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Come Progettare l’Azienda Agroecologica

Come Progettare l’Azienda Agroecologica

Agricoltura e Natura posso convivere?
Assolutamente si, anzi il risanamento ecologico del futuro passa, in gran parte, da questo binomio: attività agricola sincrona con il sistema ecologico.
Per fare questo il primo passo da compiere è quello di studiare l’habitat ove si inserisce la futura azienda agricola. Ovviamente se siano in presenza di incolti di antico insediamento rurale il processo è più veloce. Se siamo in presenza di un’azienda, con ordinamenti produttivi preesistenti, il percorso diviene più lungo e complesso perché nella gran maggioranza dei casi gli ordinamenti produttivi esistenti difficilmente sono stati realizzati pensando al criterio della “convivenza”. Insieme allo studio dell’habitat bisognerà poi, e in successione complementare, progettare l’ordinamento Agroecologico, quello Agroforestale ed, infine, ma non meno importante, il sistema Agroalimentare a cui sono destinati i nostri prodotti e servizi.
Studio dell’Habitat:
– Abbiamo detto che il primo passo è quello di studiare l’habitat in cui si inserirà la futura azienda agricola. Lo studio dell’habitat è infatti propedeutico per comprendere quale ordinamento colturale insediare, tenendo conto di mantenere o ripristinare la biodiversità necessaria, inserendo specie e razze autoctone, non disturbando la fauna esistente o, addirittura, agevolandola e, ove necessario, creare ripristinare spazi per rifugi, luoghi di riproduzione, ecc. Tale criterio è fondamentale per consentire un ottimale equilibrio di tutte le biocenosi, evitando così il ricorso all’uso dei biocidi per regolare “artatamente” equilibri non raggiungibili con tali sistemi.
Progettazione Ordinamento Agroecologico:
– L’ordinamento agroecologico dovrà tenere conto, per un verso delle specie e razze possibili in quel determinato habitat ma anche, come vedremo in seguito, del riferimento di destinazione finale, cioè il sistema agroalimentare a cui dovranno essere destinati i nostri prodotti. Partiamo comunque dalla costruzione dell’ordinamento agroecologico. Il primo aspetto da esaminare è quello della diversità biologica che, come oramai è noto, è una risorsa fondamentale per il raggiungimento degli equilibri dell’habitat e quindi, in definitiva della specie umana, al pari delle risorse idriche e di quelle energetiche. Tra l’altro il mantenimento di un’elevata biodiversità è alla base di quelle aziende che debbono, tra le altre cose, essere certificate come agricoltura biologica, che fonda i propri principi proprio sul ripristino o creazione dell’ecosistema, cioè di un ambiente caratterizzato dalla stretta convivenza tra numerose specie vegetali e animali tra loro legati da un rapporto di reciproco controllo e di mutuo scambio. A questo punto, una volta individuato il sistema agroecologico corretto bisogna passare all’applicazione corretta delle tecniche di coltivazione, che anche se non certificate in biologico, rappresentano di per sé uno strumento di conservazione della biodiversità e quindi di rispetto delle necessità dell’habitat. Bisognerà inoltre far ricorso a tutte quelle pratiche agronomiche che intervengono sulla risorsa idrica, sulla fertilità del suolo, sulla gestione delle infestanti e controllo dei parassiti in modo da contribuire ad aumentare la microflora e microfauna del suolo. Per attuare ciò bisognerà seguire alcune semplici direttive.
1) Riduzione dell’ampiezza dei campi in modo da favorire la connessione tra campi coltivati e aree di rifugio. Per molte specie animali procurarsi cibo attraversando aree coltivate troppo estese diventa rischioso. Infatti la presenza di siepi, zone umide, filari ed altre interruzioni costituiscono aree di rifugio e riproduzione per molti animali selvatici.
2) Impiego del numero maggiore possibile di specie e varietà coltivate;
3) Mantenimento, specialmente nella stagione invernale, dei residui di biomasse vegetali nei terreni a riposo;
4) Distanziamento delle colture dello stesso tipo (stessa varietà, specie, ecc.) per ridurre l’uniformità genetica e di conseguenza ottenere un maggior controllo di parassiti e delle infestanti;
5) Aumento del tempo di rotazione (impiego delle rotazioni poliennali);
6) Utilizzo limitato di prodotti fitosanitari (che in un sistema agroecologico possono diminuire addirittura di 10 volte) ammessi e ricorso alla lotta biologica per il controllo dei fitofagi.

7) l’integrazione ecologica deve poi prevedere un’area di rifugio ben strutturata a più strati di piante di varia consistenza, uno strato di terreno nudo lasciato incolto e degli ambienti dove sia possibile il riparo e la riproduzione di varie specie animali, quali cumuli di sassi e cataste di legna. In definitiva, maggiore e’ il numero di specie vegetali che costituiscono l’area di rifugio maggiore e’ quello delle specie animali che l’abiteranno, soprattutto se si cercherà di costituire degli ambienti dove sia possibile il loro ricovero, lo svernamento e la riproduzione. Infatti, la fauna delle aree di rifugio e delle zone coltivate, ha differenti esigenze di habitat per la nidificazione e la riproduzione e differenti esigenze alimentari. Occorre precisare che non è indispensabile associare molte specie in un’area di rifugio, soprattutto se si ha a che fare con piccole superfici. Sarebbe più opportuno costituire piccole aree di rifugio caratterizzate da poche specie, ciascuna delle quali possa svolgere una funzione specifica in base alle esigenze dell’agricoltore, ed inserire magari più aree di rifugio diversificate nell’ambito dell’azienda.
Progettazione Ordinamento Agroforestale:
– L’agroforestazione (termine che deriva dalla parola inglese agroforestry) indica un sistema agricolo promiscuo che prevede la combinazione di alberi e/o arbusti ed affini, gestiti razionalmente con la coltura agraria o con l’attività zootecnica di riferimento nell’appezzamento aziendale e con l’obiettivo di non trascurare l’aspetto produttivo ma anche di fungere, ove possibile, da ulteriore sistema tampone o cuscinetto in equilibrio con l’habitat di riferimento. Ovviamente si dovranno creare differenti combinazioni tra alberature, seminativi e allevamenti che, comunque, saranno forniti dal preliminare studio dell’habitat. In definitiva l’obiettivo dell’agroforestazione, all’interno dei sistemi agro ecologici, consiste in una gestione basata su sistemi ecologici e sull’uso sostenibile di risorse naturali che attraverso l’integrazione di alberi nel sistema agricolo diversifichi e sostenga le produzioni per aumentare i benefici sociali, economici ed ambientali dell’uso della terra a tutti i livelli. Di fatto, quindi, i sistemi agroforestali sono caratterizzati da interazioni ecologiche ed economiche tra alberi legnosi, coltivazioni ed allevamenti.
Sistema Agroalimentare:
– Il sistema agroalimentare è un altro dei punti deboli dell’attuale catena agroalimentare. La presenza di grandi agglomerati urbani, la distanza tra luoghi di produzione e fruizione, l’appiattimento delle diete, basate su pochi alimenti (si pensi che l’88% dell’alimentazione mondiale è basata solo su 8 alimenti (Riso, frumento, mais, soia, ecc.) creano dominanze di mercato a che ogni singola azienda non può contrastare ne determinare. In questo senso diventa sempre più importante un crescente rapporto di fidelizzazione tra aziende e fruizione finale abbinato alla costruzione di una rete, anche tra piccole aziende dello stesso comprensorio, per aumentare il paniere dell’offerta (e nel contempo la biodiversità) e rapportarsi con sistemi agroalimentari a corto raggio. Ricordiamo che buona parte del riscaldamento globale è dovuto alle emissioni legate alle lunghe percorrenze che devono sostenere i sistemi di trasporto. La questione agroalimentare non si esaurisce però qui. Come detto bisogna lavorare su un’educazione ad un consumo più “biodiverso” che, di fatto, fa pace con le necessità dell’ecosistema e con quelle di una alimentazione, più ricca, stagionale e quindi più sana. In questo senso le aziende agricole, o meglio le reti di queste, dovranno creare, sempre più in futuro, dei network di educazione ad una sana e ricca alimentazione senza la quale i principi agroecologici troveranno grandi difficoltà di applicazione. In sintesi bisognerà passare dalle attuali 8 Specie che alimentano l’88% della popolazione mondiale a circa 200, con altre 30.000 specie (dati FAO) da inserire negli ordinamenti produttivi delle varie aziende mondiali in equilibrio con i rispettivi Habitat.
L’intero modello produttivo prospettato ha un rendimento di sistema* pari a 10 volte superiore con quelli definiti “convenzionali” o intensivi, cioè con l’uso della chimica di sintesi, dei biocidi, ecc., in quanto utilizza il ciclo termodinamico “cosiddetto chiuso” invece che quello “aperto” dell’agricoltura intensiva.
Ovviamente a corollario di questo nuovo modo di concepire un “azienda”, cioè quella Agroecologica bisogna mettere in atto anche principi Plastic Free ed Energy Free, di cui si parla in altra sede.
Infine è corretto specificare che la complessità di questo modello progettuale deve essere affidata A Dottori Agronomi o Forestali, meglio se in gruppo, con particolare specializzazione non solo nelle materie agronomiche ma anche nelle materie ecologiche, termodinamiche e di sistemi complessi.

Guido Bissanti

* in Agroecologia non si usa la resa unitaria che, a lungo andare, nel complesso sistema degli ordinamenti produttivi abbinati a quelli dei mercati, tende ad appiattire le rese produttive ed i prezzi di mercato – vedi, tra gli altri i dati sul frumento in produzione convenzionale.




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