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Come coltivare il cappero in maniera biologica

Come coltivare il cappero in maniera biologica

La coltivazione del cappero (Capparis spinosa L., 1753) anche se si tratta di pianta che cresce bene ovunque, va operata li dove però ci sono le condizioni più naturali possibili. Il cappero preferisce terreni sciolti e ben drenati, ben soleggiati e con clima tipicamente caldo mediterraneo.
Per l’impianto si consiglia una lavorazione a circa 50-60 cm per dare possibilità alle radici di andare bene in profondità. Prima dell’impianto è bene operare una concimazione con letame maturo o compost. L’impianto va fatto tra gennaio e febbraio perché in questo periodo il terreno è ancora molto umido e quindi idoneo all’attecchimento delle giovani piantine. Se dovete effettuare una piantagione da reddito si consigliano dei sesti d’impianto di 2,0 m x 2,0 m oppure 2,5 m x 2,5 m tra le file e lungo le file (circa 1000-2000 piante per ettaro), con una profondità delle talee fino a circa 35 cm, effettuando una leggera potatura dell’apparato radicale e liberando la pianta di tutta la parte aerea con una drastica potatura, eliminandola a circa 3 cm al di sopra del colletto della pianta.

Le talee si preparano in estate, prelevando un pezzo di 7–10 cm di un ramo legnoso di 2-3 anni d’età, ponendolo in una cassetta riempita di torba e sabbia. Formatesi le radici, si prelevano le piantine e si invasano singolarmente in vasetti di circa 10 cm di diametro. La piantagione per seme è più difficoltosa e meno veloce per cui la si consiglia solo per un rinvigorimento genetico della specie.
Si consiglia di effettuare una consistente pacciamatura che servirà a proteggere la pianta sia dal freddo che dall’eccessiva evaporazione estiva. L’impianto dura dai 20 ai 30 anni. Essendo pianta molto rustica il cappero necessita solo di due o tre irrigazioni durante il primo anno d’impianto. Per le lavorazioni del terreno si fa presente che per quasi metà dell’anno il terreno che ospita le piante di cappero non richiede lavorazione (all’incirca da settembre a gennaio) in quanto le piante sono in riposo vegetativo e le parti erbacee sono secche. La crescita delle erbe infestanti va poi sovesciata nel periodo primaverile e successivamente ricoperta da una pacciamatura vegetale.
Per la potatura si consiglia di tagliare, dopo i due anni, solo il legno secco ed i succhioni, vale a dire quei rami vigorosi che non producono fiori ma che sottraggono linfa alla pianta. Bisogna inoltre potarla in modo da lasciare numerosi rametti lunghi circa mezzo centimetro in quanto il cappero fiorisce solo sui rami emessi nell’anno.
La fioritura del cappero si ha tra maggio ed ottobre ed oltre alla raccolta dei bottoni fiorali si possono prelevare anche i frutticini del cappero (cucunci) che possono essere conservati sotto sale e sott’aceto. Ottimi sono pure i germogli primaverili della pianta che possono essere preparati e cotti come verdure.
Per quanto riguarda i parassiti del cappero si ricorda che è una pianta molto resistente se manteniamo alte le condizioni di rusticità della coltivazione. Evitare quindi irrigazioni inopportune, concimazioni con composti chimici (buona cosa e la reintegrazione dei sali minerali con la cenere della stessa potatura). Possono essere fastidiosi gli afidi e cocciniglie che comportano poi la risalita di formiche. In questo caso, nel periodo della massima crescita vegetativa, si possono usare lavaggi con soluzioni di sapone di Marsiglia.




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