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Come coltivare la cicuta

Come coltivare la cicuta

La cicuta maggiore (Conium maculatum L., 1753) è una specie erbacea appartenente alla famiglia delle Apiaceae, con ciclo biennale che si può trovare fino a 1800 metri di altitudine.

Questa pianta di antica origine europea, si trova diffusa in tutte le zone montane del Vecchio Continente, Africa settentrionale e orientale ed Asia. Inoltre si trova in tutti i continenti dall’America del nord a quella del sud, dall’Australia alla Nuova Zelanda. In questa scheda vedremo come coltivare la cicuta e gli accorgimenti agronomici più utili.
La coltivazione della cicuta comunque è piuttosto semplice, sapendo che è una pianta che ha bisogno di un terreno fresco e una clima mite, dove prevalgano le zone di ombra rispetto a quelle di sole diretto. Ricordiamo però che la coltivazione della cicuta non è molto diffusa, in quanto è una pianta tossica il cui campo di impiego è estremamente ridotto.
Le parti utilizzate sono le foglie e i frutti ed il metodo migliore per la raccolta della cicuta è quello di tagliare totalmente la pianta con una falciatrice, senza fare alcuna selezione. Solo successivamente, si possono separare i frutti e le foglie dal resto della pianta. Mentre i frutti vengono raccolti attraverso dei rulli vibratori che li fanno cadere all’interno delle griglie sottostanti, le foglie vengono tagliate dal fusto con delle lame o forbici. Ovviamente per coltivazioni ridotte il tutto va eseguito manualmente.

Si ricorda che foglie e frutti hanno tempi balsamici diversi per cui, un buon raccolto deve essere o solo di foglie o solo di frutti. Per questo motivo, visto che la pianta è biennale, il primo anno vengono lavorate solo le foglie e i frutti vengono raccolti, nel secondo anno, si lavorano entrambi e i frutti del primo anno vengono piantati per una nuova cultura.
La storia della cicuta, soprattutto da Socrate in poi, è famosa. Sia i medici greci e arabi erano avvezzi ad usarlo per la cura dei gonfiori e dei dolori delle articolazioni, così come per affezioni della pelle. Inoltre erano convinti che potesse avere effetto sulla scrofolosi.
Si ricorda che tutta la pianta è notevolmente velenosa e può condurre alla morte per la presenza di almeno cinque diversi alcaloidi: la coniina, la conidrina, la pseudoconidrina, la metilconicina e la coniceina. La coniina, una neurotossina, è l’alcaloide più attivo ed agisce a livello delle sinapsi neuromuscolari. La concentrazione dei principi attivi tossici varia in funzione della parte della pianta, in particolare: frutti verdi: 0,73 – 0,98 %, frutti maturi: 0,50 %, fiori: 0,09 – 0,24 %, foglie: 0,03 – 0,18 %, fusti: 0,01 – 0,08 %, radici: 0,05 %.
Si ritiene che la dose mortale per un essere umano sia di qualche grammo di frutti verdi. Nell’uomo l’ingestione della cicuta provoca problemi digestivi, cefalee ed in seguito parestesia, diminuzione della forza muscolare, e infine una paralisi ascendente.
Il Conium maculatum è una pianta è tossica sia per il bestiame che per l’uomo, e per questo motivo viene ignorata dagli erbivori. La dose letale per un cavallo è di circa 2 chilogrammi di foglie, mentre poco più di mezzo chilogrammo è sufficiente per una vacca. La dose letale per una pecora si aggira intorno ai 200 grammi. I volatili invece, ne sono in genere immuni. Il veleno agisce anche indirettamente, cioè porta ad avvelenamento anche in seguito ad ingestione di un animale che se ne era cibato in precedenza.
Invece l’unica applicazione terapeutica che si è ricavata dall’uso della cicuta in fitomedicina è quella analgesica. Infatti riesce a deprimere (addormentare) i nervi. Molto usati sono stati gli impiastri di frutti per combattere le nevralgie e anche i dolori causati dai tumori.
Data la velenosità e la tossicità di questa pianta, le preparazioni erboristiche sono vietate e gli eventuali farmaci in circolazione sono reperibili solamente in farmacia.




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