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Myliobatis aquila

Myliobatis aquila

L’aquila di mare (Myliobatis aquila Linnaeus, 1758) è un pesce cartilagineo appartenente alla famiglia dei Myliobatidae.

Sistematica –
Dal punto di vista sistematico appartiene al:
Dominio Eukaryota,
Regno Animalia,
Sottoregno Eumetazoa,
Ramo Bilateria,
Phylum Chordata,
Subphylum Vertebrata,
Classe Chondrichthyes,
Sottoclasse Elasmobranchii,
Superordine Euselachii,
Ordine Myliobatiformes,
Famiglia Myliobatidae,
Sottofamiglia Myliobatinae,
Genere Myliobatis,
Specie M. aquila.
Sono sinonimi i termini:
– Leiobatus aquila (Linnaeus, 1758);
– Myliobatis cervus Smith, 1935;
– Myliobatis equila (Linnaeus, 1758);
– Myliobatis noctula Bonaparte, 1833;
– Myliobatus aquila (Linnaeus, 1758);
– Raia rhombus Larrañaga, 1923;
– Raja aquila Linnaeus, 1758.

Distribuzione Geografica ed Habitat –
L’aquila di mare è un pesce che si trova nell’Oceano Atlantico orientale dal Regno Unito verso sud fino al Sud Africa, compreso il Mare del Nord e il Mar Mediterraneo. Si trova anche nell’Oceano Indiano, dal Kenya al Sud Africa. Vive sia vicino alla costa che più lontano, a profondità fino a circa 800 m ma trascorre gran parte del suo tempo in acque molto basse a meno di 50 m.
Oltre che essere presente nel mediterraneo è comune anche nell’Adriatico e meno comune nel Tirreno.
Il suo habitat è spesso costiero e a volte oceanico delle acque tropicali e temperate, che vive da pochi metri a 300 m di profondità, nuotando spesso a mezz’acqua o in prossimità della superficie, preferibilmente su fondi sabbiosi delle baie e degli estuari.

Descrizione –
Il Myliobatis aquila si riconosce per il corpo con la classica forma discoidale, con il diametro orizzontale più largo di quello verticale; misura fino a 1,5 m di larghezza e 2,5 m di lunghezza.
La testa, rialzata sul piano del dorso, sporge col muso, il quale ha il bordo anteriore semicircolare. Gli occhi sono in posizione laterale e sono seguiti dagli spiracoli. La coda, lunga più del doppio del disco, è a frustino e ha una spina nel suo lato dorsale. La pelle è liscia e ricoperta di muco scivoloso. Le aperture nasali sono in posizione ventrale e collegate alla bocca da due solchi laterali. Nelle mascelle esistono delle piastre dentarie formate da denti poligonali appiattiti e disposti in 7 serie.
Le pinne cefalo-pettorali formano un disco largo quasi il doppio dell’altezza ed hanno gli apici appuntiti; i margini anteriori sono convessi e quelli posteriori sono concavi, tanto da fare assumere alle pinne un aspetto di ali falcate. Le pinne pelviche sono quadrangolari col margine posteriore rettilineo. Esiste una sola pinna dorsale che è arrotondata e inserita sulla coda, dietro agli apici delle ventrali e poco prima dell’aculeo, che è robusto e coi margini seghettati. Le pinne anale e caudale sono assenti.
Questo pesce ha una colorazione bruno cenere scuro, con riflessi verdastri o bronzo sporco.
Presenta il ventre è biancastro, col margine esterno delle pettorali e delle pelviche più scuro o bruno rossastro.
La coda è nera e l’aculeo caudale è dotato di un liquido tossico contenuto in una apposita ghiandola velenifera.

Biologia –
L’aquila di mare è una specie ovovivipara che, dopo una gestazione da 6 a 8 mesi, partorisce, nel periodo autunno-invernale, da tre a sette embrioni per volta.
I piccoli si sviluppano all’interno della madre, ricevendo nutrimento dapprima dai tuorli d’uovo, ma in seguito dai fluidi secreti dalla madre nel suo utero.
Gli embrioni alla nascita hanno già l’aspetto degli adulti.
Il tempo di una generazione è di 5 anni.

Ruolo Ecologico –
Il Myliobatis aquila è un pesce che si nutre di gasteropodi e lamellibranchi e anche di grossi crostacei, granchi e paguri; spesso si aiuta con lo sbattimento delle pettorali per catturare le prede.
Invece di avere denti appuntiti, ha barre esagonali appiattite e piastre disposte a mosaico sulle mascelle; con questi schiaccia i gusci delle sue prede.
La posizione tassonomica del Myliobatis aquila non è chiara in quanto le popolazioni nel Mar Mediterraneo potrebbero essere una specie diversa da quelle dell’Atlantico sudorientale. Nel Golfo del Leone, nel Mar Mediterraneo nordoccidentale ed in altre aree le popolazioni sono diminuite dagli anni ’70.
Il pesce è minacciato dalla pesca intensiva. Lungo la costa dell’Africa occidentale è anche oggetto di attività di pesca artigianale ma queste sono meno intense e le popolazioni possono essere stabili.
Si pesca con reti a strascico o da posta e con palangresi di fondo. La sua carne è molle e viscosa e viene commercializzata e consumata fresca solo localmente.
Le poche informazioni disponibili mostrano una tendenza con forti oscillazioni con apparente declino. Ciò è dovuto sia allo stile di vita, sia al tipo di campionamento. Infatti, questa specie vive in aree poco strascicabili (Relini et al. 2010, Mannini & Relini 2012).
Le principali minacce sono associate al fatto che viene pescato come bycatch sia dalla pesca commerciale che artigianale. Sensibile a diversi attrezzi per la pesca, quali le reti a strascico, le reti a imbrocco e longlines.
L’IUCN lo ha classificato come “in pericolo critico”.

Guido Bissanti

Fonti
– Wikipedia, l’enciclopedia libera.
– Louisy P., 2016. Guida all’identificazione dei pesci marini d’Europa e del Mediterraneo. Il Castello Editore, Milano.
– Nikiforos G., 2008. Fauna del Mediterraneo. Giunti Editore, Firenze.




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