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Haematoxylon campechianum

Haematoxylon campechianum

Il campeccio o campeggio, conosciuto anche come legno azzurro, legno nero o legno tauro (Haematoxylum campechianum L., 1753) è una specie arborea appartenente alla famiglia delle Fabaceae.

Sistematica –
Dal punto di vista sistematico appartiene al Dominio Eukaryota, Regno Plantae, Divisione Magnoliophyta, Classe Magnoliopsida, Ordine Fabales, Famiglia Fabaceae, Sottofamiglia Caesalpinioideae e quindi al Genere Haematoxylum ed alla Specie H. campechianum.

Etimologia –
Il termine Haematoxylum proviene dal greco αἷμα haima, sangue e da ξυλον xylon legno: cioè dal legno rossastro.
L’epiteto specifico campechianum è in riferimento alla regione di Campeche, nella penisola di Yucatán (Messico).

Distribuzione Geografica ed Habitat –
Il campeccio è una pianta originaria dell’America Centrale e della costa settentrionale del Sudamerica e diffusa in particolare della regione di Campeche, nella penisola dello Yucatán, nel Messico, da cui trae il nome comune.
Il suo habitat è rappresentato dalle terre basse, sabbiose, soggette a periodiche inondazioni che occupano tutta la fascia costiera dello Yucatan.
Questa specie, diffusa nell’America centrale e nelle Antille è stata introdotta dall’uomo nelle isole Hawaii dove è oramai naturalizzata.

Descrizione –
Haematoxylum campechianum è una pianta sempreverde che si presenta sotto forma di un grande albero, alto fino a 15 m, ma anche in forma arbustiva.
Ha tronco e legname di colore rossastro, che con l’età diventa contorto e nodoso, e rami spinosi ed una lieve profumazione di violetta. Il tronco cresce in modo particolare; infatti come molti alberi tropicali, vicino alle radici sviluppa dei sostegni che avvolgono il tronco fino alla cima; gli esemplari più vecchi sembrano infatti molti tronchi cresciuti insieme.
Le foglie sono lunghe dai 2,5 ai 7,5 cm, formate da tre a 5 coppie di foglioline lunghe da 1 a 3 cm e larghe da 1 a 2,5 cm.
I fiori hanno 5 petali e una corolla di colore biancastro.
I frutti sono delle drupe larghe circa un cm.

Coltivazione –
Il campeccio è una pianta che è caratterizzata da una lunga storia per il suo accaparramento ed il suo sfruttamento e che comunque, in un primo momento era caratterizzato dall’utilizzo delle piante nel loro habitat naturale e che successivamente è stato coltivato soprattutto nell’America meridionale ed è tuttora coltivato in queste regioni così come nelle Indie occidentali, Brasile, India, Ghana e Madagascar dove è stato importato e si è facilmente adattato.
Per la sua coltivazione sono quindi necessarie condizioni climatiche e pedologiche molto simili a quelle del suo habitat originario. Comunque data la relativa facilità nel farlo crescere, la coltivazione del Campeccio è stata inserita in numerosi programmi di agricoltura sostenibile in varie zone dell’area caribica ancora afflitte da povertà: grazie a questa pianta ed alla sua continua richiesta sul mercato, molte famiglie a bassissimo reddito ora possono contare sugli introiti derivanti dalla intera filiera produttiva del colorante.

Usi e Tradizioni –
La specie era già nota agli Aztechi, che la chiamavano quamochitl e ne estraevano una tintura colorante.
La linfa del tronco di Haematoxylum campechianum è di colore rosso-marrone e se il tronco viene inciso, l’albero fa scorrere abbondante linfa per curare la ferita; una volta seccatasi questa linfa è assai simile a sangue rappreso: da qui il nome scientifico latino. I fiori sono ricchissimi di miele e costituiscono quindi una grande ricchezza alimentare nel suo ecosistema. Il colorante è presente nella polpa interna del tronco sotto forma di ematossilina che ossidandosi si trasforma in emateina e conferiva ai grossi ceppi scortecciati un colore violaceo scuro, quasi nero.
Questa pianta fu scoperta dagli Spagnoli, per primi, nella baia di Campeche. Ben presto inizio il taglio selvaggio per sfruttare le sue qualità.
Il campeccio arrivava in Europa tagliato in grossi pezzi scortecciati (da qui il nome inglese Logwood).
Per estrarre il colorante si inumidiva la raspatura del legno e si esponeva per qualche tempo all’aria per farla fermentare. Poi si faceva bollire con acqua e si preparava l’estratto per diffusione in modo analogo a quello seguito per l’estrazione dello zucchero. La soluzione neutra è rosso bruna, ma passa al viola intenso se è alcalina, al rosso cupo se è acida. Il cloruro stannoso dà lacca violacea, con i sali di ferro diventa nera tendente al blu (attraverso una gamma di grigi man mano che la concentrazione del bagno si esaurisce),con l’allume e carbonato sodico violetta, con i sali di rame azzurro-violacea.
Per queste caratteristiche la sua applicazione in tintura ebbe inizio in Spagna al principio del XVI secolo e in breve si estese agli altri paesi europei; a quel tempo però i metodi di mordenzatura non erano ancora perfezionati sicché l’azzurro ottenuto da questa pianta si rivelò assai instabile e l’Inghilterra, ad esempio, nel 1581 ne proibì l’uso e il divieto fu sollevato circa un secolo dopo.
Anche Genova ne proibì l’uso nella tintura delle sete; a Venezia l’uso di questa pianta per la tintura in nero fu concessa dopo molte pressioni e solo per le sete destinate all’esportazione nei paesi del Nord Europa.
Fu però nel ‘500 che questa pianta ebbe fortuna ed utilizzi crescenti, legati diffusione del colore nero nel corso di questo secolo, quando diviene colore della Riforma, come colore ufficiale della corte di Borgona prima e poi di quella di Spagna dove Carlo V lo adotterà come colore simbolo della virtù morale del sovrano; i controriformisti a loro volta adotteranno il nero come segnale della rinnovata morale cattolica; la ritrattistica del tardo ‘500 e del ‘600 confermano infatti il dominio del colore nero.
Si ha un momento di transizione nel ‘700 per poi ritornare nuovamente come “divisa” del cittadino borghese, moralmente integro e fedele alle istituzioni e al lavoro: così per quasi tutto il XIX secolo e buona parte del XX nero e grigio sono i colori per eccellenza dell’abito maschile.
È ovvio che il campeccio, di fronte a questo mare di nero ricoprì un ruolo importante.
I processi di messa a punto dei vari colori ottenibili furono lunghi e laboriosi. Il meglio del potenziale del Campeggio si scoprì verso il 1840 quando si cominciarono ad usare mordenti al cromo; inoltre venne perfezionato il metodo per ricavarne l’estratto; il suo impiego si estese notevolmente sia in Nord America che in Nord Europa. Da una accurata analisi condotta su sete inglesi prodotte dal 1880 al 1910, risulta che questa pianta fu impiegata per l’80% delle tinte nere.
Usato per la seta anche in combinazione con altri coloranti conferiva tonalità particolarmente apprezzate, note di colore, seppur sempre in linea con la sobrietà richiesta anche al colore dell’abito femminile: viola scuro, blu scuro, se misto a cocciniglia dava il color cioccolata e un marrone rossiccio molto alla moda nell’Inghilterra vittoriana; vari toni di verde si ottenevano con aggiunta di estratto di Grani di Avignone (bacche di Rhamnus Saxatilis) o di carminio d’indaco.
Il Campeccio è tra i pochi prodotti che hanno resistito davvero a lungo dopo l’ingresso dei colori artificiali; secondo le ricerche di Dominique Cardon, nel 1943 nel mondo si stavano ancora usando annualmente più di 70.000 tonnellate di legno di campeggio e si stima che nel1995 la media di estratto importato in Europa fosse di 600 tonnellate, il corrispondente grosso modo di 12.000 tonnellate di legno. Occorre ricordare che l’emateina è tuttora tra i più importanti liquidi di contrasto negli esami istologici.
Allo sfruttamento del campeggio sono legate una serie infinita di guerriglie e battaglie tra Spagnoli ed Inglesi; questi ultimi, quando le loro basi non riuscirono più a passare inosservate lungo la costa settentrionale dello Yucatan, dove gli Spagnoli avevano rafforzato la sorveglianza: si spostarono allora nel sudovest della penisola, nella zona costiera dell’attuale Belize, stabilendovi un consistente insediamento. La lunga lotta per l’occupazione e la difesa dei territori dello Yucatan sudorientale occupati dai tagliatori inglesi fu di fondamentale importanza per la storia dell’attuale stato del Belize, dapprima divenuto ufficialmente una colonia inglese sotto il nome di “Honduras britannico” e poi divenuto stato indipendente nel 1981: la bandiera nazionale è un omaggio ai tagliatori di campeccio e di mogano, i due alberi che hanno fatto la ricchezza del paese.

Modalità di Preparazione –
Il legno di Haematoxylum campechianum, oltre all’uso in ebanisteria, viene usato, come detto, come colorante: una volta triturato, si fa fermentare e se ne estrae, tramite bollitura, una sostanza scura. Con diverse lavorazioni, se ne ottengono tonalità che vanno dal rosso cupo, al nero e al blu, sia per tingere tessuti che per produrre lacche. Inoltre chi ha frequentato qualche laboratorio di biologia, da studente o anche dopo, si dovrebbe ricordare che uno dei coloranti più importanti nella preparazione dei vetrini istologici è quello chiamato ematossilina; quando diventa ematina combinandosi con alluminio e ossidandosi in modo permanente, è capace di colorare i nuclei delle cellule ed i relativi cromosomi.
Inoltre l’utilizzo della polvere del legno di campeggio per dare riflesso ai capelli, si è rivelato un vero e proprio unicum, nel senso che dà tonalità uniche e caratteristiche. In miscela con altre polveri d’erbe (Miscela Mallo di noce, Hennè Rosso, Hennè Nero) assume sui fondi castani delle note castano-ramate con notevole copertura anche in presenza di capelli bianchi.

Guido Bissanti

Fonti
– Acta Plantarum – Flora delle Regioni italiane.
– Wikipedia, l’enciclopedia libera.
– Treben M., 2000. La Salute dalla Farmacia del Signore, Consigli ed esperienze con le erbe medicinali, Ennsthaler Editore
– Pignatti S., 1982. Flora d’Italia, Edagricole, Bologna.
– Conti F., Abbate G., Alessandrini A., Blasi C. (a cura di), 2005. An annotated checklist of the Italian vascular flora, Palombi Editore.

Attenzione: Le applicazioni farmaceutiche e gli usi alimurgici sono indicati a mero scopo informativo, non rappresentano in alcun modo prescrizione di tipo medico; si declina pertanto ogni responsabilità sul loro utilizzo a scopo curativo, estetico o alimentare.




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