L’Aconitina
L’Aconitina
L’aconitina è un alcaloide diterpenoidico (pseudoalcaloide dato che non è derivato da amminoacidi) con, formula bruta o molecolare C34H47NO11. Chimicamente è un diestere dell’aconina con gli acidi acetico e benzoico. Deriva dalla ciclizzazione del geranilgeranil pirofosfato (GGPP) che dopo successive modifiche diventa atisina alla quale viene incorporata una unità 2-amminoetanolica.
Questo alcaloide si trova, in natura, in alcune specie della famiglia Ranunculaceae appartenenti al genere Aconitum.
L’aconitina è un veleno ed è, dopo la nepalina, il secondo veleno di origine vegetale più attivo al mondo.
La specie che contiene un maggior quantitativo di aconitina è l’Aconito napello (Aconitum napellus L., 1753) in cui è stata riscontrata in ogni parte della pianta, anche se l’organo che contiene la maggior quantità di aconitina sono i tuberi. Questa pianta anche se non contiene solo questo alcaloide, l’aconitina ne costituisce la maggiore concentrazione.
Ancora oggi i passaggi del metabolismo secondario che portano alla formazione dell’aconitina non sono completamente chiari. Il meccanismo di funzionamento della aconitina è paragonabile a quella delle neurotossine; infatti agisce sui canali del sodio attivandoli. L’aconitina può essere assorbita sia per ingestione che per contatto.
L’aconitina estratta dalle radici dell’Aconito veniva impiegato in India per eseguire pene capitali, mentre durante la seconda guerra mondiale ne erano in possesso le spie che dovevano uccidersi in caso di cattura. La documentazione storica ci riporta che nel periodo del Cinquecento a Roma ed a Praga i condannati a morte facevano da cavia negli esperimenti per scoprire un antidoto.
Nella medicina cinese è tuttora ritenuta dotata di efficace attività anticongestionale e antitosse (si segue una particolare preparazione con cottura delle radici per 6-8 ore, cosicché mediante processi idrolitici si determina diminuzione della tossicità).
A livello metabolico l’aconitina viene rapidamente assorbita dopo ingestione orale o anche per contatto dermico. L’ingestione di 3 grammi di droga fresca può portare alla morte un uomo in poche ore. Gli alcaloidi dell’aconito agiscono prevalentemente sul cuore, sul sistema nervoso centrale e periferico. L’aconito, rimedio usato per numerose patologie soprattutto nella medicina orientale, assunto in dosi superiori a quelle terapeutiche provoca intossicazioni in misura proporzionale alla quantità somministrata.
Gli effetti di intossicazione da aconitina sono molto rapidi. Dopo un periodo di latenza, compreso tra 10 e 90 minuti dall’ingestione alla comparsa dei primi sintomi, il paziente sviluppa una combinazione di affezioni a carico dell’apparato cardiovascolare: palpitazioni, difficoltà di respiro, ipotensione, bradicardia, tachicardia, aritmia ventricolare, edema polmonare; gastrointestinale: nausea, dolore addominale, diarrea; oltre a disturbi sensoriali e motori, tipici dell’avvelenamento da aconitina.
I sintomi iniziano con un’immediata comparsa di prurito e formicolio che dalla bocca si estende a tutto il volto e poi dalla punta delle dita progredisce lungo gli arti con tendenza ad estendersi a tutto il corpo fino alla completa anestesia. Procede con l’ottundimento della sensibilità degli organi di senso, in particolare vista e udito, poi compaiono sintomi di difficoltà respiratoria, bradicardia, polso debole, ipotensione. Il paziente percepisce prima calore diffuso, poi intenso calore interno e poi subentra la febbre elevata, secchezza cutanea e mucosa: di rado compare una sudorazione calda e profusa, che in genere rappresenta il superamento della crisi. La pelle può ricoprirsi di un’eruzione di tipo miliare accompagnata da forte prurito. Polso e respirazione accelerano e il paziente viene pervaso da grande agitazione psico-motoria.
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