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Alimentazione a filiera corta

Alimentazione a filiera corta

La filiera corta, di cui si parla sempre più, è una organizzazione produttiva caratterizzata da un numero limitato e circoscritto di passaggi e, in particolare, di intermediazioni commerciali, che possono portare anche al contatto diretto fra il produttore e il consumatore.
L’obiettivo principale di tale filiera è contenere e ridurre i costi al consumo dei prodotti. La filiera corta è inoltre il modello cui si ispirano i Gruppi di Acquisto Solidale per poter riconoscere un prezzo più equo ai produttori.
La filiera corta si va diffondendo soprattutto in agricoltura, soprattutto per quei prodotti che non necessitano di processi di trasformazione.

Dispendio Energetico e filiera corta –
La filiera corta, non solo diminuisce i passaggi, con evidente miglioramento del rendimento energetico dell’intero processo. Si ricorda a tal proposito che in termodinamica il rendimento di un processo non è la media dei singoli rendimenti ma la moltiplicazione. Per fare un esempio: se tre processi hanno rendimento 0,60 – 0,70 e 0,50 il rendimento finale non sarà 0,60 ma bensì 0,21 (che è molto minore di 0,60). Questa cosa tanto nota alla fisica viene in maniera sapiente (o per ignoranza) sottaciuta dal moderno sistemi produttivo che, spesso, vede nella filiera corta solo un fattore puramente olistico e sentimentale.
In aggiunta a questo fattore, di una semplicità disarmante, la ricerca ha evidenziato che, nel caso delle filiere lunghe, il maggior impatto è chiaramente dovuto al trasporto su gomma per i lunghi tragitti.
A titolo di esempio, dalla Sicilia alla Lombardia le emissioni ammonterebbero a oltre 237kg CO2/t. In questo tipo di filiera il trasporto su rotaia sarebbe preferibile, in quanto permetterebbe una riduzione delle emissioni totali del 40% (sempre per la stessa legge del rendimento). Tuttavia anche il sistema di distribuzione locale, una volta arrivati a destinazione ha un impatto che può diventare rilevante. Ad esempio, se un elevato numero di consumatori, decidesse di utilizzare l’auto privata per fare la spesa a una distanza media di soli 500 m (quindi movimentando un elevato numero di automobili), questo inciderebbe del 7% rispetto al totale delle emissioni della intera filiera lunga. Anche la scelta del consumatore di utilizzare mezzi alternativi all’automobile per l’acquisto dei prodotti diventa quindi importante.
La scelta di un modello di filiera corta, che preveda la consegna di prodotti agricoli all’interno della stessa regione, avrebbe un impatto importante nella riduzione delle emissioni. Tuttavia, anche in questo caso l’ottimizzazione del sistema di trasporto e distribuzione diventa rilevante.
Un gruppo di lavoro (CRA-NUT) ha stimato che le emissioni sarebbero abbattute di oltre l’80% rispetto al modello ”filiera lunga” in un sistema ottimizzato e non frammentato, mentre la riduzione, pur sempre esistente, sarebbe limitata al 25% rispetto alla filiera lunga nell’ipotesi nella quale ogni singolo produttore organizzi in piccoli furgoni il trasporto delle proprie merci dalle aree rurali a quelle metropolitane, movimentando quindi un elevato numero di mezzi di trasporto.

Salubrità agroalimentare e filiera corta –
La salubrità dei cibi è divenuta, soprattutto negli ultimi anni, un argomento di interesse mondiale.
Tale interesse è nato soprattutto nella comprensione che il moderno sistema alimentare rischia di conferire dei prodotti agroalimentari qualitativamente più scadenti per via dei lunghi trasporti, presenza di conservanti ed altri accorgimenti tecnologici che, alla fine, consegnano ai consumatori finali degli alimenti poco freschi, meno ricchi di vitamine ed altri principi attivi e quindi molto lontani dagli standard posseduti dai prodotti appena raccolti o trasformati.
A livello mondiale, l’organismo che più si è impegnato in materia di sicurezza degli alimenti è la FAO, congiuntamente con l’OMS. Nel 1963 le due organizzazioni hanno dato vita al Codex Alimentarius, un programma creato per sviluppare standard e linee guida orientate a proteggere la salute dei consumatori.
In Europa, il concetto di sicurezza alimentare è diventato una priorità in tempi più recenti. Nel presentare il libro bianco sulla Sicurezza alimentare, voluto dalla Commissione nel 2000, il commissario europeo per la salute e la tutela dei consumatori David Byrne, ha dichiarato che “la sicurezza del cibo è parte intrinseca della sua qualità”.
Da allora si sono fatti passi importanti ma molta è la strada ancora da percorrere. Bisogna vedere sempre più il cibo non solo come un “carburante” da ingurgitare ma come un vettore di informazioni trasmessi dalla natura all’umanità.
In questo senso assume una dimensione più armonica il concetto dell’agroecologia, cioè di quel sistema di produzione, sincrono con l’ecosistema, da cui si ottengono alimenti sani, maturati durante la stagione, in condizioni di biodiversità ed assenza della chimica di sintesi ed in cui la reciproca presenza di più specie, varietà e razze contribuisce alla creazione di prodotti più ricchi di informazioni.
Le piante e gli animali, nella loro coesistenza, si scambiano informazioni biochimiche, elettromagnetiche e di varia natura che, quanto più è completo l’ecosistema, contribuiscono alla creazione di alimenti tanto più salubri e “ricchi” quanto più ci si avvicina alla perfezione ecosistemica.
In questo senso la moderna catena agroalimentare deve fare ancora un percorso molto lungo e non privo di difficoltà e di resistenze.

Conclusioni –
Siamo di fronte ad un grande processo di cambiamento che ci coinvolge tutti. Dal semplice cittadino ai sistemi politici più complessi.
Per prospettare questo cambio di paradigma va completamente modificato l’immaginario dell’alimentazione.
È necessaria una nuova presa di coscienza. Bisogna passare adesso dalla semplice coltura alla cultura del cibo. Bisogna produrre in poche parole un cibo colto.
Bisogna far comprendere come il concetto di “colto, appena raccolto e mangiato subito” divenga uno dei fondamentali presupposti per trasformare l’intero processo. Un processo che deve essere l’espressione massima dell’immediatezza, della freschezza, della naturalità.
Dunque cibo (e relativa filiera) colto, non solo nel senso di coltivato ma proprio di istruito.
Un cibo colto è un cibo consumato con consapevolezza. Consapevolezza di ogni semplice passaggio: da cosa significa informazione alimentare a come si debba mantenere, quanto più inalterata possibile, questa informazione durante la filiera ed il processo.
In definitiva, possiamo affermare che, la Sapienza e la Libertà del futuro delle nostre generazioni passa dalla capacità di far arrivare a tavola quel Sapere che la natura ha già in se.

Guido Bissanti




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