Anacardium occidentale
Anacardium occidentale
L’anacardio (Anacardium occidentale L., 1753) è una specie arborea appartenente alla famiglia delle Anacardiaceae.
Sistematica –
Dal punto di vista sistematico appartiene al Dominio Eukaryota, Regno Plantae, Divisione Magnoliophyta, Classe Magnoliopsida, Ordine Sapindales, Famiglia Anacardiaceae e quindi al Genere Anacardium ed alla Specie A. occidentale.
Etimologia –
Il termine Anacardium deriva dal prefisso greco ανα- ana- in alto e da καρδία kardía cuore: nome utilizzato dai farmacisti nel Cinquecento per il frutto di Semecarpus anacardium e recuperato da Linneo. L’epiteto specifico occidentale deriva dal latino occidentalis-e, cioè dall’occidente.
Distribuzione Geografica ed Habitat –
L’ Anacardium occidentale è una specie originaria del nord-est del Brasile ed è abbastanza diffusa in tutti i tropici, non solo americani. In India e nell’Africa sub-sahariana, dove è stata introdotta dai portoghesi, si è addirittura naturalizzata, formando estese foreste e diventando il principale prodotto di esportazione del Mozambico. Il suo areale è diffuso poco oltre i limiti del tropico, ovunque le minime medie delle temperature non scendano sotto i 16º, e con abbassamenti sotto i 10º alquanto rari, in quanto non tollera il gelo. Essendo un albero molto resistente alla siccità cresce anche in aree con circa 500 mm di precipitazioni annue.
Descrizione –
L’ Anacardium occidentale è un albero sempreverde, con corona estesa, che in coltivazione può raggiungere i 6-10 m di altezza. Le foglie sono semplici, alterne, obovate, fino a 20 x 15 cm, glabre, con apice arrotondato, poco picciolate. I fiori sono composti in infiorescenze in pannocchie terminali, lunghe 10-20 cm, maschili o femminili, con calice con 5 sepali; corolla con 5 petali lanceolati lineari, lunghi 7-8 mm, verdastri con una striscia rossastra. L’androceo con 10 stami. Questa pianta si presenta con due tipi di frutti intimamente uniti: uno fresco, la “mela d’anacardio” (chiamata in Brasile “mela di acagiù”), e uno secco, la “mandorla o nocciola d’anacardio” (chiamata in Brasile “noce di acagiù o mandorla di acagiù”).
La mela d’anacardio è, botanicamente, un falso frutto in quanto risulta da una ipertrofia del penduncolo fiorale che arriva a raggiungere le dimensioni di una mela più o meno piriforme. Questa si presenta con superficie liscia, sottile e fragile, di colore dal giallo al rosso vivo, e con una massa polposa ma fibrosa. La “mandorla o nocciola d’anacardio”, che è il vero frutto, è invece una noce reniforme provvista di un duro pericarpo, contenente un seme oleoso e commestibile.
Coltivazione –
L’ Anacardium occidentale è coltivato per la produzione della sua noce, l’anacardio, e del suo falso frutto, chiamato maragnone (dallo spagnolo marañón, derivato dallo stato brasiliano di Maranhão, di cui sembra originario) o noce di acagiù (dal portoghese cajú).
Questa pianta si moltiplica normalmente per seme, ha una crescita rapida e richiede aree prive di freddo, in terreni fertili, con un pH tra 6 e 8, in esposizione al sole. Richiede abbondanti annaffiature in estate. Per la tecnica di coltivazione si può consultare la seguente scheda.
Usi e Tradizioni –
I Portoghesi introdussero questa pianta in India nel XVI secolo ed oggi l’India e l’Africa orientale ne sono i maggiori produttori. I suoi frutti tostati sono commestibili, perché crudo contengono un olio tossico. La corteccia e le foglie hanno proprietà medicinali. A seconda del Paese dove si trova prende diversi nomi: cashew in Inghilterra, kaschu in Germania, cajou in Francia, merey in Venezuela.
Il seme dell’anacardio è avvolto da un guscio che contiene una sostanza caustica che viene rimossa facilmente per rendere il seme commestibile, ma può essere avviata alla produzione dell’olio di gusci di anacardo. Quest’ultimo non va confuso con l’olio di anacardo, commestibile, estratto dai gherigli e non dal guscio.
Nei paesi produttori invece del seme se ne mangia il frutto (falso frutto). In Brasile, durante il periodo stagionale della produzione, dal frutto, che è di sapore acidulo e rinfrescante, si estrae un succo che viene bevuto dopo essere stato leggermente fermentato. La pianta dell’anacardio riveste un notevolissimo interesse economico per i molteplici usi, oltre a quello alimentare, dal guscio si estrae un inchiostro indelebile, il succo ha un potere antitermiti molto apprezzato, dal frutto si ricavano alcool e aceto e, previa pressione, un olio pregiato, dalla pianta si ottengono una gomma e un liquido lattiginoso che vengono usati come basi per le vernici. Il succo, di colore nerastro, è resinoso ed estremamente caustico, e viene usato in medicina.
Il seme contiene un olio irritante che deve essere eliminato con il calore prima che il seme possa essere estratto con molta cura per evitare di contaminarlo. Trasformare gli anacardi in noce commestibile é una procedura complicata e richiede molta mano d’opera. Solo il 10% della produzione grezza passa indenne attraverso le varie fasi della trasformazione e confezionamento. Questo spiega il prezzo elevatissimo degli anacardi sul mercato europeo.
L’anacardio in guscio viene tostato in modo da prepararlo alla rottura del guscio stesso, fatta per lo più a mano. Il frutto viene nuovamente scottato per facilitare la rimozione della leggera pellicola scura che lo ricopre. L’anacardio è un frutto che tende a irrancidire molto facilmente per cui, per ben conservarlo, occorre limitare il contatto con l’aria.
Altra caratteristica interessante degli anacardi è la loro consistenza chimica. I frutti, infatti, sono ricchi di acidi grassi monoinsaturi, acido folico, vitamina B 1 e B 2, sali minerali e steroidi vegetali che aiutano il riassorbimento di colesterolo.
Modalità di Preparazione –
In cucina gli anacardi possono essere consumati al naturale, salati e tostati, solo tostati oppure come ingredienti per piatti orientali; una delle più note ricette con anacardi è, infatti, il pollo agli anacardi della tradizione culinaria tailandese e cinese.
In India, soprattutto nello stato di Goa, il fiore dell’anacardio è utilizzato per produrre un liquore, dall’odore e sapore di vernice, chiamato fenny, o feni o più particolarmente cashewfeni.
Guido Bissanti
Fonti
– Acta Plantarum – Flora delle Regioni italiane.
– Wikipedia, l’enciclopedia libera.
– Treben M., 2000. La Salute dalla Farmacia del Signore, Consigli ed esperienze con le erbe medicinali, Ennsthaler Editore
– Pignatti S., 1982. Flora d’Italia, Edagricole, Bologna.
– Conti F., Abbate G., Alessandrini A., Blasi C. (a cura di), 2005. An annotated checklist of the Italian vascular flora, Palombi Editore.
Attenzione: Le applicazioni farmaceutiche e gli usi alimurgici sono indicati a mero scopo informativo, non rappresentano in alcun modo prescrizione di tipo medico; si declina pertanto ogni responsabilità sul loro utilizzo a scopo curativo, estetico o alimentare.