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Glossario Ecologico

Biodegradazione

Biodegradazione

Col termine di biodegradazione si intende il processo che consente la degradazione di un materiale di qualsiasi natura attraverso processi enzimatici. I processi enzimatici vengono messi in atto soprattutto da microorganismi quali, per es. batteri o funghi.
I materiali che possono essere pertanto degradati da forme più complesse fino agli elementi minerali si definisce biodegradabile.
Il fenomeno di biodegradazione di per se non equivale a sostenibilità ecologica del processo in quanto la biodegradazione di un materiale può condurre in alcuni casi alla produzione di sostanze o elementi che possono risultare pericolosi e nocivi per l’ambiente circostante.
La biodegradazione, per essere un processo ecosostenibile, deve condurre pertanto alla formazione di elementi e sostanze più semplici non nocive e pericolose per l’ecosistema.
Il caso più comune del processo di biodegradazione è quello viene condotto a partire da sostanze organiche che fungono da nutriente per i microorganismi. In particolare, la biodegradazione di ciascun composto chimico, quando è possibile, avviene per mezzo di un particolare microorganismo.
Una particolare branca della biochimica si interessa della modifica genetica di alcuni microrganismi in modo da biodegradare alcune sostanze particolari.
La biodegradazione è di fatto il processo inverso a quello di organicazione attuato dalla fotosintesi e dei successivi processi biosintetici che danno origine alla biomassa.
Così mentre la fotosintesi produce molecole organiche a partire da molecole inorganiche, la biodegradazione riduce le sostanze di partenza in costituenti più semplici fino alla fase finale di produzione di acqua, CO2 e minerali semplici (mineralizzazione).
Il fenomeno della biodegradazione rientra nel ciclo della vita dove al processo di sintesi di sostanza organica, tramite la fotosintesi, si alterna e si affianca quello di demolizione di queste molecole più complesse per renderle nuovamente disponibili ad un nuovo ciclo vitale.
Il processo di organicazione e di biodegradazione deve essere mantenuto in equilibrio ed in questo caso, tramite la catena alimentare, il flusso di sostanze e di energia passa dalle piante (produttori) agli erbivori (consumatori primari) e da questi ai carnivori (consumatori secondari).

Questo meccanismo si incepperebbe velocemente, però, se non esistesse la possibilità inversa, cioè quella che permette di liberare anidride carbonica a partire dalla materia organica morta, assicurando la circolazione di materia. Quindi il processo di biodegradazione ha, nell’equilibrio naturale, pari dignità al processo della fotosintesi di cui rappresenta l’esito e nello stesso tempo la partenza.
Il termine di biodegradazione, affiancato ad ogni singolo materiale conduce al concetto di materiali biodegradabili e materiali non biodegradabili.
I materiali biodegradabile sono quelli che possono essere demoliti da un microrganismo fino ai suoi elementi che lo costituiscono.
I materiali organici di origine naturale sono in genere facilmente più biodegradabili rispetto ai materiali di origine sintetica. In ogni caso siccome molti materiali possono essere biodegradati (come alcuni idrocarburi, policlorobifenili, prodotti farmaceutici, radioisotopi e alcuni metalli pesanti), il tempo e i costi per lo svolgimento di tale processo sono molto variabili.
I materiali non biodegradabili sono quelli per cui non è possibile una decomposizione biochimica e questi rimangono inalterati per un tempo relativamente lungo nella scala geologica ed ecologica. In genere tali materiali hanno un impatto ambientale negativo ovvero sono considerati inquinanti.
Tra le sostanze non biodegradabili più comuni annoveriamo le plastiche, che sono dei polimeri formate da carbonio idrogeno ed ossigeno che formano una molecola troppo complessa per essere decomposta in natura.




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