Prunus armeniaca
Prunus armeniaca
L’albicocco (Prunus armeniaca L.) è una specie arborea da frutto della famiglia delle Rosacee.
Sistematica –
Dal punto di vista sistematico appartiene al Dominio Eukaryota, Regno Plantae, Divisione Magnoliophyta, Classe Magnoliopsida, Ordine Rosales, Famiglia Rosaceae e quindi al Genere Prunus ed alla Specie P. armeniaca.
Etimologia –
Il termine Prunus è utilizzato da Plinio ed è la latinizzazione del greco προῦμνη proúmne susino, pruno in Teofrasto e Dioscoride; probabilmente derivato da una lingua pre-greca dell’Asia Minore, vedi infatti anche prunum prugna, susina dal greco προῦνον proúnon in Galeno. L’epiteto specifico armeniaca deriva da Armenia stato eurasiatico indipendente del Caucaso meridionale in quanto un tempo si riteneva che provenisse da questa regione.
Distribuzione Geografica ed Habitat –
L’albicocco è una pianta originaria di un territorio della Cina nordorientale al confine con la Russia. Oggi l’albicocco è praticamente cosmopolita per lo meno alle latitudini ed altitudini con climi temperati.
Descrizione –
Il Prunus armeniaca è una pianta latifoglia e caducifoglia alta dai 5 ai 7 metri ed a volte anche più. Nelle coltivazioni la pianta raggiunge al massimo i 3 metri per facilitare le operazioni di raccolta. Ha foglie cuoriformi con margine doppiamente seghettato, fiori dotati di calice e corolla pentameri, bianco-rosei, unici o appaiati. L’albero fiorisce prima della fogliazione. I frutti (albicocche) sono delle drupe vellutate di colore giallo scuro-arancioni, con tendenza al rosso sbiadito nei frutti più maturi. I germogli sono verdi o rossastri, la corteccia ha colore marrone scuro.
Coltivazione –
L’albicocco è oggi una pianta coltivata in gran parte del mondo; la sua coltivazione è per lo più destinata alla produzione di frutta fresca o destinata alla preparazione di succhi, sciroppi e confetture. Per la tecnica di coltivazione consulta la scheda seguente.
Usi e Tradizioni –
Il Prunus armeniaca, dal suo luogo di origine si è diffuso, già in epoche remote (la sua presenza data più di 4000 anni di storia), verso ovest, attraverso l’Asia centrale sino ad arrivare in Armenia (da cui prese il nome) dove, si dice, venne scoperta da Alessandro Magno. I Romani la introdussero in Italia e in Grecia nel 70-60 a.C., ma la sua diffusione nel bacino del mediterraneo fu consolidata successivamente dagli arabi, infatti Albicocco deriva dalla parola araba Al-barquq. Questo albero è noto anche come armellino nei dialetti veneti in seguito agli scambi con l’Oriente. Linneo lo pensò originario dell’Armenia (da cui deriva l’epiteto specifico “armeniaca”) ma la pianta, come detto è originaria della Cina e diffusa in Europa dagli arabi moltissimi secoli fa.
Ancora oggi però l’origine della specie è contestata da qualcuno. L’albicocco era conosciuto in Armenia in tempi antichi, dove era già coltivato. Semi di albicocca sono stati scoperti durante gli scavi archeologici del Tempio di Garni e l’insediamento di Shengavit (risalenti a 6.000 anni fa).
In uno scavo archeologico a Garni in Armenia sono stati trovati semi di albicocca Eneolitico. Nonostante il gran numero di varietà di albicocche coltivate oggi in Armenia (circa 50) secondo Vavilov il suo centro di origine sarebbe la regione cinese, dove avrebbe avuto luogo l’addomesticamento dell’albicocca. Altre fonti asseriscono invece che l’albicocca fu coltivata per la prima volta in India nel 3000 a. C. circa.
Le albicocche sono comunque coltivate in Persia sin dall’antichità e quelle essiccate rappresentavano un’importante merce sulle rotte commerciali persiane. Più recentemente, i coloni inglesi portarono l’albicocca nelle colonie inglesi nel Nuovo Mondo. La maggior parte della moderna produzione americana di albicocche proviene dalle piantine trasportate sulla costa occidentale da missionari spagnoli.
I semi dell’albicocca coltivati in Asia centrale e nel Mediterraneo sono così dolci che possono essere sostituiti con le mandorle. Il liquore amaretto ed i biscotti amaretti sono conditi con estratto di noccioli di albicocca anziché di mandorle.
I noccioli contengono tra il 2,05% e il 2,40% di acido cianidrico, ma il consumo normale non è sufficiente a produrre effetti gravi.
I cinesi associano l’albicocca all’educazione e alla medicina. Ad esempio, la parola classica 杏壇 (letteralmente: “albicocco altare”) che significa “cerchio educativo”, è ancora ampiamente usata nella lingua scritta. Chuang Tzu , un filosofo cinese del IV secolo a. C., raccontò una storia in cui Confucio insegnava ai suoi studenti in un bosco di alberi di albicocca.
L’associazione con la medicina a sua volta deriva dall’uso comune dei noccioli di albicocca come componente nella medicina tradizionale cinese, e dalla storia di Dong Feng (董 奉), un medico durante il periodo dei Tre Regni, che non richiedeva alcun pagamento dai suoi pazienti, tranne che piantassero alberi di albicocco nel suo frutteto per riprendersi dalle loro malattie. Il termine “Expert of the Apricot Grove” (杏林 高手) è ancora usato come riferimento poetico per i medici.
In Armenia, il legno dell’albero di albicocca viene utilizzato per la fabbricazione di sculture in legno souvenir o strumenti musicali come il duduk, che è un popolare strumento a fiato dell’Armenia.
L’albicocco contiene: Carotenoidi, Vitamina A, B5, C ed E, acido folico, calcio, rame. L’olio di nocciolo di Albicocca è composto per il 65% da acidi grassi monoinsaturi.
Modalità di Preparazione –
Le albicocche vengono consumate fresche in tutto il mondo ma una parte consistente della loro produzione è destinata alla conversione in confetture, succhi di frutta, sciroppi e frutta secca. In cucina trova utilizzo per il confezionamento di dolci o torte e per preparazioni artigianali di confetture e sciroppi.
Guido Bissanti
Fonti
– Wikipedia, l’enciclopedia libera.
– Treben M., 2000. La Salute dalla Farmacia del Signore, Consigli ed esperienze con le erbe medicinali, Ennsthaler Editore
– Pignatti S., 1982. Flora d’Italia, Edagricole, Bologna.
– Conti F., Abbate G., Alessandrini A., Blasi C. (a cura di), 2005. An annotated checklist of the Italian vascular flora, Palombi Editore.
Attenzione: Le applicazioni farmaceutiche e gli usi alimurgici sono indicati a mero scopo informativo, non rappresentano in alcun modo prescrizione di tipo medico; si declina pertanto ogni responsabilità sul loro utilizzo a scopo curativo, estetico o alimentare.