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Rhagoletis cerasi

Rhagoletis cerasi

La mosca delle ciliegie (Rhagoletis cerasi Linnaeus, 1758) è un insetto appartenente alla famiglia dei Tephritidae.

Sistematica –
Dal punto di vista sistematico appartiene al:
Dominio Eukaryota,
Regno Animalia,
Sottoregno Eumetazoa,
Ramo Bilateria,
Phylum Arthropoda,
Subphylum Tracheata,
Superclasse Hexapoda,
Classe Insecta,
Sottoclasse Pterygota,
Coorte Endopterygota,
Superordine Oligoneoptera,
Sezione Panorpoidea,
Ordine Diptera,
Sottordine Brachycera,
Coorte Cyclorrhapha,
Sezione Schizophora,
Sottosezione Acalyptratae,
Superfamiglia Tephritoidea,
Famiglia Tephritidae,
Sottofamiglia Trypetinae,
Tribù Carpomyini,
Sottotribù Carpomyina,
Genere Rhagoletis,
Specie R. cerasi.
Sono sinonimi i seguenti termini:
– Musca cerasi Linnaeus, 1758;
– Rhagoletis cerasi fasciata Rohdendorf, 1961;
– Rhagoletis cerasi nigripes Rohdendorf, 1961;
– Rhagoletis cerasi f. obsoleta Hering, 1936;
– Tephritis cerasi Persson, 1958;
– Trypeta signata Meigen, 1826;
– Urophora cerasorum Dufour, 1845;
– Urophora liturata Robineau-Desvoidy, 1830.

Distribuzione Geografica ed Habitat –
La Rhagoletis cerasi è una specie diffusa nella maggior parte dell’Europa, ad eccezione delle Isole Britanniche, dalla Siberia occidentale al Caucaso, in Kazakistan, Asia centrale e Altai. L’insetto è stato rilevato per la prima volta in Nord America nel 2016.
Rappresenta una delle maggiori problematiche entomologiche della produzione cerasicola, arrecando gravi danni ai frutti. Oltre che sulle drupe di ciliegi coltivati e spontanei è rinvenibile su specie di caprifoliaceae appartenenti al genere Lonicera.
Per quanto riguarda l’areale geografico, le problematiche legate a questo insetto sono più rilevanti nelle regioni meridionali che in quelle settentrionali, e più gravi nelle aree collinari e pedemontane rispetto alle zone di pianura.

Morfologia –
La Rhagoletis cerasi è un piccolo Dittero i cui adulti misurano circa 3-4 mm di lunghezza.
Il corpo è di colore nerastro, con la parte dorsale dell’ultimo segmento toracico color giallo-ocra.
Gli occhi sono composti, di colore verdastro e le ali sono trasparenti, con la presenza di bande scure trasversali.
Le larve sono biancastre, lunghe circa 5-6 mm e dopo 3 stadi larvali raggiungono la maturità; queste sono carpofaghe.
La pupa è protetta da un pupario di forma cilindrica, lungo circa 4 mm, formato dalla trasformazione dell’exuvia dell’ultimo stadio larvale. Inizialmente di colore beige chiaro, il pupario diventa verdastro poco prima dello sfarfallamento dell’adulto.
L’uovo ha una forma affusolata e colore biancastro. È di ridotte dimensioni (0,7 x 0,2 mm) per cui è difficilmente visibile a occhio nudo.

Attitudine e Ciclo biologico –
La Mosca delle ciliegie sverna allo stadio di pupa, nel terreno, interrata di qualche centimetro.
Gli adulti sfarfallano nel periodo primaverile, tra la metà di aprile e fino a tutto il mese di maggio e volano sopra chioma e si accoppiano per ovideporre, di norma, quando le ciliegie invaiano cambiando il loro colore dal verdastro al giallo-rosato.
Le femmine, mediante il loro ovopositore, depongono un uovo all’interno delle drupe. Queste depongono un uovo per ogni ciliegia; attività che è resa possibile dalla marcatura dei feromoni che la femmina esegue sulla drupa, per impedire altre ovideposizioni che determinerebbero competizioni nutrizionali ed eventuali cannibalismi.
In alcuni casi, comunque, in una ciliegia vengono deposte più uova con sviluppo di più larve.
Le larve neonate scavano delle gallerie nella polpa, con il loro potente apparato boccale masticatore trasformato in uncini e si stabiliscono tra polpa e nocciolo.
Queste, raggiunta la maturità, si lasciano cadere al suolo dove si interrano e, successivamente, si impupano per svernare. La Mosca delle ciliegie compie una generazione all’anno.
Va segnalato che repentini abbassamenti di temperatura all’epoca dello sfarfallamento causano un’elevata mortalità; allo stesso modo le pupe sono danneggiate da terreno troppo a lungo bagnato.

Ruolo Ecologico –
Il danno sulle drupe di ciliegia si manifesta è provocato dall’azione trofica delle larve; queste completano il loro sviluppo all’interno dei frutti, nutrendosi della polpa fino al nocciolo. Infatti, è facile vederle tra polpa e nocciolo.
Le ciliegie colpite presentano di norma un’area imbrunita attorno al foro di penetrazione con tessuti in disfacimento che rendono il frutto non commerciabile. In alcuni casi si ha la cascola precoce del frutto. Le drupe attaccate inoltre, sono facilmente soggette a marciumi come quelli dovuti a monilia che possono estendersi rapidamente anche ai frutti sani. In alcuni casi i frutti colpiti non presentano sintomi visibili, neanche nella cernita post-raccolta, per poi perdere di consistenza successivamente.
La gravità dei danni è legata anche alle cultivar: generalmente quelle più tardive sono più suscettibili agli attacchi di Rhagoletis cerasi rispetto alle cultivar precoci; allo stesso modo le varietà di ciliegio dolce sono più suscettibili rispetto alle varietà di ciliegio acido.
Dal punto di vista commerciale le ciliegie attaccate hanno la polpa che perde di consistenza in modo più o meno evidente e comunque subiscono notevoli deprezzamenti.
Inoltre è vietata l’esportazione di partite infestate, ai sensi dei regolamenti internazionali sulla commercializzazione della frutta.
La lotta contro la Mosca delle ciliegie è stata spesso di tipo chimico.
Di norma è stata una lotta preventiva che si avvale di un eventuale campionamento della popolazione, con bottiglie trappola (riempite con soluzione di Fosfato ammonico) o con trappole cromotropiche di colore giallo che vanno poste nelle piantagioni nel periodo di maggio.
Il trattamento viene eseguito su tutta la chioma nel periodo dell’invaiatura.
Si ricorda comunque che l’intensità del potenziale infestante può essere ridotta con esche alimentari avvelenate; inoltre si tenga conto che la scelta delle varietà, come detto sopra, agisce sull’intensità dell’attacco e che, specializzazioni eccessive dei ciliegeti giocano a favore di questo insetto.
Per diminuire l’uso di insetticidi che risultano dannosi per l’ecosistema e per l’entomofauna si consiglia di applicare tecniche di agroecologia, con consociazioni di filari, inerbimenti, minori specializzazioni e, quando necessario, interventi di lotta biologica.
In agricoltura biologica la lotta a Rhagoletis cerasi, in presenza di eccessive specializzazioni, si fa però particolarmente difficoltosa per la limitata disponibilità di principi attivi efficaci. Tra le sostanze naturali consentite dai disciplinari di produzione biologica troviamo:
– piretrine naturali; il primo trattamento va effettuato alla prima cattura delle trappole cromotropiche. L’utilizzo di piretrine contro Rhagoletis cerasi è consigliabile solo in caso di infestazioni limitate, data la bassa efficacia di queste sostanze. Gli interventi possono essere ripetuti, anche a distanza di soli 4-6 giorni in caso di pioggia che dilava il principio attivo sulle foglie;
– rotenone; in Italia il prodotto è registrato con un tempo di carenza di 10 giorni. Come per le piretrine è fondamentale intervenire a partire dalle prime catture delle trappole cromotropiche, effettuando 2-3 interventi a distanza di 10 giorni (in caso di piogge è opportuno intervenire ulteriormente). Il rotenone risulta efficace per l’azione abbattente degli adulti in volo al momento del trattamento; se l’attacco è poco virulento si possono contenere i danni al di sotto del 5-10% di frutti colpiti. Va però ricordato che i trattamenti vanno sospesi 10 giorni prima della raccolta, lasciando così una finestra temporale sufficiente per permettere all’insetto di deporre le uova e infliggere danni;
– azadiractina; principio attivo che oltre ad interferire sulla crescita degli insetti, agisce sui fitofagi svolgendo un’azione per lo più repellente (con diminuzione delle ovideposizioni) ed antialimentante riducendo l’attività delle larve. Il suo vantaggio principale è che non esercita attività verso gli insetti utili (limitatori naturali e pronubi) e non ha tempo di carenza;
– Bacillus thuringiensis var. tenebrionis; ampiamente utilizzato in agricoltura biologica, può essere impiegato, con discreta efficacia, anche per contenere gli attacchi di mosca delle ciliegie. Anche in questo caso è indispensabile intervenire tempestivamente, al momento dell’ovideposizione per colpire le larve.
– funghi entomopatogeni; negli ultimi tempi sono allo studio prodotti a base di Beauveria bassiana e Paecylomices fumosoroseus, patogeni per Rhagoletis cerasi. Il loro utilizzo in campo è ancora limitato, anche se alcuni studi hanno riportato risultati incoraggianti, seppur soggetti a forte variabilità in base a intensità di attacco, condizioni climatiche, cultivar e metodologie applicative;
– nematodi entomopatogeni; l’impiego di nematodi entomopatogeni mira a colpire le pupe svernanti nel suolo per ridurre le popolazioni di adulti in primavera. La metodologia è, per ora, ancora sperimentale ma i primi riscontri in campo e in laboratorio sembrano dimostrare una buona efficacia nel ridurre l’incidenza di Rhagoletis cerasi.

Guido Bissanti

Fonti
– Wikipedia, l’enciclopedia libera.
– Ciampolini M., e Regalin R. – Istituto di entomologia agraria Università degli studi di Milano.
– Russo G., 1976. Entomologia Agraria. Parte Speciale. Liguori Editore, Napoli.
– Tremblay E., 1997. Entomologia applicata. Liguori Editore, Napoli.




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