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Come coltivare il melo in maniera biologica

Come coltivare il melo in maniera biologica

Per iniziare la coltivazione biologica del melo (Malus domestica Borkh., 1803) bisogna sapere che è una pianta di cui si trovano molte varietà provenienti da incroci intervarietali e interspecifici. Inoltre la coltivazione col metodo biologico può portare a mele di dimensioni più piccole e qualche difetto. I vantaggi sono nel gusto e, chiaramente, nell’assenza di residui di pesticidi. Per quanto riguarda il clima, il melo è una pianta che predilige quelli temperato freddi; può tollerare temperature fino a – 25°C (cosa che gli permette di vegetare bene anche fino ad oltre i 1000 metri). È una pianta che ha quindi che ha un elevato fabbisogno in freddo, anche se alcune varietà si distinguono per un minor fabbisogno. Per cui se siamo al sud possiamo avere un buon successo se coltivati amo alcune varietà (come l’Annurca) e ad una certa quota. Il melo ha una buona adattabilità a vari tipi di terreno (anche perché si è lavorato molto sui portainnesti per adeguarli a diverse caratteristiche pedologiche) a condizione che il contenuto in calcare non sia elevato ma il calcio di scambio sia disponibile (è bene effettuare un’analisi col referto di un agronomo prima dell’impianto).

Per l’impianto va scavata una buca di circa 70 x 70 x 70 cm, in cui mettere letame assolutamente ben maturo o compost, e fare in modo che la pianta abbia il punto di innesto circa 15-20 cm sopra la superficie del suolo. Immediatamente dopo all’impianto ed alla leggera costipazione della terra bisogna effettuare un’abbondante irrigazione. L’epoca migliore per l’impianto va da ottobre a marzo, anche in funzione di latitudine ed altitudine. Per il portainnesto è meglio non improvvisare; nell’acquisto presso un vivaista specializzato date le indicazioni del vostro tipo di terreno per avere il portainnesto più idoneo. Data l’autoincompatibilità del melo bisogna impiantare almeno due varietà ad epoca di fioritura contemporanea. Essendo poi l’impollinazione entomofila è buona cosa dotarsi di arnie o di siepi e piante che fioriscano nello stesso periodo per attirare i pronubi. La distanza di impianto (per impianti produttivi) poi è legata se il portainnesto è nanizzante o meno; comunque non è mai cosa opportuna (per problemi fitosanitari) stringere troppo; quindi minimo 3 x 3 in impianti con alberi di piccola taglia fino a 5 x 5 per varietà normali.
L’irrigazione del melo è necessaria soprattutto nei primi anni e poi sempre durante quelli estivi, evitando per le varietà a maturazione in questo periodo, di irrigare in prossimità della raccolta. Buona tecnica è quella della pacciamatura che contribuisce all’arricchimento in sostanza organica, alla diminuzione delle lavorazioni del terreno ed ai fabbisogni idrici.
Pur se nella melicoltura specializzata si usino forme di allevamento a fusetto per quelle abiologica o per uso familiare è bene far crescere la pianta secondo la sua naturale predisposizione avendo però cura di pulire la pianta dai rami secchi e dalla eccessiva vegetazione interna. Importante è l’operazione di diradamento dei frutti che serve ad evitare l’alternanza di produzione e consente una migliore pezzatura degli stessi. Questa si effettua quando i frutticini hanno circa 10-15 cm di diametro, lasciando solo il frutto centrale di ogni gruppo o al massimo due. L’operazione va eseguita con una forbice.
La raccolta del frutto va operata non a totale maturazione ma qualche giorno prima per una migliore conservabilità.
Per quanto riguarda le malattie, le principali sono costituite da ticchiolatura ed oidio per quanto riguarda quelle fungine che possono essere tenute a bada con maggiore arieggiamento della chioma e prodotti a base di equiseto e di tarassaco: solo in casi estremi si ricorre al polisolfuro di calcio o al rame per la ticchiolatura ed allo zolfo per l’oidio (si può usare anche il bicarbonato di sodio o di potassio in soluzione). Tra gli insetti si ricordano la Carpocapsa pomonella che è un lepidottero che depone le uova su foglie e frutti con cui si può agire con trappole biologiche Tap Trap, con esca proteica. Infine afidi e cocciniglie su cui bisogna agire alle prime comparse con sapone di Marsiglia.




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