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La morfina

La morfina

La morfina è uno dei più abbondanti e principali alcaloide contenuti nell’oppio. L’oppio è uno stupefacente che si ottiene dall’incisione delle capsule immature del Papaver somniferum, con la raccolta del lattice che trasuda, il quale successivamente, viene lasciato rapprendere all’aria in una resina scura che viene poi impastata in pani di colore bruno che hanno un odore dolciastro ed un sapore amaro. La morfina è stato il primo principio attivo estratto da una fonte vegetale ed è uno dei circa 50 alcaloidi presenti nell’oppio. La morfina, di norma, è contenuta in una percentuale dell’ 8-17 per cento del peso a secco dell’oppio ma, in alcune specie, può raggiungere il 26 per cento. Alcune varietà di papaveri come la Przemko e la Norman sono utilizzate per produrre due altri alcaloidi, che sono la tebaina e papaverina, utilizzati nella sintesi di oppioidi come ossicodone e etorfina e altre sostanze semi sintetiche. Un altro papavero, il Papaver bracteatum (Lindley) è una specie da cui si ottiene una quantità elevata di tebaina.

Ad oggi non è stata invece confermata la presenza di morfina in altri papaverales e Papaveracee, così come in alcune specie di luppolo e di altre specie. La produzione della morfina avviene soprattutto nelle prime fasi del ciclo di vita della pianta. Passato il punto ottimale di estrazione, si alla estrazione di altri alcaloidi come: codeina, tebaina, ossicodone, quantità trascurabili di idromorfone, diidromorfina, diidrocodeina, tetraidrotebaina e idrocodone. La morfina trova applicazione in medicina come analgesico per il trattamento del dolore acuto e cronico. La sua azione al livello dell’organismo dipende dalla forma come viene assunta ma, purtroppo, instaura rapidamente una fase di assuefazione e tolleranza, cioè la necessità di aumentarne le dosi per poter risentire gli stessi effetti analgesici ottenuti con dosi precedenti. Per di più la morfina crea una dipendenza sia fisica che psicologica, azione che può verificarsi dopo alcune settimane di uso giornaliero standard. Per questo motivo non si possono interrompere bruscamente le terapie iniziate con la morfina ma bisogna scalare gradatamente il dosaggio per non incorrere in sindromi di astinenza.
La sintesi della morfina ha origini incerte. Pare che la sua scoperta sia da attribuire ad antichi alchimisti, ma la formula fu presumibilmente persa durante la conquista ottomana di Costantinopoli. Bisogna così arrivare al 1522, quando Paracelso fa riferimento ad un elisir a base di oppio che chiamò laudano (lodare) e che fu descritto come un potente antidolorifico ma da usare in maniera moderata. Successivamente, nel diciottesimo secolo, la Compagnia delle Indie ottenne un interesse diretto nel commercio dell’oppio in India ed a quel punto un altro oppiaceo (chiamato laudano) fu molto utilizzato dai medici per i loro pazienti. La scoperta però di questo primo alcaloide, attraverso estrazione da una pianta di papavero, si deve attribuire a Friedrich Sertürner nel dicembre 1804 a Paderborn, il quale commercializzò il farmaco sia come analgesico che per la dipendenza da oppio e da alcolici. Ma non passò molto tempo per rendersi conto che la morfina dava più dipendenza dell’alcool o oppio, con effetti devastanti sulla vita sociale e sulla salute dei pazienti. Emblematico il caso dell’uso di morfina in ambito bellico, con centinaia di migliaia di soldati ammalatisi da sindrome da dipendenza in diversi teatri bellici.

Avvertenza: le informazioni riportate non sono consigli medici e potrebbero non essere accurate. I contenuti hanno solo fine illustrativo e non sostituiscono il parere medico.




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