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Ficus benghalensis

Ficus benghalensis

Il baniano (Ficus benghalensis L., 1753) è una specie arborea appartenente alla famiglia delle Moraceae.

Sistematica –
Dal punto di vista sistematico appartiene al:
Dominio Eukaryota,
Regno Plantae,
Divisione Magnoliophyta,
Classe Magnoliopsida,
Sottoclasse Hamamelidae,
Ordine Urticales,
Famiglia Moraceae,
Genere Ficus,
Specie F. benghalensis.
Sono sinonimi i seguenti termini:
– Ficus banyana Oken;
– Ficus benghalensis var. krishnae (C. D. C.) Corner;
– Ficus chauvieri G. Nicholson;
– Ficus cotoneifolia Vahl;
– Ficus cotonifolia Stokes;
– Ficus crassinervia Kunth & C. D. Bouché;
– Ficus karet Baill.;
– Ficus krishnae C. D. C.;
– Ficus lancifolia Moench;
– Ficus lasiophylla Link;
– Ficus procera Salisb.;
– Ficus pubescens B. Heyne ex Roth;
– Ficus umbrosa Salisb.;
– Perula benghalensis Raf.;
– Urostigma benghalense (L.) Gasp.;
– Urostigma crassirameum Miq.;
– Urostigma procerum Miq.;
– Urostigma pseudorubrum Miq.;
– Urostigma rubescens Miq.;
– Urostigma sundaicum Miq.;
– Urostigma tjiela Miq..

Etimologia –
Il termine Ficus è il nome in latino classico del fico, genere già noto allora, di probabile derivazione dall’ebraico.
L’epiteto specifico benghalensis, proviene da Bengala, regione del subcontinente indiano suddivisa tra India e Bangladesh: per via delle sue origini.

Distribuzione Geografica ed Habitat –
Il baniano è una pianta originaria di un’area del est dell’ Asia e del subcontinente indiano.
L’albero si è naturalizzato nell’Australia nord-orientale, dove è considerato invasivo.
Il suo habitat è quello delle zone monsoniche e delle foreste pluviali e foreste di pianura ad altitudini comprese tra 500 e 1.200 metri.

Descrizione –
Il Ficus benghalensis è un albero sempreverde, perenne, con portamento che si riscontra soltanto in poche specie dello stesso genere: dalla sua ramificazione espansa si dipartono radici aeree, che dapprima assorbono umidità dall’aria, ma quando raggiungono il terreno lo penetrano trasformando i tessuti, di modo che la parte rimasta diviene a sua volta un fusto colonnare munito di radici proprie, pur rimanendo attaccato alla pianta primigenia.
La pianta di solito inizia la vita come epifita, crescendo nel ramo di un altro albero; con l’avanzare dell’età manda verso il basso radici aeree che, quando raggiungono il suolo, formano rapidamente radici e diventano molto più spesse e vigorose. Forniscono sostanze nutritive al fico, permettendogli di crescere più velocemente dell’albero ospite. Le radici aeree circondano gradualmente l’albero ospite, impedendone l’espansione del tronco principale, mentre allo stesso tempo il fogliame soffoca il fogliame dell’ospite. Alla fine l’ospite muore, lasciando che il fico continui a crescere senza concorrenza.
La chioma è ampia e diffusa e può raggiungere un’altezza di 20-30 metri o più.
Le foglie sono coriacee, ovate, verde scuro con nervature pallide, lunghe circa 20 centimetri.
I fiori, piccoli e verdastri, sono riuniti in grappoli che si dipartono dalla parte ascellare delle foglie.
Come tutte le specie appartenenti al genere Ficus, produce un’infiorescenza molto particolare che prende il nome di sìconio. Si tratta di un ricettacolo piriforme carnoso al cui interno sono custoditi sia i fiori maschili (ridotti a singoli stami) sia i fiori femminili (ridotti a singoli pistilli). Alla sommità è presente una piccola apertura, detta ostiolo, dalla quale entrano gli impollinatori pronubi. Una volta che i fiori femminili sono stati fecondati si sviluppa un’infruttescenza, anche questa chiamata sìconio, che per aspetto richiama il fico comune (Ficus carica L.). Al suo interno sono presenti i veri frutti costituiti da dei piccoli acheni che sono rossi e rotondi.

Coltivazione –
Il Ficus benghalensis è una pianta che cresce bene nelle regioni a clima mite e predilige esposizioni soleggiate, caldo – umide. Resistente alla siccità ma teme il gelo.
Il clima preferito è quello con temperature diurne annuali comprese tra 26 e 36 °C, ma può tollerare 9 – 40 °C.
Le piante mature non tollerano temperature inferiori a -2 °C ma la crescita delle piante giovani è danneggiata a -1 °C.
Preferisce una piovosità media annua nell’intervallo 1.000 – 2.500 mm, ma tollera 500 – 4.000 mm.
Le piante giovani tollerano abbastanza l’ombra, ma richiedono quantità crescenti di luce solare man mano che diventano più grandi.
Preferisce un terreno fertile, da leggero a medio, con pH compreso tra 5,5 e 7, tollerando 4,5 – 8,5.
Queste piante hanno una forma unica di riproduzione che si basa su una singola specie di vespa altamente specializzata che è a sua volta totalmente dipendente da quella specie di fico per riprodursi. Gli alberi producono tre tipi di fiori: maschio, una femmina macrostile e un fiore femminile microstile, spesso chiamato fiore del fiele. Tutti e tre i tipi di fiore sono contenuti all’interno della struttura che di solito pensiamo come il frutto.
La vespa femmina del fico entra in un fico e depone le uova sui fiori femminili microstili mentre impollina i fiori femminili microstili. Le vespe di fico maschio senza ali emergono per prime, inseminano le femmine emergenti e quindi perforano i tunnel di uscita dal fico per le femmine alate. Le femmine emergono, raccolgono il polline dei fiori maschili e volano via alla ricerca dei fichi i cui fiori femminili sono ricettivi. Per sostenere una popolazione del suo impollinatore, gli individui di un Ficus spp. deve fiorire in modo asincrono. Una popolazione deve superare una dimensione minima critica per garantire che in qualsiasi momento dell’anno almeno alcune piante abbiano la sovrapposizione di emissione e ricezione di vespe di fico. Senza questa sovrapposizione temporale le vespe impollinatrici di breve durata si estingueranno localmente.
La propagazione può avvenire per seme che germina meglio a una temperatura di circa 20 °C o per talee di punta lunghe circa 4 – 12 cm, prelevate dai rami laterali.

Usi e Tradizioni –
Il Ficus benghalensis è simbolo nazionale dell’India ed è considerato sacro. Un esemplare gigantesco fu descritto da Nearco durante la spedizione di Alessandro Magno lungo le sponde del fiume Narmada.
L’albero viene raccolto allo stato naturale per i suoi frutti commestibili e per usi medicinali. Fornisce anche un legname e un materiale per legare.
L’albero oltre ad essere considerato sacro dagli indù è comunemente piantato per scopi religiosi, viene coltivato anche come ornamentale e per fornire ombra lungo le strade così come nei parchi e nei grandi giardini.
I fichi prodotti dall’albero vengono mangiati da uccelli come la myna indiana. I semi di fico che passano attraverso il sistema digerente degli uccelli hanno maggiori probabilità di germogliare e germogliare prima.
Nel Buddismo Theravada, si dice che questo albero sia stato usato come albero per l’illuminazione raggiunta, o Bodhi, dal ventiquattresimo Buddha chiamato “Kassapa – කස්සප”. La pianta sacra è conosciuta come “Nuga – නුග” o “Maha nuga – මහ නුග” in Sri Lanka.
È l’albero sotto il quale Lord Adhinath, il primo Jain Tirthankara, raggiunse Kewal Gyan o l’illuminazione spirituale.
I giganteschi baniani dell’India sono gli alberi più grandi del mondo per area di copertura della chioma.
L’esemplare di albero più grande e conosciuto al mondo in termini di area bidimensionale coperta dalla sua chioma è Thimmamma Marrimanu nell’Andhra Pradesh, in India, che copre 19.107 metri quadrati. Questo albero è anche l’esemplare di albero più grande e conosciuto al mondo in termini di lunghezza del suo perimetro, che misura 846 metri.
Nearchus, un ammiraglio di Alessandro Magno, descrisse un grande esemplare sulle rive del fiume Narmada nella contemporanea Bharuch, Gujarat, India; potrebbe aver descritto l’esemplare attualmente denominato “Kabirvad”. La chioma dell’esemplare descritto da Nearchus era così estesa da ospitare 7.000 uomini. James Forbes in seguito lo descrisse nelle sue Memorie orientali (1813-15) con quasi 610 m di circonferenza e con più di 3.000 tronchi. Attualmente l’area della sua tettoia è di 17.520 metri quadrati) con un perimetro di 641 metri.
Altri esemplari indiani degni di nota includono The Great Banyan nel Jagadish Chandra Bose Botanic Garden a Shibpur, Howrah, che ha una superficie di 18.918 metri quadrati e ha circa 250 anni, e Dodda Aladha Mara a Kettohalli, Karnataka, che ha una superficie della tettoia di 12.000 metri quadrati e ha circa 400 anni.
In Europa un esemplare notevole si trova al Giardino Inglese di Palermo dove, nelle calde domeniche d’estate, si può spesso assistere ad un raccogliersi sotto la sua chioma di intere famiglie di origine indiana, srilankese o pakistana, che si radunano con teli e coperte di colori accesi sotto il loro baniano, sentendosi, per un momento, a casa.
Tra gli usi commestibili si ricorda i suoi frutti possono essere mangiati sia cotti che crudi; questi hanno un sapore dolciastro ed apprezzato particolarmente dai bambini ma generalmente consumato solo quando non sono disponibili cibi migliori.
Il Ficus benghalensis trova impiego anche per usi medicinali.
Le foglie servono come rimedio per dissenteria e diarrea. Si usano in un decotto con riso tostato come diaforetico.
Le foglie giovani vengono riscaldate e usate come impiastro. Vengono applicate agli ascessi come impiastro per risolvere suppurazioni e secrezione di pus.
Il lattice concentrato, unito al frutto, è afrodisiaco e viene utilizzato per curare la spermatorrea e la gonorrea. Mescolato con lo zucchero, è usato come trattamento per la dissenteria nei bambini.
Il lattice della pianta viene applicato localmente per trattare mal di denti, contusioni, aree doloranti, articolazioni reumatiche e lombalgia.
Viene fatto gocciolare nelle ferite per uccidere o espellere i germi e viene applicato per trattare il sanguinamento e il gonfiore delle gengive.
La corteccia è tonica e diuretica. Un infuso è antidiabetico e un decotto è usato come astringente nel trattamento della leucorrea.
Dalle fibre della radice si ottiene un decotto che è utile come trattamento contro la gonorrea, mentre le estremità tenere delle radici aeree sono utilizzate in caso di vomito persistente.
Un infuso ricavato dai rametti è un utile rimedio per l’emottisi.
Il lattice viene utilizzato contro dolori e febbre, reumatismi e lombalgie, mal di denti e applicato su suole screpolate e infiammate.
Il frutto è tonico e ha un effetto rinfrescante.
Tra gli altri usi si ricordano quelli agroforestali.
Questa specie però può essere considerata una pianta infestante e nociva nella foresta, occupando una grande quantità di spazio ad esclusione di specie più utili. Inoltre, è molto distruttiva per qualsiasi muro o edificio in cui cresce a poca distanza ed è estremamente difficile da sradicare.
Le radici aeree sono usate per leganti temporanei. La corteccia e le foglie contengono tannini.
Il lattice ottenuto da tutte le parti della pianta può essere utilizzato per produrre una gomma di qualità inferiore.
Il legno è leggero, resistente all’acqua ma è di bassa qualità, non è adatto per un uso generale, ma potrebbe essere impiegato per lavori di falegnameria secondari, come i rivestimenti di cassetti e armadi.
Viene utilizzato localmente per pali, carrelli, mobili e per rivestire pozzi.

Modalità di Preparazione –
I frutti del Ficus benghalensis possono essere mangiati sia cotti che crudi.
Ma questa pianta trova impiego anche per usi medicinali. In questo caso vengono utlizzatte varie parti della pianta:
– le foglie, in forma di decotto, con riso tostato come diaforetico, servono come rimedio per dissenteria e diarrea;
– le foglie giovani vengono riscaldate e usate come impiastro ed applicate agli ascessi per risolvere suppurazioni e secrezione di pus;
– il lattice concentrato, unito al frutto, è afrodisiaco e viene utilizzato per curare la spermatorrea e la gonorrea; viene mescolato con lo zucchero, è usato come trattamento per la dissenteria nei bambini;
– inoltre il lattice viene applicato localmente per trattare mal di denti, contusioni, aree doloranti, reumatismi, dolori articolari e lombalgia;
– il lattice viene fatto anche gocciolare nelle ferite per uccidere o espellere i germi e viene applicato per trattare il sanguinamento e il gonfiore delle gengive.

Guido Bissanti

Fonti
– Acta Plantarum – Flora delle Regioni italiane.
– Wikipedia, l’enciclopedia libera.
– Useful Tropical Plants Database.
– Conti F., Abbate G., Alessandrini A., Blasi C. (a cura di), 2005. An annotated checklist of the Italian vascular flora, Palombi Editore.
– Pignatti S., 1982. Flora d’Italia, Edagricole, Bologna.
– Treben M., 2000. La Salute dalla Farmacia del Signore, Consigli ed esperienze con le erbe medicinali, Ennsthaler Editore.

Attenzione: Le applicazioni farmaceutiche e gli usi alimurgici sono indicati a mero scopo informativo, non rappresentano in alcun modo prescrizione di tipo medico; si declina pertanto ogni responsabilità sul loro utilizzo a scopo curativo, estetico o alimentare.




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