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I Siculi e l’agricoltura

I Siculi e l’agricoltura

I Siculi, termine che deriva da Sikeloi, nome del presunto re Siculo Sikelòs (in greco Σικελός), erano una popolazione, tra le prime occupanti della Sicilia che, insieme ai Sicani, agli Elimi, ai Fenici ed ai Morgeti i Greci trovarono quando arrivarono in Sicilia nel 756 a.C.. Secondo le fonti storiche i Siculi raggiunsero la Sicilia attorno al XV secolo a.C. ed intorno al 1000 a.C. fecero ritirare le popolazioni dei Sicani nella parte sud-occidentale della Sicilia. Questo popolo, che occupava la parte orientale dell’isola, praticavano da tempo sia la pastorizia che l’agricoltura con tecniche, in certi casi, già molto avanzate. In questo contributo vedremo appunto il rapporto tra i Siculi e l’agricoltura e le attività ad essi connesse. Per quanto riguardo le attività pastorali, non sono ancora molte in Sicilia le analisi paleofaunistiche. Ritrovamenti del periodo del Bronzo medio a Thapsos (Θαψός in greco antico) – sito preistorico localizzato sulla penisola di Magnisi (dall’arabo Mismar, chiodo), nel comune di Priolo Gargallo, in provincia di Siracusa – sono stati ritrovati resti di pasto composti in prevalenza da ossa di caprovini e bovini, con una buona presenza di maiali.

 

Successivamente altri ritrovamenti nell’isola di Lipari, nel periodo del bronzo finale, fanno comprendere che erano già in forte crescita gli allevamenti del maiale. Successivamente, nell’età del Ferro si riscontra una predominanza dei bovini sugli ovicaprini, mentre diminuisce l’ incidenza di maiali tra gli animali di allevamento; in questo periodo però non manca il consumo di animali selvatici (cinghiali e cervi), il che indica ancora l’integrazione tra caccia, pastorizia ed allevamenti. La crescente importanza dell’allevamento trova riscontri e testimonianze indirette nella frequente presenza di decorazione di sagome bovine delle scodelle, e nelle attività di filatura della lana, con la ricorrente presenza di fuseruole nei corredi femminili. In questo periodo si hanno inoltre riscontri dell’attività artigianale legata al consumo delle carni e alla macellazione di animali. Si hanno infatti frequenti riscontri sull’attività manifatturiera nel campo della concia delle pelli e del cuoio, della lavorazione dell’osso e del corno e nella filatura e tessitura. Testimonianze dei processi di lavorazione della lana, come la cardatura, sono documentate a Morgantina da un pettine ricavato da un osso animale. Altre testimonianze sarebbero legate dal ritrovamento di appositi vasi destinati alla produzione di formaggi che, ovviamente, sarebbero legate all’attività casearia.
Per quanto riguarda l’agricoltura i ritrovamenti ci fanno intendere chi si trattava di ordinamenti basati su orzo e frumenti nudi (grano tenero e duro), di cui si conoscevano già le tecniche di trebbiatura e di conservazione per lunghi periodi; non è certa la tecnica della rotazione ma sicuramente coltivazioni di leguminose come veccia e fava dovevano essere importanti per l’apporto di proteine non animali. Nel periodo del Bronzo medio era già conosciuta la coltivazione dell’olivo; sono state riscontrate decorazione di foglie di oleastro su vasi ritrovati vicino a  Comiso, Cozzo del Pantano ed Ustica. Non sono certe ancora la conoscenza della tecnica dell’innesto e la capacità di produrre olio. Altre testimonianze riguardano la vite; un seme di acino è stato ritrovato in una capanna della prima età del Ferro di Morgantina; questo è della varietà non coltivata (Vitis silvestris). Interessante è la correlazione tra progresso dell’agricoltura e sviluppo delle tecnologie ceramiche necessarie alla fabbricazione dei contenitori per l’immagazzinamento e conservazione delle eccedenze produttive. Tale testimonianza si ha nell’insediamneto di Thapsos, con i pithoi conservati in ambienti-magazzino ed altri reperti sono stati ritrovati in alcune capanne a Morgantina;  si tratta di diversi tipi di contenitori jars/dolia e pithoi: le diverse morfologie e dimensioni presuppongono una destinazione per contenuti diversi; probabilmente non solo per derrate, ma anche per acqua, almeno nel caso di forme a bocca non molto larga. Anche la presenza di impressioni di semi di grano su frammenti di argilla semicotta indicano la funzione ormai consolidata di conservazione delle granaglie. Comunque il sito di Thapsos, per la quantità di reperti egeo-micenei o in ogni caso orientali, è ritenuto essere stato una grande meta commerciale. Questo ci fa pensare che i Siculi avessero già intensificato le produzioni agricole e che queste fossero mirate non solo al consumo interno, ma come base commerciale e di scambio con popoli esterni. Nel bronzo finale inoltre sono stati ritrovati strumenti diversificati che ci fanno capire come le tecniche agricole fossero già diversificate (cerealicoltura, arboricoltura, ecc.) e più specializzate. Reperti in bronzo come zappe (asce a cannone traforato) e roncole, spesso, e non a caso, associate sono stati recuperati in ripostigli di Niscemi, Noto Antica e Castelluccio di Scicli. Comunque sui Siculi ancora molta storia dell’agricoltura e delle sue tecniche deve essere scritta.

Guido Bissanti




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