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L’Economia del Benessere

L’Economia del Benessere

Che l’Europa fosse un mosaico di territori è cosa arcinota ma, aldilà della variabilità morfologica, climatica e storica, la cosa che desta più preoccupazione è il differenziale di “adeguamento storico” dei vari Stati all’interno di Essa.
Se andiamo a guardare nel dettaglio ci si accorge che, nel complesso, l’innovazione nell’UE resta altamente concentrata in un numero limitato di regioni. La mappa che di seguito vi proponiamo parla da sola.

Negli Stati membri nord-occidentali, la qualità dei collegamenti interregionali, una forza lavoro altamente qualificata e un ambiente imprenditoriale attraente hanno consentito alle regioni limitrofe di beneficiare della loro vicinanza alle regioni interessate. Negli Stati membri meridionali e orientali i risultati in termini di innovazione sono scarsi e le regioni vicine ai centri di innovazione — principalmente le capitali — non traggono vantaggio dalla loro vicinanza. Questa situazione richiede politiche che colleghino imprese, centri di ricerca e servizi specializzati alle imprese presenti in tutte le regioni.

 

La infrastrutturazione sociale dell’UE è ancora bassa ma soprattutto la coesione interna ed esterna e con un pericoloso differenziale di crescita, soprattutto al sud, dove l’emigrazione ha ripreso a ritmi molto preoccupanti.
Maggiori investimenti nelle competenze, nella conoscenza e nella ricerca, potrebbero contribuire a migliorare la crescita sociale ed economica, riducendo il divario di competenze, e aiutare ad attenuare povertà, disoccupazione ed esclusione sociale. Ma la pressione fiscale per mantenere questi investimenti è oramai oltre il livello di guardia.
Eppure, negli ambienti e nelle valutazioni di Bruxelles, c’è chi sostiene che gli investimenti pubblici nell’UE sono ancora al di sotto del livello pre-crisi e in alcuni dei paesi più colpiti dalla recessione restano notevoli lacune. Vero, ma oltre ci pare improponibile andare.
Basti pensare che sarebbero necessari ulteriori investimenti per completare la rete transeuropea di trasporto (TEN-T) e i collegamenti alla stessa. Tutte le famiglie dell’UE hanno accesso a servizi di base a banda larga, ma le reti di accesso di nuova generazione — molto più veloci delle precedenti — sono disponibili solo per il 40% dei residenti rurali rispetto al 90% di quelli urbani.
Ad aggravare però questi dati sull’innovazione, rimangono al sud preoccupanti le fughe dei giovani con uno svuotamento delle aree interne dove si perde così anche il senso degli investimenti. Come a dire si investe per un’Europa a servizi più efficienti e dall’altra parte si sgretola lo stesso tessuto “europeo” di alcune Regioni.
Ciò significa che la politica di coesione europea, di certo, va rivista in una forma diversa, anche perché il ricorso alle risorse finanziarie ha un limite ben definito oltre il quale non si può andare.
Allora bisogna agire su politiche sociali non basate su investimenti ma su concetti di benessere molto più articolati e complessi.
Insomma la Politica deve affrontare adesso l’Economia del Benessere, fondata su algoritmi certamente più complessi e meno semplicistici di quelli che una errata visione della finanza, come soluzione di tutto, ci è stata propinata per troppi anni.

Guido Bissanti




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