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Larix decidua

Larix decidua

Il larice comune, conosciuto anche come Larice europeo o Larice alpino (Larix decidua Mill., 1768) è una conifera appartenente alla famiglia delle Pinaceae.

Sistematica –
Dal punto di vista sistematico appartiene al Dominio Eukaryota, Regno Plantae, Sottoregno Tracheobionta, Superdivisione Spermatophyta, Divisione Pinophyta, Classe Pinopsida, Ordine Pinales, Famiglia Pinaceae e quindi al Genere Larix ed alla Specie L. decidua.

Etimologia –
Il termine Larix proviene dal nome latino del larice, assonante con il termine greco λᾶρός láros, gradevole, riferito all’aroma. L’epiteto specifico decidua deriva da decido (da de e cado) cadere giù, cadere a terra: per la caratteristica di questa specie che perde totalmente le foglie in inverno.

Distribuzione Geografica ed Habitat –
Il Larix decidua è una specie nativa delle montagne dell’Europa centrale, delle Alpi e dei Carpazi, Tatra. In Italia è molto comune in tutte le Alpi, dove si spinge anche oltre i 2.500 metri. Dove il bosco lascia il posto alle praterie alpine si incontrano individui isolati, deformati dal vento e dalla neve.

Descrizione –
Il larice comune è una specie arborea che può raggiungere i 40 metri. Il tronco è cilindrico e la chioma è aperta e rada, con i rami di primo ordine orizzontali, mentre quelli di secondo ordine sono penduli. Le foglie sono decidue (lunghe 2-4 centimetri), aghiformi, molli e non pungenti, distribuite a spirale tutt’attorno al ramo sui macroblasti e riunite invece a fascetti di 20-30 sui brachiblasti, con colorazione verde chiaro che diventa giallo oro in autunno. I fiori sono unisessuali; i coni maschili sono gialli e quelli femminili rossi; l’antesi è tra aprile e maggio; dopo l’impollinazione i coni diventano bruni, si allungano fino a 4 cm e persistono a lungo sul ramo, anche per anni.

Coltivazione –
Il Larix decidua ha bisogno prevalentemente di luoghi luminosi, soleggiati e ben ventilati; è una pianta che non tollera il clima molto caldo e quello caratterizzato da inverni troppo rigidi con frequenti gelate notturne. Le temperature estive troppo alte potrebbero provocare una precoce caduta delle foglie a causa di ustioni diffuse. Pur se di alta adattabilità, il terreno preferito deve essere sciolto, ben drenato e con un valore di pH leggermente acido. Per favorire lo sviluppo della pianta, prima dell’impianto il terreno può essere mischiato a concime organico maturo magari con l’aggiunta di un po’ di torba. Il larice si moltiplica per seme in primavera preferibilmente nel mese di marzo. La semina si effettua impiantando i semi, raccolti in autunno, in vasi contenenti un miscuglio di torba e sabbia in parti uguali che va mantenuto sempre umido fino alla comparsa dei primi germogli. Le giovani piante di Larice vanno allevate in vasi singoli almeno per 2 anni prima di essere messe a dimora definitiva. Il periodo migliore per impiantare il Larice è l’autunno.
Per i lariceti di produzione, il sistema più usato è quello del taglio marginale, che consiste in tagliate a raso di 0,1 – 0,5 ettari di forma rettangolare o circolare che favoriscono la rinnovazione naturale. Se si attua la rinnovazione artificiale, si piantano 3000 piantine ad ettaro che poi dovranno essere diradate fino ad un minimo di 500 – 600 piante. I lariceti più produttivi contengono 200 – 300 piante ad ettaro. Per alcuni dettagli della tecnica di coltivazione si rimanda alla seguente scheda.

Usi e Tradizioni –
Il Larix decidua ha la caratteristica, che lo distingue totalmente dalle altre conifere europee, di perdere totalmente le foglie in inverno; ciò gli conferisce una maggiore resistenza nei confronti del freddo e di poter essere riconosciuto a prima vista in un bosco montano invernale.
Questo larice ha, presumibilmente, origini da un ceppo di pseudo-Larix provenienti dalle zone dell’Europa del nord e della Siberia venuto in Europa centrale e meridionale al tempo dell’ultima glaciazione. Una volta cominciato il ritiro dei ghiacci popolazioni di questa conifera sono rimaste isolate nelle montagne europee delle Alpi e, in minor parte, dei Carpazi. Rimasti soli in questa isola ecologica le popolazioni si sono evolute in modo autonomo diventando specie a sé stante.
Il legno del larice comune è conosciuto e lavorato sin dall’antichità per la sua durata e robustezza. Per la facile lavorazione, il suo bel colore rosso intenso, è apprezzato nei lavori di falegnameria, specie per gli esterni. Immerso in acqua, diviene resistentissimo. Come altre conifere, dalla resina si estrae la trementina (trementina di Venezia). La corteccia viene impiegata per l’estrazione del tannino. Il suo legno, è molto noto in Valle d’Aosta, in Trentino, in Alto Adige e nel bellunese, come materiale da costruzione delle case. Con il legno di questa conifera si intaglia addirittura un tipo di tegola di lunga durata per i tetti (la cosiddetta Schindola, Schindel o Scandola).
Inoltre il legno di questa conifera, oltre che come materiale da costruzione, è da sempre usato come combustibile per stufe e camini. Le popolazioni locali lo sceglievano, inoltre, per le sue migliori caratteristiche ed il suo più elevato costo (grazie alla sua diffusione meno comune rispetto all’Abete rosso) per commercializzarlo.
Si ricorda, inoltre, che i lariceti svolgono sia funzione di produzione che di protezione; la funzione di protezione è ben svolta considerando il rapido accrescimento, il fusto robusto e le radici profonde. Tuttavia a causa della chioma caducifoglia che impedisce l’intercettazione delle precipitazioni, è una pianta che va consociata con altre specie, come l’abete rosso o latifoglie, per svolgere una idonea protezione del suolo.

Modalità di Preparazione –
Oltre alla trementina dal Larice comune si estraggono oli essenziali e la laricina che sono validi nella cura dei catarri bronchiali e vescicali. Svolge azione antisettica, usati come sciroppo, nelle affezioni delle vie respiratorie e urinarie. Per uso esterno, sono valide le inalazioni, assieme a timo ed eucalipto. In soluzione aiuta a cicatrizzare le piaghe cutanee. Nel durame (cuore del legno) è presente l’Arabinogalactan, un polisaccaride che offre innumerevoli benefici come prebiotico e modulatore del sistema immunitario. Studi recenti ne mettono in luce il potenziale nel trattamento delle malattie croniche, incluso il cancro. Ricco di fibre può essere usato come integratore alimentare per ripristinare la flora batterica dell’intestino.
La parte interna della corteccia è astringente, balsamica, diuretica, espettorante, stimolante e vulneraria. Il suo uso principale è come espettorante nelle bronchiti croniche e, per uso interno, nel trattamento di cistiti ed emorragie. Un estratto a freddo della corteccia può venire usato come lassativo oppure, applicato sulla pelle, nel trattamento di eczemi cronici e della psoriasi. Dalla resina si ottiene la turpetina, una sostanza che ha potere antisettico, balsamico, diuretico, emostatico e vermifugo. È un valido rimedio nel trattamento del rene e della vescica, nelle affezioni reumatiche e nelle affezioni respiratorie.

Guido Bissanti

Fonti
– Acta Plantarum – Flora delle Regioni italiane.
– Wikipedia, l’enciclopedia libera.
– Treben M., 2000. La Salute dalla Farmacia del Signore, Consigli ed esperienze con le erbe medicinali, Ennsthaler Editore
– Pignatti S., 1982. Flora d’Italia, Edagricole, Bologna.
– Conti F., Abbate G., Alessandrini A., Blasi C. (a cura di), 2005. An annotated checklist of the Italian vascular flora, Palombi Editore.

Attenzione: Le applicazioni farmaceutiche e gli usi alimurgici sono indicati a mero scopo informativo, non rappresentano in alcun modo prescrizione di tipo medico; si declina pertanto ogni responsabilità sul loro utilizzo a scopo curativo, estetico o alimentare.




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