Cannabis sativa
Cannabis sativa
La canapa utile (Cannabis sativa L. 1753) è una specie del genere Cannabis. Questa specie è coltivata soprattutto per uso tessile, edile e per la produzione di carta. La Cannabis sativa contiene alcune sostanze stupefacenti, in percentuali variabili a seconda della varietà. Secondo alcuni comprende un’unica specie, la Cannabis sativa che è la pianta storicamente più diffusa in occidente che, al suo interno, comprende tre specie: C. sativa, C. indica e C. ruderalis.
Sistematica –
Dal punto di vista sistematico la canapa utile appartiene al Dominio Eukaryota, Regno Plantae, Sottoregno Tracheobionta, Superdivisione Spermatophyta, Divisione Magnoliophyta, Classe Magnoliopsida, Sottoclasse Hamamelidae, Ordine Urticales, Famiglia Cannabaceae e quindi al Genere Cannabis ed alla Specie C. sativa.
Etimologia –
Il termine italiano deriva dal latino “cannabis” che è anche il nome scientifico della specie (Cannabis sativa). Il nome latino proviene dal greco kànnabis e questo a sua volta, con ogni probabilità, dal sanscrito: “çanas” (che indica appunto la pianta). Questa pianta nei testi sacri indiani è citata diverse volte. Gli assiri la chiamavano “qunubu” o “qunapu” e in semitico si diceva “kanbos”. Insomma la radice è sempre la stessa senza dubbio.
Altri sostengono che il nome viene dal greco “kanna” per la forma della pianta e dal suffisso “bis”, che si riferirebbe ai termini “bosm” (ebraico) e “busma” (aramaico) col significato di odoroso, dal buon profumo, aromatico.
In provenzale e anche nella antica lingua d’oc, che sono molto simili, si dice “canebe”. Il quartiere del porto di Marsiglia si chiama “la Canebière”; forse perché ha a che fare con le funi che si usavano sulle navi che erano di canapa. O in quella zona semplicemente c’erano campi di canapa. Comunque, per continuare con la nomenclatura di questa pianta: in francese si dice “chanvre”, in portoghese “canhamo” e “cañamo” in spagnolo, in albanese “kanup”, e ancora: in armeno “kaneph”, in russo “kanopljà”, in polacco conopi o penek, in fiammingo kemp, in olandese hennup, in danese hampa, in bulgaro kenvir, in giapponese asa, in turco nasha, in siriano kanabira, in arabo kannab, ecc..
Infine ci sono poi tutti i nomi più o meno gergali legati al suo uso ludico o religioso (da marijuana a ganja, l’erba divina del rastafarianesimo).
Distribuzione Geografica ed Habitat –
La Cannabis sativa è originaria dell’Asia centrale e meridionale. Infatti la cannabis preferisce un clima caldo e umido anche se la pianta è molto resistente e può vivere in molti habitat, a patto che il pH del terreno sia compreso tra 5 e 7.
Questa specie richiede una buona esposizione al sole per crescere, infatti la canapa ha bisogno di almeno 12 ore di luce per iniziare la fioritura. L’optimum per la fase vegetativa e per la produzione di THC si ha con periodi di luce di 18 ore.
Per la sua adattabilità la Cannabis può vivere in una serie diversa di climi e può diventare infestante. Durante la seconda guerra mondiale la cannabis è stata piantata ampiamente nell’Iowa per la produzione di funi di canapa. Questi campi sono stati successivamente convertiti per coltivare il mais, ma le piante di cannabis sono diventate infestanti e difficili da controllare.
Descrizione –
La Cannabis sativa ha un’altezza variabile e può arrivare fino a 5 metri (mediamente varia tra 1,5 e 2 metri), con escrescenze resinose, angolate, a volte cave, specialmente al di sopra del primo paio di foglie. Le foglie basali sono opposte, le più alte alternate, palmate, raramente singole, lanceolate, punte acuminate fino a 10 cm di lunghezza, 1,5 cm di grandezza. I fiori possono essere monoici o dioici. I fiori maschili (staminiferi) sono riuniti in pannocchie terminali e ciascuno presenta 5 tepali fusi alla base e 5 stami. I fiori femminili (pistilliferi) sono riuniti in gruppi di 2-6 alle ascelle di brattee formanti corte spighe; ognuno mostra un calice membranaceo che avvolge strettamente un ovario supero e uniloculare, sormontato da due stili e due stimmi.
I frutti hanno una colorazione marrone con acheni brillanti.
La Canapa presenta una lunga radice a fittone e un fusto, eretto o ramificato, con escrescenze resinose, angolate, a volte cave, specialmente al di sopra del primo paio di foglie.
Coltivazione –
Per la coltivazione di questa specie si tenga presente che in Italia la coltivazione industriale è consentita dalla circolare ministeriale del MIPAF n. 1 prot. 200 dell’8 maggio 2002 e limitata a varietà di canapa certificate, appositamente selezionate per avere un contenuto trascurabile di THC, che ne costituisce il principio attivo farmacologico e psicotropo.
Anche se in Italia è dal 1998 che si è ricominciato a coltivarla, sappiamo di avere una solida tradizione alle spalle, ancora viva nel tessuto sociale di famiglie, paesi e comunità intere. Nonostante la coltivazione di canapa industriale non sia mai espressamente stata vietata nel nostro Paese, la cattiva interpretazione delle leggi antidroga ha portato le forze dell’ordine ad arrestare e sequestrare le coltivazioni di chi negli anni ‘70 e ‘80 aveva provato a riprendere la coltivazione della canapa da fibra o da seme. Questa situazione di incertezza si è protratta fino al 1997, anno della circolare del Ministero delle Politiche Agricole e Forestali contente disposizioni relative alla coltivazione della Cannabis sativa, integrata poi della circolare n.1 dell’ 8 maggio 2002. Un’altra circolare del ministero della Salute del 22/05/2009 consente la produzione e commercializzazione di prodotti a base di semi di canapa per l’utilizzo nei settori dell’alimentazione umana, anche se non risolve il problema dell’eventuale percentuale di THC contenuto negli alimenti. La legislazione europea si basa invece sui Regg. 953 del 2006 e 507 del 2008.
In definitiva la canapa in Italia è coltivabile a condizione che si utilizzino sementi registrate nell’Unione europea e che abbiano un contenuto massimo di THC certificato dello 0,2%.
Per gli agricoltori pertanto non è più necessaria alcuna autorizzazione per la semina di varietà di canapa certificate con contenuto di THC al massimo dello 0,2% per cui la comunicazione alla più vicina stazione di dell’ordine (Polizia di Stato, Carabinieri, Guardia di Finanza) tramite un modulo denuncia, non è più necessaria.
Gli unici obblighi per il coltivatore sono quello di conservare i cartellini della semente acquistata per un periodo non inferiore a dodici mesi e di conservare le fatture di acquisto della semente per il periodo previsto dalla normativa vigente.
La percentuale di THC nelle piante analizzate potrà oscillare dallo 0,2% allo 0,6% senza comportare alcun problema per l’agricoltore. Gli eventuali controlli verranno eseguiti da un soggetto unico e sempre in presenza del coltivatore, e gli addetti al controllo sono tenuti a rilasciare un campione prelevato per eventuali contro-verifiche. Nel caso in cui la percentuale di THC dovesse superare la soglia dello 0,6%, l’autorità giudiziaria può disporre il sequestro o la distruzione della coltivazione, ma anche in questo caso “è esclusa la responsabilità dell’agricoltore”.
Per la piantagione si ricorda che se si coltiva per raccogliere gli steli, per ottenerne fibra e canapulo, biomassa cellolosica, allora è preferibile usare varietà dioiche, e tra queste: Carmagnola, CS, Fibranova, Eletta Campana, Tiborszallasi. Se invece si intende raccogliere anche il seme bisogna utilizzare varietà monoiche, tra le quali ad esempio: Futura, Felina, KC Dora, Monoica, Uso 31.
La canapa riesce ad adattarsi ai più svariati ambienti, anche se i migliori risultati produttivi si ottengono in zone umide e con temperature di 20-25°C durante tutto il ciclo e nei terreni argillosi e fertili.
Il miglioramento genetico (fatto in passato anche in Italia) ha portato alla costituzione di varietà ad elevata percentuale di fibra.
La canapa essendo una coltura da rinnovo, necessita di aratura profonda e successivi lavori di affinamento del terreno poco prima della semina. La semina dovrà avvenire tra fine aprile-primi maggio e dovrà essere fatta a file distanti 15-18 cm, in modo da ottenere, alla raccolta, un investimento di 100-200 piante a metro quadrato, che si raggiunge impiegando circa 60 kg/ha di seme. Dal punto di vista nutritivo, la canapa è molto sensibile alla concimazione azotata: la carenza di tale elemento comporta una notevole riduzione dello sviluppo della pianta. Per i motivi esplicati in altre parti di questo sito sconsigliamo sempre l’uso dei fertilizzanti azotati di sintesi prevedendo una buona rotazione e comunque l’ausilio di fertilizzanti organici provenienti, preferibilmente, dall’azienda stessa.
Normalmente l’irrigazione è superflua al Nord. Per quanto riguarda le infestanti, la canapa, una volta conclusasi la fase di emergenza, non presenta problemi perché ha uno sviluppo molto rapido e manifesta una elevata competitività.
Se la raccolta riguarda esclusivamente la produzione vegetale questa viene effettuata in corrispondenza della fioritura femminile (prima metà di agosto); se si vuole ottenere anche la produzione di acheni, viene posticipata alla fine di settembre. Un tempo la raccolta veniva fatta a mano; oggi è meccanizzata, anche per il fatto che la canapa è ormai utilizzata per prodotti diversi da quelli del passato. Per la preparazione di carte speciali , infatti, viene usata la bacchetta verde, che subisce il processo di stigliatura per separare la parte legnosa, o canapulo, dalla fibra. Una buona produzione di steli (bacchetta verde) è pari a 120-150 quintali ad ettaro. La fibra ottenuta (12-15 quintali) viene impiegata per la fabbricazione di tessuti, filtri e isolanti termo-acustici. Dalle piante femminili si può utilizzare anche il seme (fino a 15 quintali ad ettaro), utilizzato per l’estrazione di olio impiegato per la produzione di colori e vernici. Il materiale che rimane dalla stigliatura può essere impiegato come lettiera, mentre i panelli di estrazione vengono impiegati nell’alimentazione zootecnica. Insomma una pianta poliedrica e dai mille usi (anche quelli farmaceutici se si lavorasse seriamente alla sua regolamentazione).
Tra le avversità si ricorda che il vento è un temibile nemico della canapa perché, specialmente se forte, può lesionare la corteccia in seguito a reciproco sfregamento degli steli o, in casi estremi, spezzarli; qualora le piante siano ancora ai primi stadi, possono andar soggette a fenomeni di allettamento.
La pioggia, se violenta, può causare la rottura o l’aduggiamento della pianta ai suoi primi stadi di sviluppo, mentre le grandinate, se leggere, possono aprire ferite e predisporre a malattie fungine; se violente, causano spesso lacerature profonde, con conseguente deprezzamento della fibra, o addirittura la rottura degli steli. Le brinate tardive possono facilmente danneggiare le giovani piantine. Infine la siccità influisce sulla produzione e sulla qualità del prodotto.
Tra i parassiti di questa specie ricordiamo una fanerogama parassita delle orobanche (Orobanche ramosa L.) che risulta uno dei più dannosi parassiti della canapa, e alcuni funghi, come Peronoplasmopara cannabina (Ott.) Peglion., agente della peronospora, Dendrophoma marconii Cav., agente dell’oidio, e Sclerotinia libertiana Fuck, agente del mal dello sclerozio. Tra i parassiti animali si ricordano alcuni insetti dannosi tra cui i grilli (Gryllulus desertus Pall. e Gryllulus chinensis Webb.), il maggiolino (Melolontha melolontha L.), l’afide della canapa (Phorodon cannabis Pass.) e l’altica (Psylliodes attenuata Koch.).
Usi e Tradizioni –
La canapa fornisce da millenni un’ottima fibra tessile. La canapa è stata coltivata in epoche storiche antiche in Asia e il Medio Oriente. La produzione commerciale di canapa in occidente è decollata nel XVIII secolo, anche se coltivata nel XVI secolo nell’Inghilterra orientale. A causa della espansione coloniale e navale dell’epoca, le economie necessitavano di grandi quantità di canapa per corde e stoppa.
Importanti paesi produttori sono Cina, Corea del Nord, Ungheria, ex Jugoslavia, Romania, Polonia, Francia e Italia. La fibra tessile di canapa viene ottenuta dal floema o libro, dei fusti di piante di Cannabis sativa e altre simili congeneri.
Le fibre di questa pianta sono tuttora largamente utilizzate dagli idraulici come guarnizione e sono state importante materia grezza per la produzione di tessili e corde. Per centinaia di anni, fino alla seconda metà del Novecento, sono state la materia prima per la produzione di carta.
Come uso tessile la coltura della canapa ha una antica tradizione in Italia. Veniva usata fin dall’antichità per tessuti resistenti e cordame. Molto legata all’espandersi delle Repubbliche marinare, che l’utilizzavano grandemente per corde e vele delle proprie flotte di guerra. La tradizione di utilizzarla per telerie ad uso domestico è molto antica, le tovaglie di canapa in Romagna decorate con stampi di rame nei due classici colori ruggine e verde sono oggetti di artigianato che continuano ad essere prodotti ancora oggi.
La resina di questa specie può contenere a seconda dei casi fino a 60 cannabinoidi, 100 terpenoidi, 20 flavonoidi.
La struttura chimica dei cannabinoidi può essere descritta come quella di un terpene unito a un resorcinolo a sostituzione alchilica, oppure come quella di un sistema ad anello benzopiranico. Le due descrizioni implicano anche una nomenclatura differente, con la prima il principale cannabinoide viene definito come delta-1-tetraidrocannabinolo (delta-1-THC) mentre con la seconda diventa delta-9-THC (entrambi chiamati più semplicemente THC).
I cannabinoidi finora riscontrati si possono dividere in vari tipi; tralasciando l’aspetto chimico di questi, si rammenta che nelle varietà con effetti psicoattivi, la percentuale di THC può variare dal 7% al 27%.
È stato ipotizzato da alcuni che il mercato illegale della cannabis britannico sia dominato da varietà estremamente ricche in THC, fino a 4 volte i livelli normali, ovvero fino a una concentrazione del 30%, ma nel settembre del 2007 studi non ancora pubblicati dell’università di Oxford asseriscono che, per quanto riguarda il mercato della cannabis britannica, i contenuti in THC della droga in vendita non sono in media superiori al 14%, ovvero sono solo raddoppiati dal 1995 al 2005, e che il campione con il più elevato tenore di THC non supererebbe il 24%. A facilitare il cammino verso percentuali più elevate è stata la tecnica di coltura indoor, che permette di ottimizzare la qualità del prodotto. Infatti, non è detto che non esistano varietà molto più ricche in THC, ma esse non sono dominanti sul mercato e probabilmente sono limitate a una fetta più ristretta del mercato.
Tra i Terpenoidi, i principali sono: beta-mircene; beta-cariofillene; d-limonene; linalolo; pulegone; 1,8-cineolo; alfa-pinene; alfa-terpineolo; terpinen-4-olo; p-cimene; borneolo; delta-3-carene; beta-farnesene; alfa-selinene; fellandrene; piperidina.
Tra i flavonoidi i principali sono: apigenina; quercetina; cannaflavina.
Al di là delle controversie sull’uso della canapa come stupefacente, va considerato che essa è stata per migliaia di anni un’importante pianta medicinale, fino all’avvento del proibizionismo della cannabis. A ogni modo negli ultimi decenni si è accumulato un certo volume di ricerche sulle attività farmacologiche della cannabis e sulle sue possibili applicazioni.
Il più noto promotore, nonché studioso, degli usi terapeutici della pianta di cannabis e della sua decriminalizzazione è il prof. Lester Grinspoon, psichiatra e professore emerito dell’Università di Harvard. Questi chiarisce come la cannabis sia uno dei farmaci conosciuti meno tossici, e suggerisce di alleggerire le politiche repressive nate da interessi economici contrapposti a quelli scientifici.
Tra gli attivisti antiproibizionisti ricordiamo l’americano Jack Herer, autore del best-seller del 1985 The Emperor Wears No Clothes.
È interessante notare che una meta-analisi del 2001 (che analizza tutti gli studi clinici pubblicati fino al 2000) conclude che la cannabis è efficace nel dolore neuropatico e spastico, meno in altri tipi di dolore. Ma successivi studi clinici hanno mostrato effetti significativi anche nel dolore tumorale, e hanno confermato l’ottima attività per il dolore neuropatico e per i sintomi dolorosi nella sclerosi multipla (spasticità, sintomi della vescica, qualità del sonno).
Vediamo alcuni dei possibili usi terapeutici:
contro nausea e vomito, anoressia e cachessia, spasticità, condizioni dolorose (in particolare dolore neurogeno)
contro disordini del movimento, asma e glaucoma
contro allergie, infiammazioni, infezioni, epilessia, depressione, disordini bipolari, ansia, dipendenza, sindrome d’astinenza;
contro malattie autoimmuni, cancro, neuroprotezione, febbre, disordini della pressione arteriosa.
Sono anche numerose le testimonianze di coloro che sono riusciti a superare la dipendenza dall’alcol o dalla cocaina grazie all’utilizzo della cannabis, che a differenza delle precedenti sostanze non porta a una dipendenza fisica confrontabile, ad esempio, con quella generata dalla nicotina.
Va notato che si stanno inoltre testando nel mondo farmaci che contengono una versione sintetica di alcuni dei principi attivi della cannabis (dronabinol, HU-210, levonantradolo, nabilone, SR 141716 A, Win 55212-2), ma questi per ora hanno mostrato molti più effetti collaterali e svantaggi rispetto alla pianta naturale.
Al di la dei meccanismi di azione dei cannabinoidi contenuti in questa pianta (che rimandiamo ad un approfondimento su testi di medicina) si ricorda che di questa vengono usate solo alcune parti, prevalentemente i fiori femminili (marijuana) e la loro resina (hashish) fumati, inalati o ingeriti. Il principale agente psicoattivo della cannabis è il THC. La temperatura elevata raggiunta durante la cottura o la combustione provoca la decarbossilazione dell’acido tetraidrocannabinoico in THC, aumentando la quantità assorbita di quest’ultimo.
L’hashish preparato per scopi commerciali contiene un’elevata quantità di sostanze variabili (naturali e non) allo scopo di aumentarne il peso per trarre maggiore profitto. La canapa è una droga “dispercettiva” che amplifica le sensazioni, e gli effetti dell’assunzione sono dunque molteplici. Tra quelli più frequentemente descritti si possono elencare: una sensazione di benessere, ilarità, maggiore coinvolgimento nelle attività ricreative, alterazione della percezione del tempo e assenza di atti aggressivi o reazioni violente (al contrario dell’alcool). La generale intensificazione delle sensazioni e delle emozioni può comprendere anche quelle legate a situazioni o pensieri spiacevoli, normalmente tollerabili o inconsci e può determinare, in questi casi, stati fortemente ansiosi, atteggiamenti e pensieri paranoici, limitatamente alla durata dello stato di intossicazione.
Nel marzo 2007, la rivista scientifica The Lancet ha pubblicato uno studio dal quale si evince la minore pericolosità della marijuana rispetto ad alcool, tabacco o benzodiazepine: ricerche confermano questo studio. Non esistono casi documentati di overdose dovuta all’abuso di questa sostanza, in quanto il THC ha una tossicità estremamente bassa e i metodi di assunzione più utilizzati non consentono di assorbirne una quantità così elevata; il rapporto tra la dose letale e quella necessaria per saturare i recettori è di 1.000:1.Una ricerca del professor David Nutt dell’Università di Bristol, conferma la minore pericolosità della cannabis rispetto ad alcool e tabacco.
Inoltre varie ricerche e studi condotte in varie università del mondo hanno dimostrato che il principio attivo THC potrebbe avere effetti antitumorali.
I primi studi scientifici nei quali si è potuto osservare con sufficiente confidenza tali caratteristiche anticancerogene risalgono ormai al lontano 1975.
I semi di questa pianta, inoltre, sono molto ricchi di acidi linoleici, vitamine e amminoacidi essenziali, e costituiscono un alimento completo; sono usati anche per la spremitura di un olio, l’olio di semi di canapa, che ha un uso alimentare, ma è valido anche come combustibile.
La cosa che deve fare riflettere i governanti è che con la proibizione della canapa il maggior uso della pianta nei paesi occidentali si è ridotto a quello ricreativo.
I semi di canapa costituivano un ingrediente tradizionale di molte cucine orientali (ad esempio in Nepal) e di alcune zone della Russia, che li impiegavano in una sorta di farinata, tipicamente nei periodi di carestia. Il seme di canapa infatti fornisce all’uomo un altissimo nutrimento, tanto che poche fonti vegetali possono competere con il suo valore nutrizionale. La farina ricavata dalla macinazione del seme della canapa può essere usata anche per fare una pasta in tutto simile a quella di grano tenero, ma dal colore più scuro.
La composizione proteica del seme di canapa è praticamente unica nel regno vegetale, ed è tra le fonti vegetali più ricche di acidi grassi polinsaturi. Il 65% delle proteine sono globuline edestine; il contenuto di edestina, eccezionalmente alto, combinato con l’albumina, altra proteina globulare presente in tutti i semi, rende immediatamente disponibili tutti gli amminoacidi. Le proteine del seme di cannabis permettono poi di ottenere il massimo nutrimento per chi soffre di tubercolosi, e altre malattie che provocano un blocco del sistema digestivo.
Gli estratti di semi di canapa, come quelli di soia, possono essere insaporiti per avere il gusto di pollo, di carne di manzo, o di maiale, e possono essere usati per produrre una sorta di tofu, panna o margarina, a un costo inferiore di quello dei fagioli di soia. La germinazione di qualsiasi seme aumenta il suo valore nutrizionale, e anche il seme di canapa può essere maltato e usato come ogni altro nelle insalate o nelle ricette. Dai semi è possibile ricavarne il latte (con sapore simile alla nocciola) come i fagioli di soia. Possono infine essere macinati e usati come farina, oppure cotti, addolciti e mescolati con il latte per farne una nutriente colazione, simile alle creme di avena o di grano. Questo tipo di farinata è nota come gruel, cioè quasi una farinata d’avena.
I semi della canapa contengono oltre a proteine e carboidrati un olio molto ricco di acidi linolenici senza alcun effetto psicoattivo. L’olio ha un gusto fortemente linolico e viene ancora usato come olio speziato. È anche diffuso in molti prodotti cosmetici. Il sottoprodotto dei semi pressati per estrarre l’olio è un agglomerato altamente proteico. Questo agglomerato è stato uno dei principali mangimi per animali fino al secolo scorso. Il seme di canapa può fornire una dieta quasi completa per tutti gli animali addomesticati (cani e gatti), per molti animali da fattoria e il pollame, e permette il raggiungimento del loro massimo peso con un costo inferiore a quello dei mangimi impiegati e senza il bisogno di usare steroidi per la crescita artificiale e altri farmaci potenzialmente tossici.
Si ricorda inoltre che l’olio estratto dalla cannabis può essere utilizzato in alcuni tipi di motore, in particolare come biodiesel.
È opinione molto diffusa (e verosimile) che la proclamazione delle leggi proibizionistiche nei confronti della cannabis negli Stati Uniti prima della seconda guerra mondiale sia stata anche legata alla concorrenza tra la nascente industria chimico petrolifera e la possibilità di usare l’olio di questa pianta come combustibile.
Dal fusto della pianta della canapa si può ottenere l’etanolo attraverso un processo di fermentazione.
È noto che la canapa è coltivata dalla notte dei tempi. Reperti storici ed archeologici confermerebbero che probabilmente la Cannabis sativa sia stata la prima pianta in assoluto ad essere ammaestrata dall’uomo per soddisfare propri bisogni.
Prove dell’utilizzo della cannabis si hanno fin dai tempi del Neolitico, testimoniate dal ritrovamento di alcuni semi fossilizzati in una grotta in Romania. Il più antico manufatto umano ritrovato è un pezzo di stoffa di canapa risalente all’8000 a.C. La cannabis fornisce da millenni un’ottima fibra tessile, e principalmente per questo cominciò a essere coltivata in epoche storiche antiche, in Asia e in Medio Oriente. Già nel XVI secolo si cominciò a coltivarla nell’Inghilterra orientale, ma la sua produzione commerciale si iniziò in Occidente nel XVIII secolo. La fibra di canapa è stata per centinaia di anni la materia prima per la produzione di carta, ma dalla metà del Novecento, con l’avvento del proibizionismo, l’uso delle fibre della canapa è notevolmente ridotto.
In Cina verso il 4.500 a.C. veniva usata per moltissimi usi, sia tessili che medici (l’uso della canapa per i dolori mestruali, ad esempio, pratica che si è tramandata fino quasi ai giorni d’oggi, persino la severissima regina Vittoria la usava a questo scopo.
Il Radicale 200 (麻 o má), il carattere cinese per indicare la canapa, raffigura due piante poste sotto una tettoia. L’uso di cannabis a Taiwan risale ad almeno 10.000 anni fa.
L’importanza della coltivazione della canapa nel Settecento è attestata dal poemetto Il canapajo del sacerdote Girolamo Baruffaldi, tipico prodotto della letteratura georgico-didascalica.
Lo scrittore François Rabelais nel terzo Libro di Pantagruele dedica ben due capitoli alla canapa, descrivendone le qualità e la sua utilità soprattutto per la navigazione, considerandola così eccezionale da attribuirle il nome del suo protagonista.
Dal Rinascimento all’Ottocento la Cannabis divenne un oggetto e uno strumento narrativo sempre più presente nella letteratura europea, soprattutto francese. Troviamo straordinarie descrizioni degli effetti nelle opere di autori come Gerard de Nerval, Théophile Gautier, Charles Baudelaire, Honoré de Balzac, Alexandre Dumas padre.
Ne il Poema de l’hashish dei Paradisi artificiali, Charles Baudelaire descrive le sue esperienze con la sostanza in pagine segnate da vistose e profonde contraddizioni. Da un lato egli esaltava le visioni e i rapimenti causati dal fumo e dall’altro denunciava i danni che questo causava sulla coscienza, la volontà e anche sulla creatività letteraria.
Per quanto riguarda l’uso psicotropo, fumatori di cannabis dell’antichità furono popolazioni Hindu di India e Nepal. Nei Paesi arabi la resina della pianta di canapa fu consumata per secoli per le sue proprietà di alterazione della mente, in particolare dagli Hashashin, presenti in Siria, dai quali prese il nome l’hashish.
La cannabis fu anche utilizzata dagli Assiri, che ne appresero le proprietà psicoattive dagli Arii e grazie a essi, fu fatta conoscere e utilizzare anche a Sciti e Traci, che cominciarono a farne uso anche durante i loro riti religiosi. L’imperatore Shen Nung, padre della medicina cinese, includeva la canapa nella sua farmacopea, uno dei più antichi testi di medicina e prima descrizione di questa erba, datata 2700 a.C. La cultura cinese si interessò principalmente alle potenzialità curative, tralasciando quelli che erano i risultati secondari causati dalla sua assunzione. Era usata principalmente sotto forma di bevanda per curare patologie dolorose interne, mentre sotto forma di fumo se ne faceva uso per la cura del mal di denti, di pustole o di lacerazioni al cavo orale. Nel 2003 fu ritrovata in Cina una borsa di pelle contenente alcune tracce di cannabis e semi risalenti a 2.500 anni fa.
Le ripetute migrazioni delle popolazioni nomadi dell’Asia ne favorirono la diffusione nel medio oriente, nel mediterraneo, e infine nell’Europa occidentale. Alcune fonti ne hanno fatto risalire l’uso in Grecia già nell’800 a.C. Lo storico greco Erodoto nel V secolo a. C. racconta che presso gli Sciiti, popolazione nomade indo-iraniana, quest’erba veniva spesso passata in giro e fumata nei banchetti e durante le cerimonie funebri, per mettere allegria.
Nell’Europa centrale, ancor prima dell’espansione dell’Impero romano, la cannabis era già coltivata e usata nelle isole britanniche dalle tribù dei Celti e dei Pitti (III- IV sec a.C.). Plinio il Vecchio nella Naturalis Historia menziona le proprietà terapeutiche dell’erba, e ulteriori riferimenti si possono trovare nell’Antica Juliana del medico Nerone Discoprite. Nel Medioevo l’uso proseguì lecitamente sino al 1484 quando una bolla papale ne vietò l’uso ai fedeli.
Nel 1800 l’uso dell’hashish in Europa divenne una vera e propria moda: introdotto dallo psichiatra francese Jacques-Joseph Moreau, che nel 1840 descrisse gli effetti della droga in una relazione scientifica dopo averla provata su di sé, si diffuse ben presto specie negli ambienti artistici di quel tempo; tanto che a Parigi nacque il Club des Hashischins frequentato da poeti e scrittori come Victor Hugo, Alexandre Dumas, Charles Baudelaire, Honoré de Balzac e Théophile Gautier.
In Europa l’uso della cannabis come sostanza psicoattiva è abbastanza recente, probabilmente dovuto al fatto che in Europa si diffuse maggiormente la specie Cannabis sativa mentre la Cannabis indica, più ricca di principi attivi stupefacenti, è entrata in Europa molto più tardi, nell’Ottocento, probabilmente grazie a Napoleone, interessato alla proprietà di questa pianta di alleviare il dolore e per i suoi effetti sedativi.
Modalità di Preparazione –
Recentemente la canapa la si incontra spesso nel piatto o nel bicchiere: dalla pizza di canapa servita con tartare di mozzarella bufala e pomodoro corbarino, fino alla Treja, birra artigianale di un birrificio che al luppolo affianca canapa sativa, mirto e pepe rosa.
Oggi la coltivazione della canapa e la lavorazione dei suoi derivati nel Roero e dintorni è un vero e proprio trend: dalla pasta fresca al gelato, fino alle belle pagnotte.
Alcuni chef dopo aver studiato le proprietà nutraceutiche della pianta e dei suoi derivati alimentari come la farina, i semi decorticati e l’olio – che, per esempio, si rivela prezioso nella cura della psoriasi e dell’acne – hanno lavorato sulle consistenze e sull’aspetto sensoriale per renderli ancora più appetibili e interessanti. Solitamente l’uso in cucina della canapa è abbastanza limitato ma negli ultimi tempi è una materia fortemente sviluppabile che può dare grandi soddisfazioni sia a chi la lavora sia a chi la mangia.
Nascono così piatti gourmet dove l’olio viene usato non solo per condire a crudo (gli elementi nutraceutici in esso contenuti sono termolabili e andrebbero persi con la cottura) ma anche per marinare carni e pesci crudi e per aggiungere un tocco particolare ai dessert, grazie al suo retrogusto nocciolato; il decorticato viene utilizzato per creare inedite panure per secondi piatti, dalla consistenza e dal gusto particolare, mentre la farina si può utilizzare – “tagliandola” con altre farine ricche di glutine come quella di farro, o con farine prive di glutine come riso, tapioca e manioca nel caso di preparazioni per celiaci – per preparare pasta fresca, pane e dolci.
In Italia conosciamo soprattutto il sapore dell’olio extravergine d’oliva o del burro; se si usano oli diversi ci si deve abituare un po’ alla volta ma l’importante è che l’uso della canapa, come ogni altro prodotto, venga trattato con la dovuta conoscenza e senza tutte le speculazioni negative che di questa si fanno.
Ed infine, ma certamente non ultimo, l’uso tessile.
Se pensiamo che il cotone è una delle colture più inquinanti del pianeta, mentre la canapa non necessita quasi mai di diserbanti o fitofarmaci, avremmo una ragione in più per andare in questa direzione, nonostante sia un investimento non indifferente. Immaginiamo però il valore che potrebbe avere una canapa made in Italy, coltivata con nostre genetiche, che dia vita a capi di vestiario fatti in Italia. Come tessuto, grazie alla sua fibra cava, la canapa rimane fresca in estate e calda in inverno. Ha proprietà antibatteriche e antifungine ed è in grado di assorbire l’umidità del corpo tenendolo asciutto; inoltre assorbe i raggi infrarossi e gli UVA fino al 95%.
La resistenza agli strappi è tre volte maggiore a quella del cotone e tra le fibre naturali è quella che meglio resiste all’usura.
Guido Bissanti
Fonti
– Wikipedia, l’enciclopedia libera.
– Treben M., 2000. La Salute dalla Farmacia del Signore, Consigli ed esperienze con le erbe medicinali, Ennsthaler Editore
– Pignatti S., 1982. Flora d’Italia, Edagricole, Bologna.
– Conti F., Abbate G., Alessandrini A., Blasi C. (a cura di), 2005. An annotated checklist of the Italian vascular flora, Palombi Editore.
Attenzione: Le applicazioni farmaceutiche e gli usi alimurgici sono indicati a mero scopo informativo, non rappresentano in alcun modo prescrizione di tipo medico; si declina pertanto ogni responsabilità sul loro utilizzo a scopo curativo, estetico o alimentare.