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Prodotti tipici

Fico d’india della Valle del Belice

Fico d’india della Valle del Belice

Il Fico d’india della Valle del Belice (Opuntia ficus-indica (L.) Mill., 1768) è un prodotto tipico (PAT) coltivato nella valle dei fiume Belice in Sicilia.

Origini e Storia –
Il “fico d’India della valle del Belice” è un prodotto che l Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali ha inserito nella lista dei Prodotti Agroalimentari Tradizionali della regione Sicilia (PAT).
Le origini dell’Opuntia ficus vanno ricercate nel XVI secolo, quando venne importato dall’America centro-meridionale in Sicilia dove trovò un habitat ideale e si è sviluppato fino ai giorni nostri. Il Fico d’India, infatti, ha molta resistenza: questa gli ha permesso di ambientarsi velocemente e di crescere anche in suoli aridi, sabbiosi o vulcanici. La spontanea vegetazione della piante di questo gustoso frutto meridionale, ha fatto si che i nobili siciliani hanno sempre visto il Fico d’India come un frutto per “poveri” e non d’elite: l’unica mediocrità da sempre amata dai siciliani. Il Fico d’India è, inoltre, un segno distintivo della vegetazione selvaggia in Sicilia.
Questa pianta è pertanto presente, oltre che in gran parte della Sicilia, nel territorio della Valle del Belice dove un tempo veniva tenuto nelle aree marginali ed utilizzato anche per l’alimentazione animale. Negli ultimi decenni la coltivazione è stata razionalizzata con impianti a sesti regolari e con l’uso o meno di acqua di irrigazione.

Area Geografica –
Il “fico d’India della valle del Belice” viene coltivato in provincia di Agrigento in prossimità del fiume Belice, soprattutto in corrispondenza del Comune di Santa Margherita di Belice dove le caratteristiche piante con “pale” conferiscono una bella suggestione al paesaggio.

Materie Prime –
Il fico d’India della valle del Belice è caratterizzato da un frutto particolarmente succoso e dolce. La tecnica di coltivazione consente, anche in condizioni di annate siccitose, di immagazzinare una grossa dose di acqua e superare così stagioni non favorevoli.
Esistono di fatto tre cultivar che differiscono per la colorazione del frutto: gialla (Sulfarina), bianca (Muscaredda) e rossa (Sanguigna). La cultivar Sulfarina è la più diffusa per la maggiore capacità produttiva e la buona adattabilità a metodi di coltivazione intensiva. In genere vi è comunque la tendenza ad integrare la coltivazione delle tre cultivar, in modo da fornire al mercato un prodotto caratterizzato da varietà cromatica.
I semi contenuti nella polpa sono caratteristici di questo frutto.
Il peso può variare dai 100 ai 400 gr.

Descrizione –
IL Fico d’India è una pianta grassa, meglio una pianta succulenta, per la sua grande capacità di accumulare acqua all’interno, che può raggiungere i 3-5 m di altezza. Il fico d’India possiede una grande resistenza alla siccità.
Ha una forma arborescente e le ramificazioni sono rappresentate da pale, di forma appiattita ed ovale.
Il frutto è una bacca carnosa con numerosi semi, il cui peso può variare da 100 a 400 g.

Modalità di Produzione –
Il Fico d’india della Valle del Belice viene prodotto attraverso una fase di coltivazione che passa attraverso alcuni stadi per ottenere, nel periodo autunnale, un frutto dolce e succulento.
Le coltivazioni possono essere sia in irriguo che in asciutto, in terreni prevalentemente sciolti, ricchi di ferro.
La propagazione si attua per talea, si prepara tagliando longitudinalmente in due parti pale di uno o due anni, che vengono lasciate essiccare per alcuni giorni e poi immesse nel terreno, dove radicano facilmente. La potatura viene eseguita in primavera o a fine estate per impedire il contatto tra le pale e per eliminare quelle malformate o danneggiate.
A maggio-giugno viene effettuata la “scozzolatura”, il taglio cioè dei fiori della prima fioritura, in modo da ottenere una seconda fioritura, più abbondante, con una maturazione più ritardata, in autunno. In base a questa consuetudine si distinguono i frutti che maturano già in agosto, cosiddetti agostani, di dimensioni ridotte, e i tardivi o bastardoni, più grossi e succulenti, che arrivano sul mercato in autunno.
La produzione degli agostani non necessita di irrigazione, che invece è richiesta per la produzione dei bastardoni.
In coltura irrigua si può ottenere una resa di 250-300 quintali di frutto ad ettaro.

Uso Gastronomico –
I fichi d’India, oltre ad essere consumati freschi, con una particolare procedura per togliere spine e polpa esterna, possono essere utilizzati per la produzione di succhi, liquori, gelatine, marmellate, dolcificanti ed altro; ma anche le pale possono essere mangiate fresche, in salamoia, sottoaceto, candite, sotto forma di confettura.
Nella medicina popolare i frutti sono considerati astringenti; per la loro ricchezza di vitamina C sono stati usati in passato dai naviganti per la prevenzione dello scorbuto.
Il decotto di fiori ha proprietà diuretiche. Le pale giovani, riscaldate al forno, vengono utilizzate come emollienti, applicate in forma di cataplasma.

Guido Bissanti

Fonti
– Elenco nazionale dei prodotti agroalimentari tradizionali, del Ministero delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo, ai sensi dell’art. 12, comma 1, della legge 12 dicembre 2016, n. 238 e ss.mm.ii.
– Wikipedia, l’enciclopedia libera.




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