Si può ridurre l’Uso dei Pesticidi?
Si può ridurre l’Uso dei Pesticidi?
Che l’uso dei pesticidi* in agricoltura si possa diminuire se non addirittura annullare è cosa risaputa da molti anni.
Tra gli anni 60 ad oggi, molti ricercatori, tra cui il sottoscritto con i lavori sul controllo di alcuni aleirodidi, abbiamo più volte ed ampiamente dimostrato come molte (se non tutte) le infestazioni ed attacchi parassitari derivano da errori agronomici, specializzazioni eccessive, ecc..
Adesso una recente ricerca francese (se mai ce ne fosse ancora bisogno) dimostra per di più che applicando meno farmaci i raccolti possono persino aumentare. Purché si seguano anche antiche pratiche sostenibili.
Spesso ci si pone la seguente domanda: le aziende agricole che usano pochi pesticidi hanno più da guadagnare o da perdere? Nella maggior parte dei casi la produttività dei raccolti e la redditività non ne risentono. Anzi, spesso (come riportano molte ricerche di pieno campo) questi due indicatori migliorano.
Adesso arriva anche la parola autorevole di uno sostiene uno studio curato da alcuni ricercatori dell’INRA (Institut national de la recherche agronomique) francese che, come è arcinoto, è uno dei più importanti centri di ricerca sull’agricoltura del mondo.
Questa Ricerca, finanziata in gran parte dal governo francese, è stata pubblicata su Nature Plants. Il lavoro è stato condotto su 946 aziende agricole sparse in tutta la Francia diversificate per clima e produzione. Le conclusioni, che sono inequivocabili, sono destinate ad alimentare il dibattito, già molto acceso, tra chi spinge per un’agricoltura più sostenibile e chi ripete che, per sfamare un mondo in continua crescita demografica, sia impossibile rinunciare ai fitofarmaci.
Ma per evitare che siano le nostre considerazioni (più o meno di parte) a far comprendere lo scenario lasciano parlare i dati.
In sintesi, per ogni azienda agricola, la ricerca ha avuto l’obiettivo di determinare i l’effetto che avrebbe un basso utilizzo di pesticidi su produttività (intesa come energia prodotta per ettaro da una coltura) e redditività. Ecco che cosa si è scoperto:
• nel 38,8% dei casi diminuire i pesticidi fa aumentare la produttività;
• nella metà dei casi (55%), chi usa meno fitofarmaci ottiene gli stessi raccolti di quando ne utilizzava di più;
• solo nel 6,2% dei casi i ricercatori hanno riscontrato raccolti più scarsi.
Ma il termine “pesticidi” è vago, comprende un catalogo sterminato di fitofarmaci (termine come detto improprio) con funzioni e composizioni spesso molto diverse. Ed è per questo che lo studio ha distinto le tre principali categorie: fungicidi, erbicidi e insetticidi. Facendo questa discriminazione si è visto che i risultati sono ben distinti:
gli insetticidi sono i più facili da eliminare: nella maggior parte dei casi (86,2%) chi li diminuisce ottiene raccolti più abbondanti;
solo il 39,2% delle aziende agricole analizzate è riuscita a diminuire i fungicidi aumentando la produttività (ma in oltre la metà dei casi è rimasta invariata);
solo il 6,4% del campione è riuscito a usare meno erbicidi producendo di più. Inoltre in tre casi su dieci (28,8%) i raccolti sono stati più scarsi. A voler vedere il bicchiere mezzo pieno, nel 65% dei casi la produttività è rimasta identica.
Ma il dato che (se ciò fosse ancora necessario) è più significativo è che la maggior parte delle aziende che riducono drasticamente i fitofarmaci, secondo questa ricerca, non subiscono alcuna variazione della propria redditività: questo succede in due casi su tre (66,6%); mentre nel 22,3% dei casi gli introiti diminuiscono e solo nell’11,1% aumentano.
Per il tipo di agricoltura che oggi, in gran parte viene condotta in queste aziende agricole, i risultati dello studio non dicono che tutti i pesticidi sono inefficienti, o male utilizzati, ma secondo la ricerca, appare evidente però che esistono molte pratiche utili a controllare i parassiti, ben note agli agricoltori, che non solo funzionano, ma non comportano alcun danno né alla produttività né alla redditività delle aziende agricole. Questa è la vera novità emersa dalla questa interessantissima ricerca , tenuta, come al solito, nascosta alla grande opinione pubblica.
Tra le pratiche alternative vanno annoverate (in maniera molto generica): la rotazione delle colture, l’utilizzo di varietà meno attaccabili da insetti, il ritardo della semina dei cereali invernali, l’eliminazione delle erbe infestanti con mezzi meccanici anziché con erbicidi. Soprattutto le buone rotazioni con leguminose, diminuendo gli apporti di azoto di sintesi (uno dei maggiori agenti a rendere le piante più vulnerabili agli attacchi parassitari) sono le tecniche da riconsiderare in maniera sostanziale.
In definitiva questa Ricerca francese è un buon punto di partenza, soprattutto perché è stata condotta con procedure di qualità e con metodi molto accurati. Se porprio si può fare un’appunto alla ricerca è che tra i parametri presi in considerazione non si è dato peso al livello culturale ed alla competenza del singolo agricoltore.
Ma questo è forse il punto di partenza per un’agricoltura sostenibile del futuro: formazione ed informazione sono aspetti molto importanti nella sfida per ridurre l’uso di presidi fitosanitari in agricoltura.
Questa Ricerca, dimostra una verità che è arcinota a molti ricercatori: non c’è dubbio che sia possibile eliminare del tutto i pesticidi: molte aziende biologiche lo fanno già. Non è possibile farlo però totalmente con determinati tipi di agricoltura (intensiva, protetta, specializzata, ecc.).
A niente serve poi la diatriba tra chi sostiene che se si convertissero le aziende agricole, che fanno uso della chimica, con aziende che producono con sistemi naturali (tra cui quelle certificate in biologico” che così si andrebbe ad affamare il Pianeta.
Anche questa è un’affermazione priva di ogni fondamento tecnico e matematico.
(vedi il contributo: quanti abitanti possono vivere sulla terra). La FAO stima che nel 2050 nel mondo vivranno 9 miliardi di persone ma in questa direzione si andrà verso un’ulteriore perdita delle terre coltivabili e, soprattutto, verso la indisponibilità tecnica soprattutto di fertilizzanti di sintesi e di pesticidi. Invece un’agricoltura sostenibile (con rese proprie delle aziende condotte in biologico) distribuita su tutta la superficie coltivabile mondiale è, di fatto, l’unica soluzione.
È evidente che oggi, lL’uso di fitosanitari è inevitabile nelle colture intensive ad alto valore aggiunto per mantenere certi livelli di redditività e produttività aziendale.
Ma quest’agricoltura come ad esempio quella della Pianura Padana dove, ad oggi, la rotazione delle colture non è conveniente perché il mais garantisce alta produttività e redditività, anche grazie al fatto che c’è acqua in abbondanza e a basso costo, non è riproducibile nemmeno più nel breve periodo (per via dell’esponenziale inquinamento di falde e suoli).
Un altro aspetto interessante che è emerso da questa ricerca francese è che, ovviamente, non tutte le colture reagiscono allo stesso modo al taglio dei fitofarmaci. Nello studio pubblicato su Nature Plants i raccolti di granturco e barbabietola da zucchero non subiscono alcuna diminuzione. E anzi, garantiscono maggiori introiti agli agricoltori, che possono risparmiare sui costi dei pesticidi. Diversa è la situazione del frumento; questa è infatti una delle produzioni che ha meno da guadagnare da questo scenario.
È stato infatti dimostrato che i campi di grano coltivati con pochi pesticidi forniscono raccolti inferiori nel 73% dei casi; allo stesso tempo è anche vero che, molto spesso, la redditività rimarrebbe identica (nel 65% dei casi) o aumenterebbe (24%), proprio perché si risparmierebbe sul costo di acquisto e di distribuzione dei fitofarmaci.
In definitiva la ricerca deve riprendersi la sua Autorità demolita e smembrata dai grandi e smisurati interessi delle multinazionali e dei politici compiacenti o ignoranti. Su questo però l’opinione pubblica deve difendersi anche per difendere i principali protagonisti di un cambiamento che oramai è inderogabile: gli agricoltori, che resistono, nonostante tutto al disinteresse (o all’eccesivo interesse) di molte istituzioni pubbliche o private pericolosamente conniventi alle bugie alimentari.
Guido Bissanti
* impropriamente chiamati fitofarmaci, in quanto il loro uso non è curativo ma agisce col meccanismo dei veleni – per veleno si intende infatti una sostanza che, assunta da un organismo vivente, ha effetti dannosi temporanei o permanenti, fino ad essere letali, attraverso un meccanismo chimico. Per farmaco si intende invece un prodotto, realizzato con molecole, imprescindibilmente conformi alle EUGMP, classificati quali API (active pharmaceutical ingredient ), esogeni, organici o inorganici, naturali o sintetici, capaci di indurre modificazioni funzionali in un organismo vivente, positivamente o negativamente, attraverso un’azione fisica, chimica o fisico-chimica.