Leccinum duriusculum
Leccinum duriusculum
Il Leccino (Leccinum duriusculum (Schulzer ex Kalchbr.) Singer (1947)), è un fungo basidiomicete della famiglia delle Boletaceae.
Sistematica –
Dal punto di vista sistematico appartiene al Dominio Eukaryota, Regno Fungi, Divisione Basidiomycota, Classe Basidiomycetes, Ordine Boletales, Famiglia Boletaceae e quindi al Genere Leccinum ed alla Specie L. duriusculum.
È sinonimo il termine Boletus duriusculus Schulzer ex Kalchbr. 1874.
Etimologia –
Il termine Leccinum deriva da (i)líceus, derivato da ílex, -icis leccio: del leccio, attinente al leccio. L’epiteto specifico duriusculum è il diminutivo di durior comparativo di durus duro, rigido: alquanto più rigido.
Distribuzione Geografica ed Habitat –
Il Leccinum duriusculum è una specie simbionte che cresce sotto specie di pioppo, soprattutto Pioppo tremulo, nel periodo tra l’estate e l’autunno; predilige i terreni calcarei e cresce a volte isolato ma più spesso in gruppi numerosi.
Riconoscimento –
Questo Leccino si riconosce per avere un cappello di 4–16 cm di diametro, con forma da emisferica a espansa convessa; la cuticola è leggermente eccedente, liscia, opaca, finemente vellutata, che può essere screpolata con tempo secco, con colorazione cariabile dal bruno-grigio al bruno-rosso, a volte con sfumature più chiare tendenti all’ocra verso il margine. I tubuli sono lunghi fino a 3 cm, da adnati a liberi al gambo, di colore da biancastri a grigi o color crema sporco con l’età. I pori sono piccoli, di 0,3-0,5 mm di diametro, rotondi, concolori ai tubuli, poi da grigio a grigio-crema con sfumature oliva; questi al tatto virano al bruno. Il gambo è di 8-17 x 1,4–2 cm, robusto, compatto, cilindrico, lievemente assottigliato all’apice e clavato alla base, di colore biancastro, ricoperto da una fine punteggiatura o piccole granulazioni scagliose che formano delle striature longitudinali che possono unirsi a formare un reticolo, prima brune poi nerastre, tipicamente macchiato di verde-bluastro alla base. La carne è di colore bianco, alquanto compatta che al taglio vira rapidamente dal rosa-salmone, rossastro, che permane per lungo tempo, fino al viola-grigio con sfumature più scure e tendenti al blu verdastro alla base del gambo, mai annerente del tutto; ha odore e sapore subnulli, come gli altri leccini.
Al microscopio si notano delle spore di 13-14 x 4,8-5,1 µm, fusiformi con apice conico, con evidente depressione soprailare, lisce, bruno-oliva in massa. I basidi misurano 19-37 x 6-9 µm e sono clavati e tetrasporici. I cistidi sono abbondanti sull’orlo dei pori, misurano 20-75 x 5,5-17 x 2-4 µm, lageniformi, spesso con collo piuttosto lungo, non colorati o con granulazioni intracellulari marroni. I caulocistidi misurano 25-110 x 5-12 x 2-6,5 µm, lageniformi o fusiformi. Assenti i giunti a fibbia.
Coltivazione –
Il Leccinum duriusculum non è un fungo coltivato.
Usi e Tradizioni –
Per quanto riguarda la sua determinazione si sottolinea che il forte annerimento delle carni, le tonalità verdastre alla base del gambo e la stretta simbiosi con Populus spp. ne semplificano il riconoscimento.
Per quanto riguarda altre possibilità somiglianze, ricordiamo:
– il Leccinum duriusculum f. robustum Lannoy & Estadès, più robusto e massiccio è solo una forma ecologica, di dimensioni notevoli con cappello che raggiunge anche i 25 cm e oltre di diametro, con habitat preferenziale di Pioppo bianco; è considerato comunque sinonimo di Leccinum duriusculu;
– Il Leccinum scabrum (Bull. : Fr.) Gray, specie maggiormente conosciuta e apprezzata nel Nord Italia, si differenzia per la carne pressoché immutabile e per l’habitat di crescita, generalmente associato a Betula spp. (Betulla).
Inoltre il Leccinum duriusculum è confondibile con altre specie della sottosezione Scabra (che comprende Leccinum con carne pressoché immutabile e di norma associati a Betulla) e della sottosezione Albella (carne lentamente virante al rosato-violaceo poi nerastro, mai associati a Pioppo).
Questo leccino è commestibile ed è inserito nell’elenco nazionale delle specie commercializzabili allo stato fresco. Come tutti i Leccinum, viene considerato un buon commestibile dopo adeguata cottura, a esclusione del gambo da scartare perché fibroso e coriaceo. Nonostante che l’annerimento delle carni aumenti con la cottura, come del resto per tutti i Leccinum, risulta essere uno dei più ricercati e consumati tra i “Porcinelli”. La sua commestibilità è comunque maggiore negli esemplari giovani, con esclusione del gambo che è stopposo, soprattutto negli esemplari più maturi.
Modalità di Preparazione –
Per la consumazione di questo leccino si consiglia di consumare solo il cappello, perché il gambo è fibroso; inoltre per poter essere ingerito richiede necessariamente un’adeguata cottura. Prima di qualsiasi utilizzo dunque è importante lasciar abbondantemente bollire i funghi leccini nel loro brodo. Non c’è da preoccuparsi se dopo averli tagliati, oppure dopo la cottura essi cambiano colore. Infatti, per loro caratteristica, tendono ad avere un colorito più scuro ed è quindi un fenomeno assolutamente normale. Come la maggior parte delle specie fungine possono essere normalmente conservati nel congelatore dopo cottura oppure tagliati ed essiccati, ciò non esclude però che essi debbano essere successivamente cotti quando vengono utilizzati. Tutto ciò ovviamente serve per evitare problemi di salute, che possono manifestarsi in seguito all’assunzione a crudo, tra gli eventuali sintomi che possono verificarsi vi sono nausea e forti dolori all’addome.
I funghi leccini vengono bene trifolati in padella, ovvero saltati con un filo d’olio, aglio e qualche erba aromatica che esalti l’odore già abbastanza profumato dei leccini ed il loro sapore dolciastro. Tali funghi avendo un cappello grande sono ottimi per essere imbottiti, nel fare ciò si possono utilizzare le verdure, il formaggio, la carne macinata, la salsiccia e persino il pesce; la scelta del ripieno dipende esclusivamente dal gusto personale. A loro volta possono anche essere un ingrediente per insaporire il ripieno di altre verdure come ad esempio i cavoli. Un altro modo per cucinare i funghi leccini ed ottenere un secondo piatto eccezionalmente buono è la frittura. Dopo avergli dato la giusta impanatura passando nella farina, nell’uovo e nel pan grattato, si lasciano friggere in una padella con l’olio bollente ed il risultato sarà ottimo. Non si esclude poi neanche la possibilità di preparare degli ottimi sughi oppure delle zuppe che vanno a nozze con le basse temperature di stagione, ed infine non si può dimenticare il solito primo piatto, ossia il risotto.
Guido Bissanti
Fonti
– Wikipedia, l’enciclopedia libera.
– Cetto B., 2008. I funghi dal vero, Saturnia, Trento.
– Pignatti S., 1982. Flora d’Italia, Edagricole, Bologna.
– Conti F., Abbate G., Alessandrini A., Blasi C. (a cura di), 2005. An annotated checklist of the Italian vascular flora, Palombi Editore.
Attenzione: Le applicazioni farmaceutiche e gli usi alimurgici sono indicati a mero scopo informativo, non rappresentano in alcun modo prescrizione di tipo medico; si declina pertanto ogni responsabilità sul loro utilizzo a scopo curativo, estetico o alimentare.