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Saccharum officinarum

Saccharum officinarum

La Canna da zucchero o cannamele (Saccharum officinarum L., 1753) è una specie tropicale della famiglia delle Poaceae.

Sistematica –
Dal punto di vista sistematico appartiene al Dominio Eukaryota, Regno Plantae, Divisione Magnoliophyta, Classe Liliopsida, Famiglia Poaceae, Sottofamiglia Panicoideae, Tribù Andropogoneae e quindi al Genere Saccharum ed alla Specie S. officinarum.

Etimologia –
Il termine Saccharum proviene dal greco σάκχἄρ, -αρος sácchar, -aros zucchero (dal sanscrito sarkara, originariamente granelli di sabbia. L’epiteto specifico officina rum deriva dal genitivo plurale di officina laboratorio medioevale: dei laboratori, per l’uso in farmaceutica, erboristeria, liquoristica, profumeria e simili.

Distribuzione Geografica ed Habitat –
La Canna da zucchero è una pianta originaria dell’Asia ed in particolar modo della Nuova Guinea e delle regioni indomalesi.
Attualmente viene coltivata in quasi tutti i paesi dell’Asia, dell’America del Nord, Centrale e del Sud, in Africa e Australia. In Europa la coltivazione è limitata alla Spagna, nella zona tra Malaga e Motril in Andalusia e in Portogallo nell’isola di Madeira. In Italia non è presente, anche se la sua coltivazione, per via delle condizioni climatiche, sarebbe possibile in alcune zone della Sicilia e della Calabria.

Descrizione –
Saccharum officinarum è una pianta con portamento cespuglioso, tipico delle graminacee, con getti che nascono dal colletto della pianta principale. Presenta un lungo fusto che a maturità può superare anche i tre metri di altezza, al cui interno è contenuto un tessuto succoso zuccherino. Questo ha un diametro variabile dai 3 ai 5 centimetri, in grado di superare anche i 10 chili di peso. Il colore è variabile a seconda della specie e della varietà e può assumere tonalità gialle, violacee, verde o rossicce.
Ha foglie lanceolate ed inserite sui nodi con una guaina che abbraccia il fusto per tutta la lunghezza di un internodo.
Ha una infiorescenza che è una spiga apicale e procombente che può raggiungere anche dimensioni piuttosto consistenti (90 cm).
La pianta è perennante, con un ciclo che va dai 7 agli 8 anni, che se tagliata, rigetta dal colletto.
Possiede radici cilindriche ma non rizomatose.

Coltivazione –
La Canna da zucchero è una pianta delle zone a clima equatoriale e tropicale, per cui può essere coltivata in ambienti pedoclimatici simili.
Si riproduce di solito per talea ed il trapianto delle talee radicate, che si esegue a fine primavera, deve essere seguito da abbondante irrigazione.
Successivamente, nei mesi che seguono, nei fusti principali e nei ricacci secondari si ha il progressivo accumulo di zucchero nella linfa. Il contenuto di zucchero raggiunge il suo massimo nel periodo primaverile estivo e si mantiene durante tutto il periodo della raccolta delle canne. Ogni pianta dopo essere stata tagliata ricaccia ed i fusti che si sviluppano saranno raccolti l’estate successiva.
La durata economica di un canneto oscilla tra i 6 e gli 8 anni.
Per la raccolta si procede alla recisione delle canne alla loro base; queste vengono private della sommità e trasportate poi alle industrie per la lavorazione.
L’estrazione del succo avviene per mezzo di molini a cilindri orizzontali che hanno la funzione di sfibrare e schiacciare la canna, fungendo anche da spremitori. Il succo spremuto viene raccolto in una vasca sottostante, per poi essere sottoposto a depurazione, per liberarlo dalle sostanze non zuccherine che impediscono la cristallizzazione dello zucchero, ed a successiva concentrazione.
Lo zucchero greggio che si ottiene, ha una colorazione che va da giallognola a bruna e viene consumato tal quale o sottoposto a raffinazione. La resa delle canne in zucchero greggio è in media del 12-14%; il rendimento medio di un canneto si aggira sui 500-600 quintali ad ettaro di canne.

Usi e Tradizioni –
La canna da zucchero è una pianta originaria della Nuova Guinea e delle regioni indo malesi che venne introdotta in Europa dagli Arabi, prima in Spagna, intorno al 700 d.C. e poi in Sicilia, nel 900 d.C.. successivamente i Conquistadores spagnoli la diffusero in tutte le Indie occidentali dopo la scoperta delle Americhe.
La coltivazione di canna da zucchero era molto redditizia prima dell’inizio del XIX secolo in cui si è cominciato ad estrarre lo zucchero industrialmente anche dalle barbabietole da zucchero.
La storia della Canna da zucchero è ovviamente collegata a quella della barbabietola da zucchero e, insieme, all’utilizzo dello zucchero.
Infatti Greci e Romani conoscevano lo zucchero, importato dall’Oriente in piccole quantità, ed impiegato esclusivamente a scopi terapeutici. Furono gli Arabi che lo introdussero in Spagna e Sicilia e la sua parziale diffusione nella nostra penisola avvenne grazie alle Repubbliche Marinare. Raro e costoso, perché ricavato dalla canna da zucchero tipica dei climi tropicali, non entrò nell’uso quotidiano come dolcificante, ma fu trattato alla stregua di una spezia medicamentosa da vendersi nelle botteghe degli speziali.
Con l’accrescere della sua importazione, a Venezia molte famiglie si arricchirono a tal punto da essere chiamate “re dello zucchero”.
Si esigevano pedaggi per permetterne il passaggio attraverso i vari Paesi, tanto che un pane di zucchero poteva valere quanto un pane d’argento dello stesso peso.
Il “sale bianco” o “sale dolce” fu identificato a lungo come un elemento di potere e distinzione delle classi nobili, sia spolverato sulle pietanze per impreziosirle, sia modellato nei “trionfi” che adornavano le tavole dei banchetti. Lentamente, come risulta da ricettari del ‘300, lo zucchero entrò nella preparazione di molte vivande, accrescendo la composizione di dolci complessi, e contribuendo ad esaltare il sapore agro-dolce che tanto attirava l’uomo del tempo.
La scoperta dell’America, con i suoi ampi territori tropicali, suggerì agli Europei la possibilità di ottenere grandi profitti coltivando la canna da zucchero in Brasile e nelle isole delle Antille.
Cristoforo Colombo così scriveva nel 1494: “Di canne da zucchero non ne ho portate quante avrei voluto. Ho grande desiderio che ci sia abbondanza di esse. Qui c’è terreno per farne piantagioni…”.
Con la diffusione delle coltivazioni di “canna” anche nelle isole Atlantiche (Canarie e Azzorre), grazie a Spagnoli e Portoghesi, il costo del “sale dolce” divenne più accessibile, e la materia vide incrementare il suo impiego nella cucina delle classi elevate, facendo nascere sopratutto in Italia dolci ricchi e fantasiosi.
Dobbiamo aspettare il settecento perché il “sale dolce” cominci ad essere un prodotto consumato diffusamente, utilizzato anche in bevande alla “moda” come caffé e cioccolata.
Nell’Europa napoleonica questa “dolcezza” venne a mancare a causa del blocco continentale, e si provvide a sostituire lo zucchero di canna con lo zucchero di barbabietola, riscoprendo l’intuizione di Olivier De Serres che nel 1575 aveva ricavato il “sale bianco” dalle rosse barbabietole.
Per forti interessi protezionistici, lo zucchero di canna tornò a circolare liberamente nel nostro continente soltanto dopo il 1915.
Oggi, nei Paesi dove viene coltivata, è utilizzata principalmente per la produzione industriale di zucchero ma anche per l’utilizzo del sugo di pressione fresco (guarapo) e per la produzione di fermentati alcolici e distillati (rhum e altri liquori) e per la produzione di alcool per autotrazione.
Un sottoprodotto della lavorazione è costituito dalla bagassa un residuo di estrazione proveniente dalla lavorazione per frantumazione e spremitura della canna da zucchero, costituito dalla parte fibrosa e dalla scorza della canna. La bagassa si produce già nel primo ciclo di spremitura e frantumazione della canna, quello nel quale, a pressioni crescenti, si riesce a ottenere l’estrazione del 90% del saccarosio presente nella canna. Il residuo così prodotto viene sottoposto a un successivo ciclo di riutilizzo, dopo essere stato impregnato d’acqua, che completa l’estrazione del saccarosio, dando luogo a un residuo finale che costituisce circa il 25%-30% della canna lavorata.
Come sottoprodotto conosce vari usi: in passato, veniva anche utilizzato fresco, in zootecnia, come alimento per animali, secondo un uso non più in voga.
Un uso immediato, previa essiccazione, è quello che lo vede impiegato come combustibile, anche nelle stesse raffinerie dello zucchero di canna, che, in questo modo, possono diventare energeticamente autosufficienti.
Altri usi industriali lo vedono entrare come materia seconda in cicli produttivi per la produzione della carta, al pari di materiali di riciclo. La fibra viene anche usata nella produzione di pannelli truciolati destinati all’industria del mobile.
Insieme ad altri scarti agricoli, può essere utilizzato nella produzione del furfurale, un composto organico usato come solvente e come esaltatore organolettico nell’industria alimentare.
I dieci Paesi maggiori produttori di Canna da zucchero sono nell’ordine: Brasile, India, Cina, Thailandia, Pakistan, Messico, Colombia, Filippine, Australia e Argentina.

Modalità di Preparazione –
L’utilizzo della canna da zucchero, come visto spazia dagli impieghi alimentari a quelli industriali fino alla produzione di biocombustibili.
Anche il settore farmaceutico è ovviamente notevolmente coinvolto nell’utilizzo dello zucchero.
Nell’industria alimentare è molto usato nell’ambito della pasticceria, col nome di zucchero da cucina, può essere utilizzato a fine decorativo, nella forma di zucchero a velo (ottenuto se macinato ed eventualmente profumato). Lo zucchero trova altre applicazioni pratiche poco conosciute, ad esempio può fungere anche da buon smacchiatore, oltre che da cosmetico, se impiegato per uno scrub labiale. Inoltre, se inseriti nell’acqua in un vaso da fiori, due o tre cucchiaini di zucchero aiuteranno a mantenere i fiori più freschi. In caso di piccole lesioni o scottature, lo zucchero ha la capacità di prevenire le infezioni e combattere i batteri. Infine, se strofinato su mani macchiate dal grasso, lo zucchero unito a del sapone lo farà rapidamente sparire.
In definitiva, diciamo che sullo zucchero, sono tanti i tali i suoi impieghi che va scritto un trattato a parte.

Guido Bissanti

Fonti
– Acta Plantarum – Flora delle Regioni italiane.
– Wikipedia, l’enciclopedia libera.
– Treben M., 2000. La Salute dalla Farmacia del Signore, Consigli ed esperienze con le erbe medicinali, Ennsthaler Editore
– Pignatti S., 1982. Flora d’Italia, Edagricole, Bologna.
– Conti F., Abbate G., Alessandrini A., Blasi C. (a cura di), 2005. An annotated checklist of the Italian vascular flora, Palombi Editore.

Attenzione: Le applicazioni farmaceutiche e gli usi alimurgici sono indicati a mero scopo informativo, non rappresentano in alcun modo prescrizione di tipo medico; si declina pertanto ogni responsabilità sul loro utilizzo a scopo curativo, estetico o alimentare.




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