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Brassica rapa campestris

Brassica rapa campestris

Il Ravizzone (Brassica rapa campestris L.) è una specie erbacea appartenete alla famiglia delle Brassicaceae.

Sistematica –
Dal punto di vista sistematico appartiene al Dominio Eukaryota, Regno Plantae, Sottoregno Tracheobionta, Ordine Capparales, Famiglia Brassicaceae e quindi al Genere Brassica, alla Specie B. rapa ed alla Sottospecie campestris.

Etimologia –
Il termine Brassica è il nome latino del cavolo descritto da diversi autori, attestato in letteratura a partire da Plauto (III-II sec. a.C.). L’origine di questo nome è incerta ed è stata fatta risalire a voci greche o celtiche, senza prove totalmente convincenti. Diversi testi etimologici fanno riferimento alla parola Βράσκη braske, secondo Esichio usata dagli Italici in Magna Grecia per indicare il cavolo.
La parola rapa proviene da rápa o rapum rapa in Columella & al. (dal greco ρᾰπυς rápys, assonante con ρα ra, contrazione di ῥίζα rhiza radice, e da πούς pous piede).
L’epiteto della sottospecie campestris deriva da campus luogo piano, campo: che cresce nei campi.

Distribuzione Geografica ed Habitat –
Le origini del Ravizzone non sono certe ma in ogni caso è una pianta coltivata nei Paesi dell’Europa centro-settentrionale. In Italia viene coltivato nella Pianura Padana come erbaio autunno-primaverile, dove viene utilizzato tra la fine di marzo e i primi di aprile, epoca in cui fiorisce.

Descrizione –
La Brassica rapa campestris è una specie di consistenza erbacea, annuale o biennale, che presenta una radice fittonante, gracile, a colletto non ingrossato, molto simile alla Colza, dalla quale si distingue per avere le foglie più ruvide, irte di peli, in particolar modo nella pagina inferiore, meno glauche e meno carnose.
Sia lo stelo, le foglie caulinari e le infiorescenze sono molto simili a quelle della Colza.
I frutti sono delle silique, molto erette, rostrate; i semi, sono più chiari rispetto a quelli del Colza, con un contenuto in olio del 35% circa.

Coltivazione –
Del Ravizzone, allo stesso modo della Colza, esistono varietà autunnali e primaverili.
Dal punto di vista agronomico è una coltura sarchiata per cui il terreno deve essere lavorato profondamente e ben affinato.
La concimazione di questa pianta, li dove reperibile, va fatta con letame maturo e con integrazione dei residui colturali delle piante precedentemente utilizzate in rotazione.
Il Ravizzone si semina nel periodo tra agosto-settembre, facendo coincidere questa operazione, possibilmente, con le prime piogge.
Per sfuggire al gelo invernale è bene che le piante siano ben radicate ma non eccessivamente sviluppate prima della stagione fredda per non essere danneggiate.
La raccolta di questa pianta è meccanizzata, utilizzando le mietitrebbie; si hanno rese per ettaro intorno ai 20 quintali.
Nelle zone irrigue, può essere seminato come erbaio e viene seminato verso la fine dell’estate e offre un primo taglio verso novembre e un secondo, meno produttivo, in primavera.

Usi e Tradizioni –
Brassica rapa campestris è una pianta annuale o biennale che viene coltivato nell’Europa centrale e settentrionale e, in Italia, principalmente nella Pianura Padana.
Viene coltivato come erbaio primaverile ed autunnale. Se ne utilizzano i minuscoli semi, da cui si ricava un olio dai caratteri organolettici simili all’olio di colza. Il panello viene usato in zootecnia per l’alimentazione del bestiame. L’alto contenuto di vitamina C rende il Ravizzone utile come integratore nella dieta dei piccoli animali domestici come la Cavia Peruviana, incapaci di sintetizzarla.
I caratteri organolettici dell’olio di ravizzone sono molto simili a quello del colza.
Come per il colza anche il panello del ravizzone viene usato per l’alimentazione del bestiame e come concime. Come detto, viene usato anche come erbaio.
Nelle aree dove viene coltivato il Ravizzone, nel periodo primaverile si assiste ad un paesaggio caratterizzato da distese colorate da un giallo intenso di straordinaria vivacità.
Il Ravizzone è inoltre una pianta molto visitata dalle api, che ne ricavano un miele dalla consistenza e dall’aroma molto caratteristici.
Il Ravizzone comunque, ed il relativo olio, è una pianta conosciuta fin dall’antichità; i Romani ne ignoravano l’esistenza, mentre i Galli (nel centro Europa) ne facevano già un largo utilizzo, cosa che potrebbe far pensare ad una origine di questa pianta in quell’area.
Alcuni reperti storici collocano le prime coltivazioni del ravizzone da olio a nord della Francia (nel XIII-XIV secolo); nel Medioevo, l’olio di ravizzone era già oggetto di scambi e vendite da parte della “corporazione dei fabbricanti d’olio” e da quella degli “speziali droghieri”.
Come molti altri tipi di olio di semi, prima del XVIII secolo, anche quello di ravizzone subì una grande discriminazione da parte della comunità scientifica; solo nel 1774 con la pubblicazione e relativa smentita scientifica dell’abate francese Rozier, molti di questi oli “banditi” vennero ripristinati sul mercato continentale.
Dall’800 in poi, il ravizzone fu coltivato soprattutto nell’est-europeo dove, per motivi religiosi (chiesa Ortodossa), in periodo di Quaresima, il latte e il burro risultavano severamente vietati a vantaggio dell’olio di ravizzone.
Fin dal XVIII secolo, quello di ravizzone era considerato, oltre che un alimento, un olio emolliente e risolvente di grande efficacia (Lémery – Pharmacopée Universelle); nel secolo successivo Roques e Cazin confermarono tali proprietà attribuendo all’olio di ravizzone anche la peculiare funzione lassativa.
Nel ‘900, Fournier ne ha riproposto l’utilità terapeutica sia come emolliente, sia nella risoluzione delle costipazioni intestinali attraverso enteroclismi, aggiungendo un’ipotetica funzione preventiva contro le coliche epatiche e quelle renali. Inoltre, pare che le tradizioni popolari (delle quali però non si conosce la reale attendibilità) tramandino ancor oggi di bere un bicchiere di olio di ravizzone come rimedio al morso di vipera.
Del ravizzone se ne possono utilizzare anche solo i semi che se assunti in polvere, risultano fortemente diuretici e sudoriferi (5g in una tazza di tiglio per 2 volte al dì), mentre mescolati al miele (stessa dose) possono fornire un certo effetto emolliente contro la tosse e la bronchite.
Ad uso esterno, mediante tamponi, l’olio di ravizzone è ancora utilizzato come pro-cicatrizzante nella cura della piaghe, mentre più genericamente risulta utile (miscelato a delle aromatiche) per risolvere la frizione dei massaggi e delle manipolazioni contro i dolori.
Ad oggi, sulle qualità e proprietà dell’olio di ravizzone non ci sono molte informazioni, in quanto risulta un alimento “obsoleto” e consumato solo in piccole realtà territoriali per produzione artigianale (al contrario, risulta di maggior interesse per la produzione industriale saponaria).

Modalità di Preparazione –
Il Ravizzone è una pianta che, oltre agli utilizzi sopra descritti, trova impiego in cucina. L’olio di ravizzone si presta alla preparazione di piatti che necessitano una buona tenuta (per la maggiore capacità legante ed emulsionante rispetto ad altri oli) e risulta anche molto conservabile rispetto a quelli altrettanto ricchi in acidi grassi polinsaturi; inoltre nonostante sia ricco in omega3, alcuni sostengono che l’olio di ravizzone si presti molto per la frittura, grazie alla sua consistenza grassa e vischiosa.

Guido Bissanti

Fonti
– Acta Plantarum – Flora delle Regioni italiane.
– Wikipedia, l’enciclopedia libera.
– Treben M., 2000. La Salute dalla Farmacia del Signore, Consigli ed esperienze con le erbe medicinali, Ennsthaler Editore
– Pignatti S., 1982. Flora d’Italia, Edagricole, Bologna.
– Conti F., Abbate G., Alessandrini A., Blasi C. (a cura di), 2005. An annotated checklist of the Italian vascular flora, Palombi Editore.

Attenzione: Le applicazioni farmaceutiche e gli usi alimurgici sono indicati a mero scopo informativo, non rappresentano in alcun modo prescrizione di tipo medico; si declina pertanto ogni responsabilità sul loro utilizzo a scopo curativo, estetico o alimentare.




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