Agricoltura: Obiezione di coscienza
Agricoltura: Obiezione di coscienza
Di fronte ad una disinformazione sempre più vasta ed assordante ed al cospetto dei grandi interessi di multinazionali e grandi strutture, sulla gestione del mondo dell’agricoltura, ci corre l’obbligo di constatare che è necessaria una nuova forma di obiezione di coscienza che sia in grado di far riflettere tutti noi.
Il disorientamento non riguarda solo gli agricoltori ma tutte le parti coinvolte dalla più grande “industria” del mondo: quella della produzione del cibo.
Un’industria che è stata sapientemente pilotata verso processi organizzativi e produttivi tanto distanti dalle regole ecologiche e dai principi della Vita da poter determinare forse il più grande disastro dell’umanità se non si corre ai ripari.
Chiariamo subito che si può fare ottima agricoltura, ottima produzione, senza alcun bisogno dei prodotti di sintesi, dei pesticidi, dei diserbanti; di tutta quella chimica a cui si è iniziato a far ricorso dal momento che abbiamo convertito i processi di produzione agricoli, sapientemente maturati in 10.000 anni di storia e tradizione.
Si è passati da regole mutuate dai principi ecologici (biodiversità, ciclicità, rinnovabilità, ecc.) a regole derivate da processi industriali e per niente adatte ad essere sopportate dalla natura.
Anche se pochi lo sanno il rendimento energetico di un’azienda moderna è spesso 1/10 di quella di un’azienda condotta con principi ecologici e di salvaguardia ambientale.
La stessa agronomia studiata sui libri universitari, dagli anni ’60 in poi, è stata imperniata ed improntata ad un’agricoltura che facesse massiccio uso di input esterni (fertilizzanti, carburanti, fattori di produzione, ecc.) ribaltando le più basilari leggi della termodinamica ecologica e dell’agroecologia (l’ecologia si basa su cicli chiusi e non su cicli aperti come quelli attuali).
Il risultato è sotto gli occhi di tutti e la fame nel mondo, unità alla graduale diminuzione di tutte le risorse planetarie (acqua, suolo, aria, ecc.) è aumentata dagli anni ’60 ad oggi (parliamo di un dato ponderato su scala planetaria, per cui non fa fede l’incremento delle risorse disponibili per una piccola parte di popolazione appartenente ai paesi ricchi occidentali).
Bisogna pertanto riprendere, in maniera drastica, la discussione sul tema, coinvolgendo professionisti, scienziati, operatori, agricoltori, tutti; perché tutti ci cibiamo e cibarsi è soprattutto una questione etica.
È necessario così difendere la piccola agricoltura sostenibile, come un modo per promuovere la giustizia sociale e la dignità. Bisogna opporsi fermamente all’aziendalismo agricolo guidato dalle multinazionali che stanno distruggendo persone e natura.
Bisogna ripensare sostanzialmente alle politiche agricole ed a tutte le strutture collegate; dobbiamo affermare la Sovranità Alimentare e far comprendere cosa sia la Sovranità Alimentare e quali vantaggi di ordine sociale ed ecologico porti con se.
È un’opera che non può partire solo dal mondo della Scienza e della Politica ma deve coinvolgere prioritariamente la Coscienza di ogni uomo di buona volontà.
In gioco c’è una civiltà e la Storia futura.
Guido Bissanti