Un Mondo Ecosostenibile

Il Motore Termodinamico

Il Motore Termodinamico

L’ambiente è energia, sotto forma materiale, ed è organizzato come un complesso motore termodinamico; il più complesso e perfetto esistente.
L’organizzazione sociale ed economica del mondo futuro passa attraverso la comprensione dell’ambiente e dei principi sui quali è strutturato.

Le stesse definizioni riportate sui dizionari fanno intuire le difficoltà odierne ad entrare nella semantica del termine; da quelle più sintetiche a quelle più complesse. Molti studiosi, scienziati, filosofi si sono cimentati in questa impresa. La verità è che ci troviamo di fronte ad un approccio nuovo. Basti pensare che il termine Ecosistema è stato proposto per la prima volta, nel 1935, dall’ecologo inglese Tansley.
Facciamo allora un tentativo di definizione sintetica e su questa costruiamo una strutturazione utile alla sua gestione dentro i suoi principi. Per praticità vogliamo suddividere l’ambiente in quattro dimensioni funzionali.
1. Luogo delle risorse agroalimentari –
2. Luogo delle risorse energetiche –
3. Luogo dell’insediamento umano –
4. Luogo delle risorse paesaggistiche –
Sono soprattutto i primi due luoghi che hanno determinato lo sviluppo etico e sociale delle civiltà, nel momento in cui l’uomo ha iniziato a saper organizzare per propri fini i viventi e le risorse. Ben presto però l’approccio metodologico ha condotto l’uomo fino all’attuale modello socioeconomico dove esseri e risorse sono stati posti su due livelli: Gli utili per i fini economici e gli inutili o cattivi perché non rientranti in questa ottica.
L’ambiente è invece il più complesso motore termodinamico esistente. Esso, per poter funzionare correttamente è stato progettato utilizzando la massima variabilità possibile al più basso livello energetico permesso; ottenendo così il massimo rendimento per l’energia utilizzata.
È una matrice quadridimensionale in cui ogni singolo componente produce i suoi effetti nelle tre dimensioni dello spazio e del tempo.
Qui nasce il grande problema della “coerenza” (termine tanto caro alla politica della U.E.), tra la logica ambientale e quella dell’attuale modello socioeconomico.
L’attuale sistema socioeconomico non ha pensato fino a poco tempo fa alla questione del massimo rendimento energetico ma a quella del massimo rendimento economico. Le due cose, mantenendo l’attuale sistema, non sono coerenti. Spesso utilizziamo sistemi a massima specializzazione, monospecifici, con alti consumi energetici e conseguenti bassi rendimenti
Tutto ciò è il frutto di quella condizione culturale e quindi socioeconomica generata dall’Illuminismo, ultimo stadio evolutivo della scienza gallileiana, ed era di passaggio verso una comprensione nuova e più integrata del mondo che ci circonda.
Senza entrare nel merito sociologico e filosofico della questione abbiamo però di fronte a noi gli effetti di quella che qualcuno, negli anni passati, aveva ritenuto una nuova era; l’era che doveva dare, con le sue convinzioni e la sua etica, il benessere senza limiti dell’uomo.
Gli effetti di quel modello sociale sono sotto gli occhi di tutti; più di ogni commento parlano i dati.
Senza entrare nei grandi contesti mondiali, basta una semplice e sintetica analisi di dati del territorio italiano per rendersi conto di ciò.
I dati ufficiali italiani ci dicono che abbiamo compromesso oltre 16.000 Kmq con processi di desertificazione spinta.
Oltre 81.000 Kmq stanno risentendo dei processi di inaridimento dei suoli.
Dei 200.000 Kmq non interessati da questi fenomeni una gran parte non sono suoli agrari o forestali o naturali. In parte sono superfici urbanizzate, o destinate ad infrastrutture o ad altro.
Ci siamo inghiottiti 100.000 Kmq (1/3 della superficie italiana) di suolo, che eccezion fatta per le aree urbane (dove molte considerazioni andrebbero fatte) hanno perso la loro naturale destinazione; il loro originario ruolo nel sistema ambiente.
Visto che abbiamo usato il concetto del motore termodinamico e quindi dei principi della potenza e del rendimento, vediamo di analizzare il territorio Italia (quindi il motore Italia) in tali termini.
Il 5,5 % della originaria potenza è andato totalmente perduto (non è un processo irreversibile ma la reversibilità ha un suo costo, anche energetico); il 27 % di un’altra quota di potenza originaria è parzialmente compromesso; per puro discorso rappresentativo (non avendo ad oggi dati attendibili) diciamo che è stato compromesso al 50 %; il restante 67,5 % possiede rendimenti ordinari; considerando comunque una superficie utile (di grande approssimazione) – senza l’urbanizzato – del 85 %.
Avremo perso così il 5, 5 % + 13, 5 % (27 x 50 %) + 10,1 % (67,5% – il suo 15%) = 29,13 % della potenza originaria del motore Italia, che è soprattutto potenza sociale e poi anche economica.

Guido Bissanti
* dati del Congresso dei Dottori Agronomi e Dottori Forestali Italiani del 2003.