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Il crepuscolo degli dei

Il crepuscolo degli dei

Il crepuscolo degli dei (dal tedesco Götterdämmerung, a sua volta derivato dall’antico nordico ragnarökkr “oscurità, notte degli dei”) rappresenta, nella mitologia nordica, la fine del mondo, descritta ampiamente nella Völuspá (La profezia della veggente) che è il primo e più famoso poema dell’Edda poetica.
Per la cronaca l’Edda poetica (Eddukvæði) è una raccolta di poemi in norreno, tratti dal manoscritto medioevale islandese Codex Regius, una delle più importanti fonti di informazioni a nostra disposizione sulla mitologia norrena e sulle leggende degli eroi germanici.
Senza entrare nello sviluppo, tutto da leggere, di questo trattato mitologico, si narra della storia della creazione del mondo e della sua futura fine, non intesa come fine fisica ma come fine di identità.
Tant’è che dopo la fine di questo mondo, ne sorgerà un altro dove la coppia umana della leggenda (Sif e Sifthrasit), sopravvissuta alla catastrofe, darà origine a una nuova stirpe umana, e un’era nuova si svolgerà sotto la sovranità di Baldr risorto.
Il crepuscolo degli dei è, inoltre, per gli appassionati della prosa e della musica, il quarto e ultimo dei drammi musicali che costituiscono la tetralogia: L’anello del Nibelungo, di Richard Wagner.
Al di la del messaggio escatologico di questa narrazione, molto comune ad altre religioni, tra cui soprattutto quella ebraico-cristiana, il crepuscolo degli dei ci fa già presagire la fine di qualcosa; questa luce (apparente) che si fa sempre più fievole per annunciare una nuova era.
Uscendo dalla leggenda e dalla metafora e andando ai giorni nostri il passo è più breve di quel che si pensi.
Dalla informazione dominante, alla politica gridata e combattuta nelle frontiere di gran parte del nostro mondo, ci è stato consegnato uno scenario di ingiustizie, di prevaricazioni, di dominanze e abusi, dove, come al solito, chi paga sono sempre gli ultimi: i più fragili, i senza parola, gli emarginati di una civiltà che, nel nome di un liberismo (ossimoro della vera libertà), si muove secondo logiche e principi diametralmente opposti e, quindi, in contrasto, con le leggi della natura.
Guarda caso gli effetti più eclatanti di questo contrasto sono oggi, sempre più, visibili nell’aumento delle povertà (non tanto e solo quelle materiali ma anche quelle culturali), nella perdita della biodiversità, nella diminuzione delle risorse rinnovabili e della loro disponibilità, soprattutto nelle periferie e nelle marginalità di questo pianeta.
Sono gli effetti di un errato teorema culturale, economico, e quindi politico, da cui è nato, e purtroppo accresciuto, quell’albero del materialismo dell’ultimo secolo, da cui si sono sviluppati i rami degli estremismi delle destre e delle sinistre.
Un errato teorema ideologico ed economico che ha generato negli ultimi tempi della nostra storia moderna quel liberismo, presentato dai suoi fautori come la soluzione per i diritti dei popoli e delle loro economie, ma pesantemente crollato (con gradualità crescente ed esponenziale) sotto il peso della sua mastodontica incongruenza teorica e quindi pratica.
In Natura non esiste nulla del genere. Gli esseri viventi, il flusso delle energie, il rapporto tra essi, le loro relazioni, si muovo su quei criteri di reciprocità, compartecipazione, collaborazione e sinergia che non trovano alcuna corrispondenza nelle leggi liberiste da cui sono nati, ricordiamolo, molte delle regole legislative e costituzionali delle democrazie moderne. Basti pensare alla stessa Unione Europea.

Le stesse leggi della fisica, che regolano ogni quark dell’universo e del nostro mondo, non trovano alcuna corrispondenza nel modello omologante del liberismo.
Per troppo tempo abbiamo costruito degli dei la cui luce si sta affievolendo progressivamente e portando con se quel buio ideologico e politico a cui stiamo assistendo soprattutto negli ultimi tempi.
Di fronte a questo scenario, apparentemente apocalittico (e per certi versi escatologico) ben venga il crepuscolo degli dei. La fine di un’idea della storia che, al di la dell’averci condotto fin qui non ha più nulla da dirci e da darci e, soprattutto, non possiede più l’energie per fare altra storia.
Al punto in cui siamo ci troviamo, di fronte a tanto disorientamento e, spesso e purtroppo, a tante negatività, ci si presenta una civiltà esasperata, stanca, impaurita e, troppo spesso (per i miei gusti) violenta e polemica: schiacciata ed intossicata sono tutte le scorie di quell’entropia storica rilasciata in abbondanza proprio dalla macchina liberista.
Siamo riusciti nell’intento di creare modelli culturali, politici, ideologici e produttivi che, in nome del liberismo, ci hanno messo gli uni contro gli altri; esasperando concetti come concorrenza, libero mercato, competizione, ecc. ed abbandonando quelle qualità che nella Natura creano invece bellezza, armonia ed equilibrio: reciprocità, condivisione, collaborazione, cooperazione, ecc.
Ci attende un compito non facile ma abbiamo un percorso tracciato; è la strada indicata dalla natura, con le sue regole ed i suoi principi, dove ogni peso è condiviso al massimo possibile, ogni competenza è distribuita tra più parti, dove ogni responsabilità è partecipata ed ogni essere vivente, dal più insignificante al più appariscente, non vale per il suo peso e la sua dimensione ma per il suo ruolo.
Così dall’agricoltura alle fonti energetiche, dai servizi ai sistemi commerciali, e così via, se non applichiamo queste regole, non possiamo voltare pagina; dobbiamo abbandonare definitivamente il crepuscolo di quegli dei a cui abbiamo creduto per troppo tempo e da cui non abbiamo avuto mai alcune luce.
Per fare questo dobbiamo aprirci alla luce di un nuovo mondo. Dobbiamo iniziare a parlare un nuova lingua che, per dirla come il Mahatma Gandhi, è antica come le montagne. La stessa lingua parlata, dalle origini, dal mondo naturale, di cui siamo figli ed in cui, ci piaccia o no, dobbiamo rientrare.
In Italia (ed in altre parti del mondo) ci apprestiamo ad una nuova stagione politica. A nuove elezioni e, purtroppo e spesso, a nuove proposte populiste (nel senso più negativo del termine), a nuove promesse e a nuovi specchietti per le allodole.
L’unica vera cosa e impegno che dobbiamo chiedere ai nostri candidati (e futuri rappresentati) dovrà essere quella di come intendono rispettare le regole di nostra madre natura e, soprattutto, come concretamente raggiungere questi obiettivi e programmi.
Dal tono delle risposte (e dalla loro conoscenza e coscienza in materia) possiamo operare le nostre scelte.
Il resto è solo demagogia, propaganda elettorale e appagamento dei nostri malcontenti e dei nostri egoismi ma il pianeta (e il nostro futuro) non possono aspettare più.

Guido Bissanti




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