del farro verso il 2000 a.C. La sua coltivazione non fu mai estensiva in Italia, nel sud della Francia e in Spagna. Il Triticum monococcum continuò ad essere coltivato in alcune zone del Nord Europa durante il medioevo e fino ai primi anni del XX secolo.
Il vantaggio della coltivazione del piccolo farro è che, anche se ha una resa bassa, può crescere su terreni poveri, secchi e marginali, ove altre varietà non avrebbero successo.
Il piccolo farro, come per altre antiche varietà di cereali, è raggruppato fra i “cereali coperti”, poiché il suo nucleo non si libera dal rivestimento dei semi (gluma) con la trebbiatura ed è quindi difficile separare la loppa dal chicco. Oggi, il Triticum monococcum è un cereale marginale, che viene raramente coltivato, sebbene abbia trovato un nuovo mercato come cibo salutistico. Il monococco, dal punto di vista nutrizionale, si differenzia dal frumento tenero o da quello duro per l’alto contenuto di grassi, fosforo, potassio, piridossina e betacarotene; sostanze che hanno un ruolo rilevante nelle funzioni cellulari e sono efficienti agenti antiossidanti.
In Italia il Triticum monococcum è coltivato in provincia di Brescia, con la denominazione di Shebar, in Piemonte, con il nome di Enkir ed in Sardegna.
I valori nutrizionali medi del Triticum monococcum sono: Proteine totali; 19.30 %; Ceneri 2.41; Carotenoidi, 10.40 mg/Kg; Tocoferoli (Vit. E), 94.40 mg/Kg. Microelementi: Zinco, 50.00 mg/Kg; Ferro, 41.70 mg/Kg; Manganese , 38.00 mg/Kg.
Il piccolo farro ha, inoltre, un basso tenore di glutine (intorno al 7%), è panificabile, ma lievita poco.
Modalità di Preparazione –
Il Triticum monococcum rimane un cereale locale, spesso usato come bulgur (grano frantumato) o come mangime per animali. Viene prevalentemente bollito a grani interi o nei porridge. Il suo aroma manca delle caratteristiche desiderabili per il pane.
Guido Bissanti
Fonti
– Acta Plantarum – Flora delle Regioni italiane.
– Wikipedia, l’enciclopedia libera.
– Treben M., 2000. La Salute dalla Farmacia del Signore, Consigli ed esperienze con le erbe medicinali, Ennsthaler Editore
– Pignatti S., 1982. Flora d’Italia, Edagricole, Bologna.
– Conti F., Abbate G., Alessandrini A., Blasi C. (a cura di), 2005. An annotated checklist of the Italian vascular flora, Palombi Editore.
Attenzione: Le applicazioni farmaceutiche e gli usi alimurgici sono indicati a mero scopo informativo, non rappresentano in alcun modo prescrizione di tipo medico; si declina pertanto ogni responsabilità sul loro utilizzo a scopo curativo, estetico o alimentare.