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Gypaetus barbatus

Gypaetus barbatus

Il gipeto (Gypaetus barbatus Linnaeus, 1758) è un uccello rapace appartenente alla famiglia degli Accipitridae.

Sistematica –
Dal punto di vista sistematico appartiene al:
Dominio Eukaryota,
Regno Animalia,
Sottoregno Eumetazoa,
Superphylum Deuterostomia,
Phylum Chordata,
Subphylum Vertebrata,
Superclasse Tetrapoda,
Classe Aves,
Sottoclasse Neornithes,
Superordine Neognathae,
Ordine Accipitriformes,
Famiglia Accipitridae,
Sottofamiglia Gypaetinae,
Genere Gypaetus,
Specie G. barbatus.
All’interno di questa specie si riconoscono 3 sottospecie:
– Gypaetus barbatus aureus, diffuso in Himalaya;
– Gypaetus barbatus barbatus, diffuso in Europa, Asia e Nord Africa;
– Gypaetus barbatus meridionalis, diffuso in Africa orientale e meridionale.
Le sottospecie Gypaetus barbatus haemachalanus e Gypaetus barbatus altaicus non vengono invece più riconosciute valide.

Distribuzione Geografica ed Habitat –
Il gipeto è un rapace strettamente legato alle aree montane e in particolare alle montagne meridionali della Regione Paleartica (Europa, Nord Africa e Asia fino al Tibet e all’Himalaya) e alle montagne orientali e meridionali della Regione Afrotropicale (tutta l’Africa a sud del Sahara).
La distribuzione in Eurasia è quella delle catene montuose dei Pirenei, delle Alpi, catena montuosa della Corsica, Carpazi e Caucaso, fino al Karakorum, sub catena montuosa situata a nord-ovest della catena dell’Himalaya.
Il limite settentrionale è rappresentato dalle Alpi svizzere e austriache e dai monti Altai in Mongolia. Negli ultimi anni alcune coppie di gipeti sono state introdotte nell’area protetta del parco dello Stelvio, ove si sono adattate perfettamente.
In Africa lo si trova sulla catena dell’Atlante, dal Marocco alla Tunisia, sui monti egiziani lungo il Mar Rosso, sull’Acrocoro etiopico e sugli altopiani dell’Africa orientale fino ai monti del Sudafrica.
Tuttavia, nonostante l’abbondanza di ungulati selvatici delle savane africane, il gipeto non si è mai insediato in queste regioni pianeggianti in quanto predilige zone montane con poca copertura boschiva in cui siano presenti pareti di roccia adatte alla nidificazione.

Descrizione –
Il Gypaetus barbatus è un uccello morfologicamente intermedio tra un avvoltoio ed un’aquila.
Ha grandi dimensioni, con un’apertura alare tra i 265 ed i 285 cm, lunghezza tra i 100 ed i 115 cm, per un peso che oscilla tra 5 e 7 kg.
Presenta un leggero dimorfismo sessuale con la femmina che è in genere appena più grande del maschio, ma la differenza non risulta apprezzabile in natura così come, del resto, non vi è diversità negli abiti stagionali e sessuali.
Negli esemplari adulti il colore del piumaggio presenta un netto contrasto tra le parti ventrali e la testa, chiare, e le parti dorsali e le ali, scure.
Le penne timoniere e le penne copritrici delle ali e del dorso, pur essendo di colore grigio scuro, sono dotate di un rachide biancastro che produce delle sfumature chiare.
Il capo è bianco e su esso spiccano i ciuffi di vibrisse nere che circondano l’occhio e scendono fin sotto il becco a formare una specie di “barba”.
L’iride è di colore giallo ed è circondata da un anello perioculare membranoso di colore rosso che diventa particolarmente evidente nei momenti di eccitazione.
Una caratteristica particolare del piumaggio dell’adulto è il colore ruggine del petto e del ventre, che non è di origine biologica, ma assunto dall’ambiente esterno.
Gli esemplari giovani hanno piumaggio scuro, con capo nerastro e parti inferiori grigio scuro; gli adulti, parti inferiori e testa chiare, parti superiori scure.
Essi assumono l’abito adulto verso i 6–7 anni di età, quando raggiungono anche la maturità sessuale, dopo aver attraversato una serie di più fasi con colorazioni intermedie.
Osservandolo in volo presenta una silhouette più simile a quella di un grosso falcone che a quella di un avvoltoio.

Biologia –
Il gipeto è una specie monogama ma non è raro che formi delle “terne” di due maschi ed una femmina ed occupa un territorio che può raggiungere anche i 300 km2 di estensione.
In questi rapaci, nel periodo autunnale, dopo le parate nuziali, la coppia inizia a frequentare il nido, solitamente costruito con rami secchi e lana, in ampie cavità o su cenge lungo pareti rocciose.
Possono essere presenti uno o più nidi, utilizzati alternativamente; la rotazione avviene probabilmente per evitare che un eventuale danno al nido (occupazione, crollo) comporti una mancata riproduzione della coppia.
Il periodo della deposizione avviene fra gennaio e febbraio, e ogni coppia depone solitamente due uova (tondeggianti, di color crema, con macchie e punteggiature) a 4–7 giorni di distanza l’una dall’altra.
La cova la una durata di 55–60 giorni ed inizia subito dopo la deposizione del primo uovo ed è effettuata per la maggior parte del tempo dalla femmina, anche se spesso il maschio le dà il cambio restando sul nido per 2–3 ore al giorno.
Le uova si schiudono nel mese di marzo, periodo in cui si ha solitamente un’abbondante disponibilità di cibo in quanto con lo scioglimento delle nevi vengono alla luce le carcasse degli ungulati selvatici morti durante il periodo invernale.
Nei piccoli, subito dopo la schiusa, si manifesta il fenomeno del cosiddetto “cainismo”, cioè di quel comportamento di dominanza del primo nato sul fratello più giovane; sovente il secondo nato non riesce ad ottenere cibo e muore per stenti entro 24 – 26 ore dalla schiusa.
Con questo comportamento il secondo nato non riesce ad alimentarsi e muore poco dopo. Si pensa che il secondo nato abbia semplicemente la funzione di riserva trofica nel caso in cui il fratello non abbia un normale sviluppo. Il fenomeno del cainismo è comune tra i rapaci ma si riscontra con questa modalità solamente in poche altre specie.
Dopo la schiusa i genitori rimangono al nido, alternandosi nella ricerca del cibo che viene portato ai piccoli con gli artigli. All’inizio i pulcini si cibano esclusivamente di carne e solo dopo 7-8 giorni ingeriscono le prime piccole ossa. La permanenza degli adulti al nido diminuisce col passare del tempo.
Successivamente l’involo i giovani di questa specie rimangono per circa due settimane in una zona circostante il nido. Dopo un mese sono già in grado di compiere lunghi spostamenti e accompagnano in volo i genitori.
Il gipeto può vivere fino a venti anni in natura e 40 in cattività.

Ruolo Ecologico –
Il Gypaetus barbatus è conosciuto con i nomi, oltre che di gipeto anche di: avvoltoio barbuto, avvoltoio degli agnelli, avvoltoio aquila, avvoltoio d’oro, falco barbuto e avvoltoio di montagna.
Questo uccello, come altri avvoltoi è necrofago, in quanto si nutre principalmente di carcasse di animali morti, ed ha una dieta estremamente specializzata, nutrendosi in particolare delle ossa e del midollo osseo. Un comportamento tipico è quello di lasciar cadere le ossa di carcasse da grandi altezze, per frantumarle e quindi nutrirsene.
Si nutre di ossa di carogne, raramente prede vive (piccoli mammiferi e uccelli); non preda agnelli o pecore: quando talvolta si posa tra le greggi è per nutrirsi della placenta delle pecore che hanno partorito da poco o dei resti di un animale morto.
Oltre alle ossa, questo avvoltoio non disdegna nutrirsi di tartarughe, delle quali rompe il guscio con la medesima tecnica utilizzata per spezzare le ossa.
Il consumo giornaliero di cibo di una coppia si aggira intorno agli 800-1.000 g, quantità che aumenta fino a 1,5 kg durante il periodo di allevamento del giovane; quindi il fabbisogno annuo si aggira intorno ai 420 kg, pari a circa 52 carcasse all’anno per coppia. Queste abitudini alimentari spiegano la necessità di occupare territori con estensioni che raggiungono, come detto in precedenza, anche i 300 km2.
Questo uccello è un ottimo volatore sia in spazi aperti ad elevate quote che a pochi metri dal suolo quando compie voli di perlustrazione alla ricerca di carcasse. Infatti un esemplare adulto spende tre quarti o più del tempo diurno in volo alla ricerca di cibo.
Il Gypaetus barbatus è una specie stanziale e nidifica sui dirupi in alta montagna nell’Europa meridionale, in Africa, in India ed in Tibet, deponendo una o due uova. È stato reintrodotto con successo sulle Alpi, ma continua ad essere uno dei più rari avvoltoi d’Europa.
Questo rapace si era estinto sulle Alpi dall’inizio del XX secolo per via delle false leggende che lo coinvolgevano; adesso è presente con una popolazione autosufficiente e stabile, grazie ad un progetto europeo di reintroduzione che ha interessato molti Stati europei. Circa 150 individui sono stati liberati sulle Alpi negli ultimi venti anni secondo un programma di reinserimento che ha interessato Italia, Francia, Svizzera e Austria, e ora è presente una piccola popolazione stabile sull’arco alpino, con numerosi siti di nidificazione, anche in territorio italiano. Nel 2017 sono state stimate 46 coppie nidificanti in tutto l’arco alpino, per un totale di 208-251 individui.
Alcuni esemplari sono stati reintrodotti nel Parco Nazionale del Mercantour (Francia) dal 1993 e Parco Naturale delle Alpi Marittime (Italia) dal 1994 e nel 2000 nel Parco Nazionale dello Stelvio. Dai primi anni del duemila una coppia di gipeti, probabilmente proveniente dalla Francia, si è stabilita nell’area di Courmayeur ai piedi del Monte Bianco.
Secondo una stima approssimativa si pensa che nel mondo siano presenti 50.000 individui. In Europa si è estinto, come specie nidificante, in tutto l’arco alpino e in vaste aree dei Carpazi, dei Balcani e dei Pirenei. Le poche aree di nidificazione ancora presenti nel vecchio continente sono comprese tra i 1000 e i 2000 m di quota; in Asia, invece, la specie può nidificare ad oltre 4000 m.
Tuttavia, secondo la IUCN, questa specie in Italia è ancora minacciata da persecuzione diretta, dalla diminuzione del pascolo brado, dalla diminuzione della disponibilità trofica e dal saturnismo. La specie si qualifica pertanto per la categoria In Pericolo Critico (CR), a causa del numero di individui maturi estremamente ridotto. La popolazione italiana fa parte della pur sempre esigua popolazione alpina che conta oggi 14 coppie, ed essendo questa ancora dipendente da azioni di conservazione, non sembra probabile che ci possa essere immigrazione di individui da fuori regione. La valutazione finale resta, pertanto, invariata.

Guido Bissanti

Fonti
– Wikipedia, l’enciclopedia libera.
– C.Battisti, D. Taffon, F. Giucca, 2008. Atlante degli uccelli nidificanti, Gangemi Editore, Roma.
– L. Svensson, K.Mullarney, D. Zetterstrom, 1999. Guida agli uccelli d’Europa, Nord Africa e Vicino Oriente, Harper Collins Editore, Regno Unito.



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